In molti modi si dice cambiamento ...
Data: Domenica, 17 novembre 2013 ore 07:30:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


Con i programmi nazionali gli insegnanti, che hanno sempre goduto di una certa libertà didattica, sapevano quello che dovevano fare e fin dove potevano arrivare; lavoravano in un contesto di certezze, costituito dalla "validità" riconosciuta universalmente dei contenuti e dei saperi che bisognava trasmettere e dal consenso sociale sulla funzione della scuola e del ruolo degli insegnanti. Tutto corrispondeva e si allineava ad una logica di sostegno dell'unitarietà della cultura e dell'educazione nazionale, ma anche ad una logica di controllo sociale, funzionale alle esigenze di consolidamento dello Stato e di rafforzamento della coesione nazionale.
Oggi al posto dei programmi ci sono le indicazioni nazionali, che pur ambendo a costituire un insieme di riferimenti comuni e vincolanti per tutti gli attori del sistema di istruzione e formazione, lasciano non solo agli insegnanti, ma soprattutto alle singole scuole, un ampio margine di libertà nella costruzione del curriculum. Le indicazioni sono speculari all'autonomia scolastica, come i programmi alla scuola centralizzata.
La libertà conquistata dalle scuole con l'autonomia senza il necessario corredo di strumenti di armonizzazione, di vigilanza ,di valutazione, di standard di formazione rischia di causare la deflagrazione del sistema scolastico come istituzione pubblica preposta alla conservazione dell'identità nazionale, attraverso la trasmissione dei valori e dei saperi ritenuti indispensabili per garantire la partecipazione alla vita pubblica e al lavoro.
E' necessario  che ci sia una valutazione  del lavoro delle singole realtà scolastiche  e che questa non possa essere solo quella interna, esercitata con strumenti spesso inadeguati, anche perché se tutti sembrano detestare la valutazione esterna ,nessuno si fida di quella interna. Né per il buon funzionamento delle scuole si possono prendere in seria considerazione che gli attestati di affidabilità  siano desunti dalle  scelte delle famiglie o dal  gradimento degli utenti. Lo Stato deve riservarsi le scelte strategiche nel governo del sistema di istruzione e formazione, definire finalità, standard, valutare globalmente il sistema e soprattutto, a garanzia dell'unitarietà del sistema, assicurare che  i docenti siano assunti con procedure concorsuali valide per tutta la nazione .
Nel regime dell' autonomia  scolastica il buon funzionamento del sistema di istruzione dipende dal buon funzionamento di ogni singola unità scolastica e questo  non dipende soltanto dagli strumenti organizzativi messi in atto e dall'efficacia della gestione amministrativa. Dipende anche dalla capacità  di  rispondere  ad  un'esigenza  di cultura pedagogica e di cultura sociologica del curriculum ,che deve essere  fatta propria e affrontata da ogni scuola e da ogni singolo docente per sapere adeguatamente interpretare le questioni emergenti in  ogni fase e in ogni innovazione dell'attività di formazione.
Le soluzioni che a questo problema bisogna dare devono innestarsi nella  consapevolezza dei legami che ogni momento della vita della scuola ha con il territorio in cui è inserita e con la società nel suo insieme. Sono questioni di cui si deve essere edotti e quanto prima;  queste preoccupazioni, che una volta erano naturali  alle competenze e alle responsabilità dell'autorità centrale, ora devono essere assunte da ogni singola scuola e da tutti gli insegnanti. Senza un'idea dei bisogni della società e del suo futuro non si può guidare li sistema scolastico, ma anche ogni  singola scuola in regime di autonomia.
I problemi di gestione e di organizzazione del sistema formativo hanno un proprio profilo di soluzione che non bisogna sottovalutare nel confronto con le emergenze educative delle nuove generazioni,perchè è dentro lo spazio configurato dalla struttura e dalla gestione del curriculum che trovano possibilità e ragioni di sviluppo la questioni educative. E anche tutto questo non è sufficiente .
 Bisogna sapere interpretare l'attuale stato di disagio e di disorientamento del sistema scuola per potere efficacemente operare con cognizione di causa.E' lungo il tempo dell'abbandono e dell'incuria,che ha dovuto subire, per potersi illudere di dare subito una svolta alla vita della scuola.Allo stato attuale la scuola sembra un sistema impazzito,ai limiti dell'asfissia, dove ognuno cerca di non avere danni e dove si tende a  stabilizzare lo statu quo per paura di perdere quello che si è riuscito a conquistare; la scuola sembra un sistema dove si assiste spesso impotenti allo scoraggiamento degli insegnanti e a forme di cinismo professionale, che conducono prima o poi  ad una marginalizzazione delle preoccupazioni educative .
Di fronte ad una realtà del genere non ha alcun senso  la sceneggiata continua di frivole e appariscenti attività "complementari" con cui si pensa di reinventare la scuola, anche se sono quasi sempre accompagnate dall'entusiasmo  di genitori assenti sul piano educativo, ma assillanti sul piano dei risultati ,delle valutazioni e della" vitalità "mondana della scuola.
Una mobilitazione collettiva per la rinascita della scuola in uno dei momenti più scoraggianti della nostra storia  è auspicabile, ma forse  è impossibile.. Questo non esclude, però, che dall'interno stesso del mondo scolastico si operi con tenacia e speranza per  un cambio di passo e di sguardo nell'affrontare il proprio lavoro e nei rapporti con l'istituzione scuola e con la società e che si cerchi di salvare il salvabile e la propria dignità professionale.
"Di fronte alla sovraeccitazione pulsionale dominante, la fuga in avanti nell'immediatezza, la rinuncia alla fatica del pensiero per rifugiarsi nel godimento narcisistico individuale solo un'educazione fondata deliberatamente sulla cultura (e non solo  su competenze tecniche) sarà all'altezza della situazione"(PH.Meirieu). Per questo compito nella scuola  esistono immense e inesauribili risorse di attitudini professionali e di passione  educativa dei docenti, che bisogna saper mobilitare e  valorizzare.
Per fare  cultura, saperi e conoscenze devono esssere riconsiderati e proposti nel contesto dei problemi e delle situazioni che hanno dato loro origine  e nel momento della loro emergenza  perche in questo modo si può comprendere il mondo e  agire su di esso.
Il problema più serio è diventato, però, quello dell'accettazione della scuola e del suo mondo presso le nuove generazioni. E' un problema di compatibilità psicologica; di alterità radicale tra informazione diffusa e invasiva  e formazione selettiva, tra  casualità e disciplina, tra libertà e ordine, tra immediatezza e riflessività, tra mobilità e stabilità.
Da una parte stanno fragilità caratteriale, dispersione cognitiva, solitudine, distrazioni, diffuso utilitarismo, cultura della soddisfazione immediata e un diffuso e volgare edonismo e, dall'altra, stabilità dell'impegno fiducia nel futuro, sacrificio, rinuncia a vantaggi immediati per un  guadagno ipotetico. La scuola ha troppi vincoli di tempo e di spazio per potere scegliere le soluzioni che riescano a mediare tra queste contraddizioni e finisce per essere sradicata dai tempi e dagli spazi della vita quotidiana che in famiglia e nel proprio ambiente di riferimento vivono i giovani.
E' difficile uscire da questo vortice di tensioni  senza un forte sentimento morale e senza una forte autostima professionale da parte dei docenti per avventurarsi  ,poi, in un compito che richiede oggi più che mai  l'educazione dell'attenzione ,della volontà , del carattere dei giovani,prima che l'apprendimento di particolari saperi e conoscenze.
La difficoltà del cambiamento in questa particolare fase consiste nel fatto che a fronte di continue ed esclusive sollecitazioni di efficienza gestionale e di modernizzazione tecnologica dell'ambiente di apprendimento (ma senza adeguati sostegni finanziari ) spesso  manca  la capacità di tenere insieme la vocazione civica e culturale del sistema di istruzione e l'adeguamento alle esigenze della società in continua trasformazione. La scuola come  servizio alla persona e servizio alla società non riesce a far sintesi di queste sue necessarie funzioni.
Alla formazione vengono assegnati sempre nuovi obiettivi e questi non possono essere piegati alla logica di sottomissione ai fabbisogni di competenze del mondo del lavoro, anche perché nel sistema di istruzione e formazione la  molteplicità e  la diversità delle presenze umane, che hanno modificato l'ambiente dal punto di vista sociologico, culturale, religioso,  etnico, richiedono una costante manutenzione dei principi, delle regole e dei saperi che devono garantire pluralità e dialogo, libertà individuale e coesione sociale, come esito possibile dell'educazione di questa nuova umanità.
La scuola oggi non lavora su “tabulae rasae”, ma su coscienze in cui  vengono scritte prima e durante il processo di formazione molte parole che bisogna sapere intendere.  La scuola del terzo millennio non è più la scuola che illuministicamente estirpa errori, tradizioni e oscurantismo  per la costruzione di coscienze leali verso l'ordinamento statuale; la scuola del terzo millennio è la scuola che elimina posizioni gerarchiche  nelle relazioni educative,che si mette in ascolto,che fa della responsabilità e della condivisione i propri principi costitutivi. E' una scuola che si mette in discussione e che anche in questo trova il proprio orientamento, non si perde, o meglio, non rischierebbe di perdersi se ci fosse il consenso, l'appoggio e il sostegno dei genitori e della società.

Prof. Raimondo Giunta





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