Con i
programmi nazionali gli insegnanti, che hanno sempre goduto di una
certa libertà didattica, sapevano quello che dovevano fare e fin dove
potevano arrivare; lavoravano in un contesto di certezze, costituito
dalla "validità" riconosciuta universalmente dei contenuti e dei saperi
che bisognava trasmettere e dal consenso sociale sulla funzione della
scuola e del ruolo degli insegnanti. Tutto corrispondeva e si allineava
ad una logica di sostegno dell'unitarietà della cultura e
dell'educazione nazionale, ma anche ad una logica di controllo sociale,
funzionale alle esigenze di consolidamento dello Stato e di
rafforzamento della coesione nazionale.
Oggi al posto dei programmi ci sono le indicazioni nazionali, che pur
ambendo a costituire un insieme di riferimenti comuni e vincolanti per
tutti gli attori del sistema di istruzione e formazione, lasciano non
solo agli insegnanti, ma soprattutto alle singole scuole, un ampio
margine di libertà nella costruzione del curriculum. Le indicazioni
sono speculari all'autonomia scolastica, come i programmi alla scuola
centralizzata.
La libertà conquistata dalle scuole con l'autonomia senza il necessario
corredo di strumenti di armonizzazione, di vigilanza ,di valutazione,
di standard di formazione rischia di causare la deflagrazione del
sistema scolastico come istituzione pubblica preposta alla
conservazione dell'identità nazionale, attraverso la trasmissione dei
valori e dei saperi ritenuti indispensabili per garantire la
partecipazione alla vita pubblica e al lavoro.
E' necessario che ci sia una valutazione del lavoro delle
singole realtà scolastiche e che questa non possa essere solo
quella interna, esercitata con strumenti spesso inadeguati, anche
perché se tutti sembrano detestare la valutazione esterna ,nessuno si
fida di quella interna. Né per il buon funzionamento delle scuole si
possono prendere in seria considerazione che gli attestati di
affidabilità siano desunti dalle scelte delle famiglie o
dal gradimento degli utenti. Lo Stato deve riservarsi le scelte
strategiche nel governo del sistema di istruzione e formazione,
definire finalità, standard, valutare globalmente il sistema e
soprattutto, a garanzia dell'unitarietà del sistema, assicurare
che i docenti siano assunti con procedure concorsuali valide per
tutta la nazione .
Nel regime dell' autonomia scolastica il buon funzionamento del
sistema di istruzione dipende dal buon funzionamento di ogni singola
unità scolastica e questo non dipende soltanto dagli strumenti
organizzativi messi in atto e dall'efficacia della gestione
amministrativa. Dipende anche dalla capacità di
rispondere ad un'esigenza di cultura pedagogica e di
cultura sociologica del curriculum ,che deve essere fatta propria
e affrontata da ogni scuola e da ogni singolo docente per sapere
adeguatamente interpretare le questioni emergenti in ogni fase e
in ogni innovazione dell'attività di formazione.
Le soluzioni che a questo problema bisogna dare devono innestarsi
nella consapevolezza dei legami che ogni momento della vita della
scuola ha con il territorio in cui è inserita e con la società nel suo
insieme. Sono questioni di cui si deve essere edotti e quanto
prima; queste preoccupazioni, che una volta erano naturali
alle competenze e alle responsabilità dell'autorità centrale, ora
devono essere assunte da ogni singola scuola e da tutti gli insegnanti.
Senza un'idea dei bisogni della società e del suo futuro non si può
guidare li sistema scolastico, ma anche ogni singola scuola in
regime di autonomia.
I problemi di gestione e di organizzazione del sistema formativo hanno
un proprio profilo di soluzione che non bisogna sottovalutare nel
confronto con le emergenze educative delle nuove generazioni,perchè è
dentro lo spazio configurato dalla struttura e dalla gestione del
curriculum che trovano possibilità e ragioni di sviluppo la questioni
educative. E anche tutto questo non è sufficiente .
Bisogna sapere interpretare l'attuale stato di disagio e di
disorientamento del sistema scuola per potere efficacemente operare con
cognizione di causa.E' lungo il tempo dell'abbandono e dell'incuria,che
ha dovuto subire, per potersi illudere di dare subito una svolta alla
vita della scuola.Allo stato attuale la scuola sembra un sistema
impazzito,ai limiti dell'asfissia, dove ognuno cerca di non avere danni
e dove si tende a stabilizzare lo statu quo per paura di perdere
quello che si è riuscito a conquistare; la scuola sembra un sistema
dove si assiste spesso impotenti allo scoraggiamento degli insegnanti e
a forme di cinismo professionale, che conducono prima o poi ad
una marginalizzazione delle preoccupazioni educative .
Di fronte ad una realtà del genere non ha alcun senso la
sceneggiata continua di frivole e appariscenti attività "complementari"
con cui si pensa di reinventare la scuola, anche se sono quasi sempre
accompagnate dall'entusiasmo di genitori assenti sul piano
educativo, ma assillanti sul piano dei risultati ,delle valutazioni e
della" vitalità "mondana della scuola.
Una mobilitazione collettiva per la rinascita della scuola in uno dei
momenti più scoraggianti della nostra storia è auspicabile, ma
forse è impossibile.. Questo non esclude, però, che dall'interno
stesso del mondo scolastico si operi con tenacia e speranza per
un cambio di passo e di sguardo nell'affrontare il proprio lavoro e nei
rapporti con l'istituzione scuola e con la società e che si cerchi di
salvare il salvabile e la propria dignità professionale.
"Di fronte alla sovraeccitazione pulsionale dominante, la fuga in
avanti nell'immediatezza, la rinuncia alla fatica del pensiero per
rifugiarsi nel godimento narcisistico individuale solo un'educazione
fondata deliberatamente sulla cultura (e non solo su competenze
tecniche) sarà all'altezza della situazione"(PH.Meirieu). Per questo
compito nella scuola esistono immense e inesauribili risorse di
attitudini professionali e di passione educativa dei docenti, che
bisogna saper mobilitare e valorizzare.
Per fare cultura, saperi e conoscenze devono esssere
riconsiderati e proposti nel contesto dei problemi e delle situazioni
che hanno dato loro origine e nel momento della loro
emergenza perche in questo modo si può comprendere il mondo
e agire su di esso.
Il problema più serio è diventato, però, quello dell'accettazione della
scuola e del suo mondo presso le nuove generazioni. E' un problema di
compatibilità psicologica; di alterità radicale tra informazione
diffusa e invasiva e formazione selettiva, tra casualità e
disciplina, tra libertà e ordine, tra immediatezza e riflessività, tra
mobilità e stabilità.
Da una parte stanno fragilità caratteriale, dispersione cognitiva,
solitudine, distrazioni, diffuso utilitarismo, cultura della
soddisfazione immediata e un diffuso e volgare edonismo e, dall'altra,
stabilità dell'impegno fiducia nel futuro, sacrificio, rinuncia a
vantaggi immediati per un guadagno ipotetico. La scuola ha troppi
vincoli di tempo e di spazio per potere scegliere le soluzioni che
riescano a mediare tra queste contraddizioni e finisce per essere
sradicata dai tempi e dagli spazi della vita quotidiana che in famiglia
e nel proprio ambiente di riferimento vivono i giovani.
E' difficile uscire da questo vortice di tensioni senza un forte
sentimento morale e senza una forte autostima professionale da parte
dei docenti per avventurarsi ,poi, in un compito che richiede
oggi più che mai l'educazione dell'attenzione ,della volontà ,
del carattere dei giovani,prima che l'apprendimento di particolari
saperi e conoscenze.
La difficoltà del cambiamento in questa particolare fase consiste nel
fatto che a fronte di continue ed esclusive sollecitazioni di
efficienza gestionale e di modernizzazione tecnologica dell'ambiente di
apprendimento (ma senza adeguati sostegni finanziari ) spesso
manca la capacità di tenere insieme la vocazione civica e
culturale del sistema di istruzione e l'adeguamento alle esigenze della
società in continua trasformazione. La scuola come servizio alla
persona e servizio alla società non riesce a far sintesi di queste sue
necessarie funzioni.
Alla formazione vengono assegnati sempre nuovi obiettivi e questi non
possono essere piegati alla logica di sottomissione ai fabbisogni di
competenze del mondo del lavoro, anche perché nel sistema di istruzione
e formazione la molteplicità e la diversità delle presenze
umane, che hanno modificato l'ambiente dal punto di vista sociologico,
culturale, religioso, etnico, richiedono una costante
manutenzione dei principi, delle regole e dei saperi che devono
garantire pluralità e dialogo, libertà individuale e coesione sociale,
come esito possibile dell'educazione di questa nuova umanità.
La scuola oggi non lavora su “tabulae rasae”, ma su coscienze in
cui vengono scritte prima e durante il processo di formazione
molte parole che bisogna sapere intendere. La scuola del terzo
millennio non è più la scuola che illuministicamente estirpa errori,
tradizioni e oscurantismo per la costruzione di coscienze leali
verso l'ordinamento statuale; la scuola del terzo millennio è la scuola
che elimina posizioni gerarchiche nelle relazioni educative,che
si mette in ascolto,che fa della responsabilità e della condivisione i
propri principi costitutivi. E' una scuola che si mette in discussione
e che anche in questo trova il proprio orientamento, non si perde, o
meglio, non rischierebbe di perdersi se ci fosse il consenso,
l'appoggio e il sostegno dei genitori e della società.
Prof. Raimondo Giunta