Storia d’emigrazione e di morte
Data: Sabato, 05 ottobre 2013 ore 08:00:00 CEST
Argomento: Redazione


Questa è la storia di uno di noi, di un uomo nato in un piccolo paese della Sicilia, di un giovane di 29 anni che aveva tante idee e tanti sogni, tutti infranti da una morte assurda e crudele, nel lontano marzo del 1961. Un terribile incidente mortale avvenuto in terra forestiera, in Germania, dove il giovane era emigrato in cerca di lavoro e di fortuna, per poter sostenere la sua famiglia, una giovane moglie e due bambini, che aveva lasciato a Mirabella Imbaccari, in provincia di Catania.
Ed è la storia di uno dei tanti siciliani, che in quei lontani anni ’60, è dovuto emigrare in terra straniera, dove non conosceva nessuno, per lavorare e buscarsi il pane, ‘uscàrisi ‘u pani.
Ed a quei tempi, emigrare significava partire con una vecchia valigia, legata con lo spago, piena di masserizie, di ricordi… e di tanta speranza!
E Carmelo Chiarello, detto Carmine, partì di notte, affrontando un lungo e faticoso viaggio in treno, lasciando il paesino, la campagna, la moglie e i due figli.
Carmine era nato a Mirabella Imbaccari, il 27 marzo 1932, e proveniva da una famiglia numerosa, composta da nove figli, (quattro maschi e cinque femmine), e arrivato in Germania, dopo pochi mesi, trovò lavoro presso un’impresa edile.
Il 27 Marzo del 1961 (giorno del suo compleanno!), il giovane Carmine, durante la pausa pranzo, mentre ancora si trovava sul luogo del lavoro, all’improvviso, venne travolto dall’impalcatura che franando si riversò su di lui.
Gli altri operai che si trovavano già fuori, accorgendosi che Carmine non era in mezzo a loro, si diedero da fare per cercarlo, ma, ahimè, ebbero la triste sorpresa di trovare il ponteggio, dove stava lavorando, completamente crollato e, poco dopo, recuperarono il suo giovane corpo orrendamente maciullato.
Carmine, quell’infausto giorno, affidò, per sempre, i sogni e le speranze della sua giovane età a quella terra straniera e matrigna…
Questa è la triste avventura di un figlio della Sicilia, morto tragicamente sul luogo di lavoro. In seguito, a spese della ditta, Carmine venne riportato, per l’ultimo saluto, nel suo paese natio, dove riposa per sempre.
Questa è la storia di una delle tante (troppe), "morti bianche", dimenticate, molto presto, come sempre accade, dalla società e dalle istituzioni, dall’indifferenza e dall’oblio. Ma io sento, fortemente, il dovere di porre all’attenzione di tutti il sacrificio dei caduti sui luoghi di lavoro, affinché il problema della sicurezza diventi una priorità assoluta per lo Stato e per i politici, impegnati solamente a parlare e a dare "voti di fiducia". Il lavoro è, soprattutto, dignità, e non luogo di tragici incidenti e di morti “bianche”, che di bianco non hanno niente, anzi, sono di un nero che più nero non si può!
I sogni infranti di Carmine Chiarello e degli altri, sono ferite profonde che rimangono dentro di noi, per sempre. Ricorderemo Carmine, come ricorderemo i tanti giovani, donne e bambini, morti, proprio in questi giorni, nel mare di Lampedusa, in cerca di pane, di speranza e di sogni, avvolti adesso in gelidi sacchi verdi… 

Giuseppe Scaravilli
giuseppescaravilli@tiscali.it





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