A che punto è la rivoluzione digitale nelle scuole
Data: Venerdì, 13 settembre 2013 ore 07:00:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


La rivoluzione digitale della scuola italiana ha le armi spuntate: connettere a Internet tutte le 328mila classi italiane (dalle primarie fino alle superiori) entro l'anno accademico appena iniziato è una missione impossibile. Il decreto-legge 95 del 6 luglio 2012 lo diceva senza mezzi termini: iscrizioni online, registro elettronico e pagelle digitali dovevano essere operative in tutta Italia già un anno fa. Negli ultimi 12 mesi le cose non sono migliorate e sembra che sulle cattedre ci saranno solo penne e fogli di carta.

Trasformare in blocco tutta la scuola italiana non è facile, soprattutto perché nel testo del decreto-legge appare la famosa formula “ senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Ma risparmiare su fotocopie e libri cartacei non ti permette di mettere un computer in tutte le classi, o di dare un tablet in mano a tutti gli studenti. Senza contare che il Miur non ha definito una linea guida precisa per pagelle e registri online: non esiste un software unico e ogni scuola deve cavarsela da sola.

Una bella sfida per gli istituti scolastici italiani che, secondo il rapporto Ocse, hanno a che fare con una strategia centrale limitata dalle carenze di budget. Esistono casi virtuosi già avanti nelle sperimentazioni digitali – come l' Istituto comprensivo di Castellucchio, la prima scuola a carta zero in Italia – ma i grandi numeri dicono esattamente il contrario: l'Italia non è ancora pronta per collegare la spina della scuola digitale. Ecco perché.

Manca uno standard comune
Secondo una indagine promossa da Kion (Cineca) condotta su 200 presidi, il 45% degli intervistati ha dichiarato di non aver ancora tra le mani alcuna soluzione per il registro digitale. Di questi, il 72% cercherà un software sul mercato, mentre il 20% non ha le idee chiare. C'è poi un l'8% convinto di poter rinviare la decisione nel tempo grazie a una proroga di legge. Insomma, ognuno dei quasi 28mila istutiti statali – dalle primarie in su – dovrebbe adeguarsi con le proprie forze.

Visti i numeri in gioco, monitorare la digitalizzazione caso per caso è praticamente impossibile. Per fortuna molte delle iniziative condotte a livello locale sono supportate dalle regioni che, con il contributo del Miur, stanno elargendo fondi per progetti legati alla scuola digitale. Tuttavia, gran parte dei fondi – come nel caso di Toscana e Emilia-Romagna – sono diretti ai programmi Scuol@ 2.0 e Cl@sse 2.0 per l'implementazione delle lavagne interattive (Lim) e altre tecnologie di rete.

Ma alle scuole servono anche i computer
Nonostante lo stanziamento di fondi, i programmi del Miur sono diretti soprattutto alle scuole già dotate di attrezzature e connessione soddisacenti. C'è il rischio, cioè, che gli istituti più arretrati siano penalizzati nella transizione dalla carta al digitale. Succede anche a Roma presso il liceo Mamiani, che ha chiesto ai genitori degli alunni di donare computer, monitor, portatili, stampanti e scanner. La buona volontà c'è, ma da sola non basta.

Il rinnovo delle dotazioni informatiche nelle scuole è un altro tasto dolente: comprare computer e software nuovi di zecca svuoterebbe le casse degli istituti nel giro di pochi mesi. La soluzione? Per esempio optare per software open source – il cui aggiornamento da parte di tecnici esterni non è comunque gratis – e per il riuso di macchine usate. Le spese sarebbero più contenute e a trarne vantaggio sarebbe l'intero territorio, come è successo nel caso del progetto anch'io Pc che coinvolgeva una rete locale di aziende e comuni per la rigenerazione di personal computer.

La vera sfida resta comunque un'altra: insegnare proprio agli insegnati (e passi il gioco di parole) come ci si muove tra strumenti online e linguaggi di programmazione. Esistono community che lavorano in questa direzione – vedi Porte aperte sul Web – ma il loro sforzo non è ancora in grado di raggiungere tutti i 700mila docenti della scuola pubblica italiana.

Gli ebook slittano al 2015
Altra nota dolente: l'adozione dei testi digitali è stata rimandata di almeno altri due anni scolastici. Portare i libri di scuola su tablet o ereader resta un sogno lontano: nell'era digitale 24 mesi di attesa sono una enormità e il rischio è quello di adottare una soluzione già troppo vecchia per il resto degli standard mondiali. Lo ha detto a Wired anche Ernesto Belisario ( @diritto2punto0), avvocato esperto di e-gov e nuove tecnologie: “Il rinvio degli ebook al 2015 è una follia e il 'non siamo pronti ' del ministro Carrozza è un segnale pessimo. Non sappiamo neppure quali saranno le tecnologie disponibili tra due anni: se l'innnvoazione non è veloce tutto diventa inutile. Serve un piano effettivo di switch off delle vecchie tecnologie che abbia una scadenza precisa. In parole chiare: non si torna più indietro. Purtroppo l'Italia ha il difetto di essere il paese dell'eterna sperimentazione. Però nel nostro paese gli esempi virtuosi esistono. Questo lo sappiamo. È arrivato il momento che i progetti pilota diventino esempi da seguire e applicare su vasta scala”.

Gli ultimi interventi del governo
Il Consiglio dei ministri del 9 settembre ha approvato il decreto L’istruzione riparte, che prevede lo stanziamento di fondi a favore della scuola e dell' istruzione universitaria. In particolare, ci sono 15 milioni di euro per incrementare la connettività wireless nelle scuole secondarie (con priorità a quelle di secondo grado); 8 milioni (2,7 per il 2013 e 5,3 per il 2014) per finanziare l'acquisto da parte di scuole secondarie di libri di testo – da ora facoltativi e sostituibili con altro materiale – e ebook da dare in comodato d'uso agli alunni bisognosi; 10 milioni per il 2014 per la formazione del personale scolastico anche sul piano delle competenze digitali.

Lorenzo Mannella - Daily.wired.it





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