L’Istituto San Benedetto di Catania, la mia prima scuola
Data: Venerdì, 07 giugno 2013 ore 09:15:00 CEST
Argomento: Opinioni


Alla fine del 1800 quasi tutti i monasteri e conventi della città di Catania erano stati soppressi. Con uno stratagemma, il Monastero di San Benedetto, che sorge in via Crociferi, centro del salotto barocco della città, era riuscito ad andare avanti. Il Cardinale Francica Nava, nel 1910, riesce a farlo rifiorire, facendo venire da Ghiffa, attualmente in provincia di Verbania, due monache benedettine dell’Adorazione Perpetua. In risposta all’anticlericalismo della Catania del primo Novecento, egli desiderava che le monache, pur rispettando la clausura vescovile e avendo sempre al centro del loro carisma, l’Adorazione Perpetua del Santissimo Sacramento, si dedicassero anche alla formazione e all’istruzione delle ragazze, gestendo un educandato e una scuola. Nasce così nel 1915 l’Istituto San Benedetto, che per quasi un secolo ha formato a Catania generazioni di alunne, e dal 1987 anche di alunni, dall’età prescolare fino al Liceo, chiuso nel 1997.
E proprio in quell’anno scolastico la mia storia si unisce a quella dell’istituto.
Laureata da sei mesi, entro in classe per la prima volta a novembre con un’emozione indescrivibile, dopo un breve colloquio con la Preside e la segretaria con le quali cerco di mostrarmi serena.
Da quel momento diventa la mia seconda casa, non è facile spiegare perché, e solo chi, come me, lo ha vissuto, può capirlo.
Non dico che non sia una scuola come le altre, anche i nostri alunni sono ragazzi come gli altri, urlano, corrono nei corridoi, non sempre hanno voglia di studiare, ma sanno che loro sono sempre considerate persone. Sanno che la porta della presidenza è sempre aperta per ascoltarli e mai per punirli, sanno che i loro prof li rimproverano, pretendono tanto da loro, ma cercano sempre di capire cosa c’è dietro uno sguardo che, a volte, chiede aiuto.
Centinaia di volti continuano ad inseguirsi nella mia mente, alcuni di loro sono rimasti in contatto, vengono a trovarmi, altri sono solo un ricordo lontano legato ad una foto di gruppo o a delle immagini viste sui social network.

Cosa è rimasto nella loro memoria della loro vecchia scuola?
Le aule con i pavimenti dell’Ottocento, il cortile con la vasca dei pesci, dove la regola del non correre è sempre stata impossibile da rispettare e dove ora regnerà il silenzio?
La biblioteca con tutti quei libri che adesso riposeranno in pace?
L’aula insegnanti con quella porta invalicabile o la presidenza con quel falco che vigila dall’alto dell’armadio e che ormai non si sa più da dove sia arrivato?
Il laboratorio scientifico con gli strumenti moderni che fanno compagnia a quelli dell’inizio del Novecento o il laboratorio di informatica dove si passavano dei pomeriggi dopo aver mangiato in fretta un panino per poter andare a giocare in cortile?

Ma perché scrivo al passato?
Perché da settembre quel portone di fronte la chiesa di San Benedetto, molte volte ritinteggiato in fretta, per ovviare alla fantasia dei writer notturni, rimarrà chiuso. La crisi economica ha colpito anche qui. Le iscrizioni sono poche, non tutte le famiglie sono in regola con il pagamento della retta e il ricavato non basta a coprire le spese.
Qualcuno dirà che è giusto così, che altre cose sono importanti; ma perché mettere l’istruzione in secondo piano?
Altri ribatteranno che gli aiuti devono andare solo alla scuola statale, ma avete mai provato a conteggiare i soldi che lo Stato risparmia per ogni ragazzo che frequenta una scuola paritaria?
In un momento in cui la crisi dei valori investe ogni campo del nostro vivere quotidiano, non si può non guardare con una certa ammirazione stupita ad una scuola che si occupa incessantemente della formazione dell’individuo e del suo arricchimento non solo culturale, ma anche sociale.
Chi si è trovato a fare una passeggiata per la via Crociferi in una mattinata qualunque, durante i mesi scolastici si sarà sicuramente fermato ad ammirare la maestosa struttura architettonica dell’Istituto, ma le orecchie saranno state attratte dalle vocine festose dei piccolini della scuola dell’infanzia, le cui aule si affacciano proprio sulla via suddetta; scendendo lungo la via San Francesco, avrà sentito le voci materne delle maestre della scuola primaria e gli sarà sembrato quasi di vedere le espressioni dei bambini che imparavano aprendo nuovi orizzonti alle loro conoscenze; mentre  i discorsi curiosi dei ragazzi della scuola secondaria di primo grado e dei professori che dialogano con loro avranno fatto allargare la bocca ad un sorriso. Avrà respirato un’aria familiare dimenticando quasi di essere nel pieno caos del centro storico catanese!

Qualcuno in questi cinque anni, da quando sono stata assunta a tempo indeterminato nella scuola statale, mi ha guardato con occhi stupiti, quando chiacchierando gli ho raccontato di avere scelto il part-time per potere continuare ad insegnare al San Benedetto, ma è lì che ho imparato ad essere insegnante, è lì che mi hanno insegnato ad amare i miei alunni prima ancora che a valutarli e spero di non dimenticarlo mai.

Un’insegnante “storica” del San Benedetto





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