Attualità perenne dei classici: se i giovani leggessero i classici a scuola!
Data: Lunedì, 22 aprile 2013 ore 07:45:00 CEST
Argomento: Redazione


Maggio - Giugno 2013 -  XLVIII Ciclo di rappresentazioni classiche al teatro di  Siracusa. "Antigone" di Sofocle.
 --  Antigone: “ Non sono nata per condividere l’odio, ma l’amore” (Secondo episodio, v.524).
L’amore e la pietà sono sentimenti inscritti nel cuore di ognuno; e al cuore –si sa - non si comanda! E’ su questa  ferma convinzione che riposa la visione del mondo di Antigone. Nelle gerarchie delle leggi  per la infelice figlia di Edipo codesti sentimenti  occupano il primo posto. Non dello stesso avviso è Creonte, suo zio. Egli è fermamente persuaso che chi detiene il potere ha l’obbligo morale di fare rispettare e applicare rigorosamente le leggi della giustizia umana, create  a  garanzia dell’ordine e della sicurezza della comunità civile, senza alcun cedimento al cuore né alle ragioni delle leggi della pietà fissate per ordine divino. Questo il nodo centrale, la contrapposizione  strutturale, etico-politico-religiosa, entro cui si muove la tragedia immortale di Sofocle:  da una parte, Antigone, donna che  innalza a canone unico della vita l’amore, e la pietà per i vinti, e il rispetto della dignità della persona, sia essa pure nostro nemico; e a difesa di  questi valori è anche pronta al martirio. Dall’altra, Creonte, re dei tebani, che  incarna la ragione politica obbediente solo alla logica fredda e feroce del potere, sprezzante delle tradizioni e della religione.
Creonte ha dato ordini perentori ai suoi cittadini di lasciare ”illacrimato e insepolto“  il cadavere del traditore della patria Polinice, sventurato fratello di Antigone, morto combattendo a fianco degli Argivi contro Tebe. Antigone trasgredisce tali ordini; il suo cuore e la sua pietà congiunta, e la sua sensibilità di donna, si ribellano a fronte di tanta crudeltà disumana e sacrilega rivendicando per il fratello i dovuti onori di tomba e di compianto. A questo punto il conflitto è inconciliabile; l’itinerario della tragedia è irrimediabilmente  segnato, e porta alla rovina di tutti, considerato che in questa prospettiva tragica pura l’azione più giusta, o ritenuta tale, diventa una scommessa sull’ignoto che,- come scrive Dario Del Corno-  “ si traveste nella metafora della divinità”, nella  cui imperscrutabilità, in definitiva, consiste” la vera tensione tragica del dramma”. Sono gli dei ” gli arbitri ultimi dell’umano agire”.
Quale significato cogliere, quindi, nella finale solitudine straziante di Creonte e nel doloroso dramma familiare che conduce Antigone alla morte? Quale l’attualità del messaggio ultimo sofocleo? Forse quello dell’appello alla “misura, all’accordo tra leggi divine e giustizia umana; l’appello a che l’uomo prenda  coscienza della ” necessità del recupero della fede dei padri ”, e non si lasci sopraffare dalla tracotanza del suo ingegno e dal  potere. Lo scontro tra Antigone e Creonte  è la rappresentazione simbolica del dissidio di sempre che lacera la società umana: quello tra ragion di stato e ragione del cuore, tra dignità della persona e aridità delle norme; il conflitto, infine, tra  le eterne leggi morali imposte dalla divinità e la pretesa autonomia dell’agire umano.

Nuccio Palumbo
antonino11palumbo@gmail.com

Testo di base :
Sofocle , Antigone, traduzione di R. Cantarella , note e commento di M. Cavalli
a cura di Dario Del Corno, ed. A. Mondadori, 1982






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