Ai miei insegnanti
Data: Lunedì, 10 dicembre 2012 ore 08:00:00 CET
Argomento: Opinioni


Riceviamo questa lettera inoltrata da una piccola studentessa, segno forse, di un rapporto tra docente e alunno ormai stanco?  Sicuramente un segnale, una richiesta di aiuto da parte dei nostri ragazzi.
Frequento la terza media, quindi sono tre anni che conosco voi miei insegnanti, e penso che anche voi conoscete abbastanza bene me. Capisco che per voi sei ore di lezione a ragazzi di oggi, cioè movimentati e alquanto spiritosi, sia molto pesante. Però vi chiedo di essere sinceri e dirmi se per noi non è altrettanto stancante stare sei ore sui banchi ad ascoltare le spiegazioni o magari stare in ansia per la paura di essere interrogati e non riuscire a far capire di aver realmente studiato. Dopo quelle interminate ore di scuola, tornando a casa si sente il bisogno, dopo il pranzo, di riposare e perché no, guardare un pochino di televisione.  Ma qui, cominciano i rimproveri dei genitori o meglio della mamma (perché i papà sono sempre fuori per motivi di lavoro) che ci ricorda il nostro dovere. Ma lo pensate che siamo ragazzi di tredici anni, cioè nel pieno diritto a godere, il periodo più bello della nostra frenetica vita? Ricordate la vostra gioventù? Non vi ribellavate anche voi ai vostri “superiori” che vi spronavano a fare il proprio dovere?
Come sarebbe bella la scuola se dopo mezz’ora di lezione l’insegnante si fermasse a parlare con noi, a sentire i nostri problemi, ad aiutarci a superare le nostre difficoltà, e perché no a raccontare qualche barzelletta o un aneddoto simpatico e divertente.    
Vorrei fare una domanda e spero che siate sinceri nella risposta. Eravate molto diversi da noi ai vostri tempi? Accettavate i consigli, i rimproveri dei vostri genitori? Non vi dicevano allora anche loro “Ai miei tempi…”? Quindi la storia si ripete e si ripeterà sempre, con i giovani che cercano di vivere a modo loro la vita,mentre gli adulti cercano di frenare la loro esuberanza. A questo punto voglio solo dire una cosa: “Siamo irrequieti, ci reputiamo incompresi, ci sentiamo vittime dei nostri “superiori”, però è pur vero che apprezziamo la pazienza di chi ci guida e ci sprona ad essere bravi cittadini.!”

ἀγαθὸς





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