
Scuola bistrattata
Data: Lunedì, 15 ottobre 2012 ore 06:00:00 CEST Argomento: Redazione
Non è possibile una
seria riforma scolastica, senza una seria volontà politica che se ne
faccia carico, né – cosa ancora più grave – senza il
supporto di una seria filosofia pedagogica e didattica.
Purtroppo, c’ è da registrare, al contrario, oggidì, una politica
ragionieristica improntata alla risparmiocrazia, con tagli di
spesa tanto irresponsabili per la scuola pubblica, da declassarne
sempre di più il ruolo e la funzione nella società civile, lasciando
briciole insignificanti di futuro per i giovani, e non solo. Nessun
profumo di scuola, ma miasmi di dilagante confusionismo e
di quotidiana avvilente precarietà: questo, è ciò che respirano, oggi,
nelle aule, dirigenti scolastici, docenti e studenti.
Con / in questo clima, è opportuno scioperare? Non credo.
Lo sarebbe (e giusto, anche ), se ci fosse un interlocutore
capace di assumersi, a breve termine, impegni e responsabilità
precise, puntuali e coerenti; se ci fosse, cioè, un
ministro della P.I. di un governo all’altezza di poter dare
risposte chiare ed adeguate alle domande che salgono dalle
proteste sacrosante della piazza, e fosse sensibile, veramente, ai
problemi della rinascita della scuola e della cultura in questo
Paese. Al momento, non c’è codesta autorevole presenza in campo, capace
di risvegliare e di provocare un vero e costruttivo dialogo con
docenti e discenti. Capace di fare sognare i giovani, e dare loro
la forza necessaria per potere affrontare le sfide del futuro! E
non c’è, non perché il paese attraversa una forte crisi economica, ma
perché è travagliato da una spaventevole e disarmante crisi
etico-politica!
C’è un vuoto morale, ci muoviamo dentro un contesto di decadenza da
basso impero, questa sì , direi, epocale, contro cui è
utopistico, per non dire ingenuo, credere che, scioperando e
abbandonando le aule scolastiche, si possa sortire qualche
benefico risultato. Andare nelle piazze non serve; è una forma di
aventinismo che non paga. Anzi. Giustifica eventuali forme di
ritorsioni e ricatti a danno degli anelli più deboli della
catena: studenti e insegnanti precari, appunto, come al solito!
Così va spesso il mondo!
E allora, che fare? Bisogna vigilare meglio. Non bisogna - a mio avviso
- abdicare al lavoro, non abbandonare le aule, ma
stare in classe, presidiare le scuole, rivendicare tutti insieme,
alunni e professori, il diritto allo studio serio e produttivo.
Pretendere edifici scolastici sicuri, efficienti, accoglienti e in
regola con le normative antisismiche previste dalla legge;
pretendere la puntualità del Dirigente, e dei docenti in classe,
secondo il proprio orario di servizio; praticare l’esercizio
della democrazia scolastica, e l’osservanza dello statuto
degli alunni da parte dei dirigenti; pretendere che siano
trasparenti il funzionamento e i compiti del Consiglio
d’Istituto, e lottare per un’amministrazione più saggia e
onesta dei soldi del Fondo scolastico, per laboratori più
moderni ed attrezzati, per avere più libri e riviste aggiornate
in biblioteca, per un’incidenza più partecipativa e decisionale nelle
scelte dei libri di testo e nelle discussioni circa le finalità
programmatiche generali didattico-educative.
Bisogna, insomma, richiedere alla scuola l’autonomia vera di cui gode,
e ai suoi dirigenti, più apertura ai problemi reali del paese, più
discussione sul confronto delle diversità ideologiche e culturali,
sulle problematiche occupazionali che si presentano
post-diploma e post-laurea, ecc. ecc.
La tattica studentesca deve essere questa: non abbandonare il posto di
lavoro, lasciandosi trascinare nelle piazze a un’orgia di
dimostrazioni poco concludenti ( se cade questo governo chi, ora come
ora, è in grado di sostituirlo in meglio?), ma tracciare un programma
concreto di proposte e di problemi che ciascuno - secondo le
proprie capacità - possa contribuire a risolvere nell’ambito
della propria scuola di appartenenza, collaborando in sinergia
sistemica con tutti gli altri per il bene comune.
I soldi per fare tutto questo? Ci sono, ci sono. Ne restano ancora,
nonostante tutto, nonostante le rapine che sono state fatte e gli
sperperi illeciti e vergognosi dei nostri trafficanti di
politica. E se non dovessero bastare, si vada alla logica del
risparmio, si diano meno soldi ai vice-preside, ( un “vice” arriva ad
“arrotondare” fino a 5.000 euro l’anno, in aggiunta allo
stipendio), si faccia più discreto utilizzo dei soldi degli
alunni, e si trasmetta ai loro cuori più passione e amore di
conoscenza critica, più senso dell’onestà e del dovere, più
informazione civica ed educativa, e si facciano - se è necessario -
meno PON e meno POR: nessuno di quest’ultima rinuncia, son certo,
si lamenterà, meno che mai gli studenti che amano apprendere e non
perdere tempo! Non dice il Poeta che “poca favilla, gran
fiamma seconda”? Forse di retro a voi con miglior voci si pregherà
perché Qualcuno risponda!
Ai docenti, pertanto, mi permetto di dire sommessamente e con il
massimo rispetto: in questa lotta per migliorare e risolvere i
piccoli e grandi problemi quotidiani della scuola in cui lavorate,
siate vicino ai vostri giovani, consigliateli al bene e date loro
il vostro esempio di onestà intellettuale, di impegno nel lavoro, e
di una coscienza operosa, netta e rigorosa.
Vedrete che i politici avranno di che temere di questa nuova alleanza
e, prima o poi, capiranno l’importanza del ruolo vostro educativo
e vi aumenteranno, insieme alle ore, anche lo stipendio!
Coraggio! sperare non nuoce, diminuiranno le ore, e aumenteranno lo stipendio.
Nuccio Palumbo
antonino11palumbo@gmail.com
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