Matteo Renzi e la scuola
Data: Sabato, 15 settembre 2012 ore 06:00:00 CEST
Argomento: Redazione


Salve! Son Matteo Renzi!”, dice spesso, Maurizio Crozza, imitando il sindaco di Firenze. Ma adesso che il giovane politico fiorentino è diventato di moda, adesso che, attraverso le primarie del centro-sinistra, si è candidato alla “guida dell’Italia”, proprio adesso ripenso alle sue parole, lette nel capitolo, “La frontiera più bella, la scuola”, del suo libro, “Fuori”, edito da Rizzoli.
«Ho sempre pensato che la politica dovrebbe occuparsi di più e meglio della scuola. Non si tratta semplicemente di scegliere persone all’altezza del compito, anche se devo confessare che il problema esiste, se è vero che ancora oggi il ricordo di un ministro della Pubblica istruzione che va al Maurizio Costanzo Show e non indovina un congiuntivo neanche per sbaglio rimane scolpito nella memoria della mia generazione. No, c’è qualcosa di più della pur delicata selezione della classe dirigente. Il punto è che per me la scuola costituisce il luogo più sacro che possa esistere, lo spazio fisico e spirituale nel quale ragazze e ragazzi fanno i conti con la propria libertà. È la frontiera più suggestiva, difficile e intrigante del nostro tempo. Confesso di avere un’autentica fissazione per questo punto. Penso che tutti, qualsiasi sia la nostra appartenenza politica, dovremmo nutrire un rispetto profondo per le stanze nelle quali i nostri figli divengono cittadini. Mi assale una vera e propria idiosincrasia verso quei candidati che vanno nelle scuole o fuori da esse, magari anche solo per volantinaggio, nel periodo di campagna elettorale: lo giudico un atto irrispettoso. I partiti non possono speculare sulla scuola. È la politica invece che deve dedicarle maggiore attenzione, partendo dalle questioni teoricamente più semplici come l’edilizia scolastica, la pulizia delle aule o l’organizzazione dei servizi fino alle sfide più ricche di contenuti pedagogici. Io ho scelto di mettere la scuola al centro dell’iniziativa amministrativa e tutti i martedì mattina entro in un istituto di Firenze, sia esso scuola dell’infanzia, elementare o media. Parlo con gli insegnanti, con i collaboratori, con il variegato mondo dell’educazione. Mi seguono i tecnici che curano la manutenzione o la mensa, in modo da affrontare insieme immediatamente gli eventuali problemi. E mi apro alla discussione con i bambini. […] Varcare la porta di una scuola è un momento contemporaneamente difficile e magico. Quando la mattina entri in una scuola senti su di te la responsabilità di tutti quelli che camminano con te. Nessuno escluso. E i bambini ti guardano, ti scrutano, ti parlano. Magari ti chiedono l’autografo sul diario neanche fossi un calciatore. Ma in realtà ti stanno mettendo alla prova. Tu sai che con i bambini non si bluffa. Non c’è un correttore automatico per eliminare i tuoi difetti quando stai in mezzo alla gente. È un piccolo segno: l’idea che l’amministrazione considera tutti i cittadini uguali, davvero, come recita il secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione. E i bambini cittadini uguali agli altri anche se non hanno l’età per votare. E riconosce la funzione sociale degli insegnanti, ruolo insostituibile, cruciale per una democrazia.
È vero, esiste il problema del riconoscimento economico per la funzione di insegnante. È un tema che la politica non può eludere. Ma c’è qualcosa di più importante del riconoscimento economico. Lo dice, per quello che può valere, il marito orgoglioso di un’insegnante precaria della scuola pubblica. Del resto, se uno decide di insegnare sa che non sarà lo stipendio il valore aggiunto del proprio lavoro. Ma la possibilità di concorrere all’educazione di una libertà. C’è cosa più grande e più bella di questa?, domando alle insegnanti quando faccio il giro delle scuole dicendo loro il grazie della città per il loro servizio. Le reazioni sono molto variegate: tanti sono le donne e gli uomini che continuano a insegnare dominati dalla frustrazione e da una stanca rassegnazione che fa da contorno a un pessimismo cosmico. Ma la maggioranza del corpo docente di cui incrocio il cammino è composta da persone appassionate ed entusiaste.
Un sindaco deve saper dire grazie a questi insegnanti. Deve incoraggiare e stimolare i giovani cittadini a sentirsi protagonisti della loro città. Deve occuparsi, preoccuparsi delle questioni logistiche della scuola. […]». “Che le parole di Matteo Renzi possano andare nelle orecchie di Dio…”, direbbe la mia amica! E anche noi lo diciamo… Ormai, solo Lui ci può ascoltare!

Angelo Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato@istruzione.it





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