I supplenti: un popolo di invisibili senza speranza
Data: Giovedì, 01 marzo 2012 ore 06:15:00 CET
Argomento: Opinioni


Un esercito di docenti che mettono a disposizione delle scuole il proprio impegno lavorativo e che, con la loro presenza, garantiscono il normale svolgimento delle lezioni. Spesso lontani da casa e dai propri affetti, con l’aggiunta delle spese a carico. La maggior parte arriva dal meridione, diretti al nord, dove spera di poter svolgere la propria professione. Quelli di terza fascia, vengono dopo la prima e la seconda fascia e dopo quelli della lista salva precari e alla fine, se rimane qualcosa, arriva la tanto desiderata chiamata. Insegnanti che non hanno certezze per il futuro e che ad ogni autunno rivivono l'angoscia dell'attesa. Scuole che per risparmiare sui costi interrompono il contratto per non pagare le festività e lo riprendono subito dopo, altre che, addirittura, non riescono nemmeno a pagare lo stipendio dei supplenti.
Ma questi, nel frattempo, devono pur vivere, pagare l'affitto e le spese varie per sopravvivere e si ritrovano a fine a mese a farsi mandare i soldi da parenti o amici.
Gente che, silenziosamente, si adatta ad ogni circostanza, spesso con il sorriso sulle labbra, ma con la sofferenza nel cuore.
Docenti che lavorano con lo stesso impegno e la stessa professionalità degli altri, quelli di ruolo, che molto spesso li guardano senza considerarli, anche se, come loro, sono “insegnanti” e dichiarati idonei allo svolgimento della professione. Ma per tanti insegnati di ruolo, alunni, genitori e, persino, per lo Stato, “rimangono docenti invisibili”, sono solo dei “supplenti”. Quegli stessi che, però, maturano anni di esperienza, spesso tutta una vita, e che ci mettono l'anima e il cuore, nello svolgimento della professione.
Diventano insegnanti a tutti gli effetti per i doveri, devono fare scrutini, firmare le schede, partecipare agli incontri, anche se, spesso, se ne stanno là senza nessuna voce in capitolo, tanto sono solo supplenti e se poi fanno sostegno…diventano ancora più trasparenti.
Non ci sono diritti per questo “popolo di invisibili”, non possono far parte neppure delle liste “salva precari”, pur avendone maturato i requisiti come quelli di prima e seconda fascia, se si ammalano vengono pagati al 50 per cento e non hanno diritto al pagamento delle vacanze estive, anche se hanno  maturato molti anni di servizi.
In passato lavoravano nella speranza di un concorso abilitante, e nell’attesa che, accumulando punteggio, potevano realizzare il loro sogno, quello di diventare insegnanti. Adesso sono senza speranza, in attesa che, se esce il corso abilitante e se va bene, passano dalla terza alla seconda fascia. Una meta ambita, per dei professionisti che hanno alle spalle anche venti anni di attività e che diventerebbe pari livello di un giovane neolaureato senza nessuna esperienza!
Già, dimenticavo! Ambire “al posto fisso”, dopo anni di sacrificio è noioso, meglio cambiare casa e paese tutti gli anni, ritornare nella propria regione per le vacanze e vivere la famiglia fra una vacanza e l'altra e non avere certezze per il futuro. Insomma, proprio una vita da sballo!
I loro diritti saranno mai tutelati in questa povera Italia dove, ormai, non esistono certezze?
Pensare che l'ADIDA ne stima dai 30 a 40 mila, insegnanti a tutti gli effetti, assunti attraverso graduatorie ministeriali. Ma riusciranno mai ad acquistare visibilità nella realtà scolastica del nostro paese?
Secondo me, invece, sarebbe così semplice! Basterebbe permettere agli insegnati di ruolo che avessero maturato i giusti requisiti di servizio di andare in pensione, per dare la possibilità di lavoro ad altri; è assurdo costringerli a lavorare oltre il limite della sopportazione, il mondo della scuola è difficile, i ragazzi mettono continuamente a dura prova la capacità di chi li segue e dopo una vita passata ad insegnare, spesso non si è più in grado di “gestire” le normali attività didattiche. Bisogna capire che si lavora su “materiale umano”, non si è a contatto con macchine, la pazienza, la voglia di vivere, la costanza, la determinazione sono elementi alla base dell'insegnamento, non basta solo la conoscenza. Pensate una maestra di 60 anni con dei bambini della scuola materna: non vi sembra innaturale!?
Conosco la storia di insegnanti morti dopo aver prestato servizio per 40 anni  di seguito, sognando di poter andare in pensione, per poter vivere in tranquillità gli ultimi anni della loro vita, ma che grazie alla nuova normativa, che ritarda ulteriormente l'età pensionistica, non hanno potuto realizzarlo. Bisognerà reincarnarsi per poter esaudire questo sogno?
E cosa dire della disperazione di insegnanti che, ormai anziani e con diversi problemi di salute, sono costretti a stringere i denti e continuare a lavorare per non perdere quei diritti che tanto faticosamente hanno conquistato!? Tutto ciò è profondamente ingiusto, sia per loro che per i ragazzi che vengono privati della possibilità di avere accanto docenti carichi di energia e di voglia di dare.
Rivalutare la posizione degli insegnanti di terza fascia deve diventare un obbligo morale per il nuovo ministro dell'Istruzione, per dare a questo “popolo di invisibili” dignità e  decoro.

Ins. Natalia Rizza





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