Governo Monti, ecco la lista di quelli che parlano milanese
Data: Lunedì, 14 novembre 2011 ore 12:43:37 CET
Argomento: Rassegna stampa


Quanto c'è di milanese nella crisi di governo che ha portato alle dimissioni il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi? Molto, secondo il sindaco Giuliano Pisapia, che parla di una «Terza repubblica» all’insegna del «modello milanese». Quanto ci sarà di milanese nel nuovo governo targato Mario Monti? La risposta è ancora «molto», se si bada alle indiscrezioni circolate ieri sulla lista dei nuovi ministri. Una lista che contempla una pattuglia di milanesi di nascita o d’adozione: Carlo Mosca, Carlo Dell’Aringa, Lorenzo Ornaghi e Guido Tabellini. Milano-Roma andata e ritorno? Un passo alla volta.
 
Ieri alle 11 il primo cittadino pubblicava sul suo profilo Facebook un post dal titolo inequivocabile: «Buongiorno Italia!». Un calco di quel «Buongiorno Milano!» impresso sui manifesti arancioni che tappezzavano i muri della città all’indomani della vittoria contro Letizia Moratti. Riparte proprio da lì l’analisi di Pisapia sulla fine del governo Berlusconi. «Cinque mesi dopo le elezioni a Milano, rieccoci a festeggiare un’altra vittoria: stavolta quella del buon senso, per le elezioni ci vorrà ancora un po’ di tempo. Ma noi ne siamo orgogliosi perché allora è vero che Milano — scrive il sindaco — aveva aperto la strada. È terminata un’epoca: fine degli illusionisti e della seconda repubblica. Cominciamo bene la terza con rigore, concretezza e giustizia sociale. La serietà, la sobrietà, la passione civile che ci hanno portato a Palazzo Marino e il risveglio del popolo arancione, stanco di essere umiliato, hanno contagiato il Paese».
 
Non esattamente dello stesso avviso l’assessore Stefano Boeri, secondo il quale la Terza repubblica è ancora di là da venire. Altra puntatina su Facebook per capire: «Finisce Berlusconi, non finisce il Berlusconismo — già, con la lettera maiuscola nel post dell’assessore —. Non finisce ancora il corto circuito potente che dagli anni ’80 ad oggi ha serrato in un unico stile di vita lo spazio simbolico delle immagini televisive e lo spazio materiale delle pratiche quotidiane. Festeggiamo la disparizione di un simbolo, non ancora della sua ideologia». «Le dinamiche che hanno causato la fine del governo non hanno nulla a che vedere con Milano» dice Carlo Masseroli, capogruppo Pdl.
 
Certo sembra che il nuovo governo Monti sia a trazione milanese. Il professore fattosi in Bocconi starebbe infatti pensando di nominare tra i ministri tre colleghi docenti titolari di cattedre negli atenei cittadini: Lorenzo Ornaghi, rettore dell’Università Cattolica, Carlo Dell’Aringa, docente di «Economia politica» nell’ateneo retto da Ornaghi e Guido Tabellini rettore della Bocconi. Super Mario pensa ad un poker di milanesissimi: il quarto asso nella manica è Carlo Mosca. La nomina data come più probabile è proprio quella di Mosca a ministro dell’Interno. Nato a Milano, 66 anni, Mosca è stato Capo di Gabinetto del ministero con Pisanu. Lasciò nel 2007 quando arrivò Roberto Maroni, lo stesso ministro che un anno dopo lo liquidò da Prefetto di Roma per la contrarietà di Mosca al rilevamento delle impronte digitali anche per i bimbi rom.
 
Per Ornaghi sarebbe pronto, invece, il ministero dell’Istruzione. Una vita in Cattolica, quella di Ornaghi: conseguita la laurea, è rimasto in Largo Gemelli come ricarcatore, professore in Scienza politica al posto del suo maestro Granfranco Miglio e quindi rettore. In bilico la nomina a ministro dell’altro rettore, Tabellini. Monti deve sciogliere il nodo: tenere per sé l’interim all’Economia o affidarlo ad altri? Nel secondo caso, è dato in pole proprio Tabellini, un economista fuori dal coro, che non ha mancato negli ultimi tempi di criticare l’idea che per indurre i Paesi europei a tenere in ordine i conti sia utile ricorrere alla disciplina imposta dai mercati finanziari. Ottime chance di diventare ministro al Welfare ha, infine, Carlo Dell’Aringa. Note le sue posizioni a tutela degli stipendi degli statali e contro i costi della politica, a partire dalla burocrazia.
di Giambattista Anastasio
Il Giorno






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