Un italiano su due utilizza regolarmente Internet. Tre anni fa lo faceva soltanto uno su tre. Il computer di casa si utilizza sempre meno come “macchina da scrivere”, rappresentando invece un grande contenitore attaccato ad un filo, nel quale gli italiani amano soprattutto cercare informazioni, leggere giornali, consultare enciclopedie e, sempre di più, fare acquisti.
Nel Rapporto 2005 sull’editoria on-line che l’Associazione Italiana Editori ha presentato a Milano si sono delineate diverse tipologie di ‘internauti’: dei 23 milioni di italiani che si sono collegati in rete negli ultimi tre anni (passando dal 35 al 46% della popolazione), il 17% sono «gli ultimi arrivati». Si tratta soprattutto dei sessantenni del sud e delle isole, quelli che probabilmente sono stati iniziati alla navigazione per esigenze di lavoro o magari dall’insistenza dei figli. Poi c’è un 24% di «basici», soprattutto casalinghe e gente poco esperta, che sembra cliccare in punta di piedi, giusto il tempo necessario di cercare cio di cui ha bisogno, senza soffermarsi troppo. Gli studenti delle scuole superiori sono invece il tipico utente «funzionale» (il 22%): hanno buona dimestichezza, sanno destreggiarsi nel mare del web e salvano sempre i contenuti di cui hanno bisogno. Infine la categoria più numerosa (il 37%), i ‘curiosi’: sono gli utenti che con internet si divertono di più. Hanno un’età compresa tra i 18 e i 35 anni, buona cultura, amanti della lettura ma soprattutto interessati all’informazione in tempo reale. Naturalmente si concedono il lusso di scaricare musica e film e in numero crescente si divertono a fare acquisti senza spostarsi da casa. Più della metà di loro, infatti, ritiene che scegliere un oggetto e pagare utilizzando i servizi on line sia più che sicuro.
Il rapporto tuttavia dimostra come utilizzare con sempre più assiduità il computer non precluda necessariamente il tempo alla lettura di un buon libro di carta. I lettori in Italia sono pochi, ma aumentano gradualmente, con una media personale che passa dai 2,3 del 2002 ai 3,2 libri di oggi. Poco male, dicono naturalmente gli editori, che però registrano un crescente interesse di chi naviga a trovare un momento per sfogliare un giornale digitale. Chi si trova su Internet infatti con frequenza coglie l’occasione di collegarsi anche per pochi minuti ai siti di informazione e salvare sul desktop o stampare la notizia che gli interessa. Molti tra l’altro si dicono pronti a pagare un abbonamento pur di avere accesso illimitato ai canali di informazione telematica. Una prospettiva nuova che si apre per l’industria editoriale, tenendo anche conto che il computer è diventato un oggetto familiare per la metà degli italiani.
Ma l’Associazione Italiana Editori ha lanciato una nuova proposta al Ministero dell' Istruzione e a quello dell'Innovazione: sperimentare in 200 scuole l’utilizzo concreto del pc nelle classi, facendolo diventare uno strumento della didattica alla pari della lavagna e dei libri. È un modo per far recuperare, almeno in parte, il gap di cui soffre il corpo insegnate italiano. Da un’indagine commissionata all’Istituto IARD Franco Brambilla, è risultato infatti che il rapporto tra insegnanti e nuove tecnologie non è proprio dei migliori. Come dire, gli insegnanti potrebbero prendere lezione dai propri studenti, per quanto riguarda l’utilizzo del pc e di internet.
Su ottanta interpellati, solo un insegnate su tre utilizza regolarmente il computer per preparare le lezioni e solo uno su cinque sa come preparare una lezione usando il pc. Eppure se sono chiamati a dare un voto sui vantaggi che le nuove tecnologie possono apportare alla didattica e al reperimento dei materiali, tutti si affrettano a promuoverle a pieni voti (una media che supera l’8). E poi sono loro stessi a chiedere sempre di più contenuti digitali tipo esercizi, immagini, materiali specialistici, di ricerca e test di autovalutazione. Un mercato in grande espansione che gli editori non vogliono lasciare sfornito. Una rivoluzione tante volte annunciata, che forse non eliminerà quaderni, libri, lavagna e gessetti ma che inevitabilmente segnerà la differenza tra le vecchie generazioni di studenti e quelli che inizieranno a formarsi nel futuro. Finché forse non arriverà il giorno in cui l’insegnante chiamerà lo studente dicendogli «Dai forza, vieni al desktop».
da "L'Unità"