I precari in sciopero della fame. «Situazione disperata, è un settore fondamentale. Rischiano di finire per strada centinaia di famiglie»
Data: Giovedì, 01 settembre 2011 ore 07:12:01 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Sulla sua mano sinistra la fede nuziale non c’è più. Ha dovuto venderla per mettere in tasca qualche euro, per prendere una boccata d’ossigeno da quello che è ormai diventato un tunnel, quello della precarietà. E la via d’uscita sembra sempre più lontana. Calogero Fantauzzo, operatore scolastico di 46 anni, è al secondo giorno di sciopero della fame: protesta contro i tagli del Ministero dell’Istruzione, dando voce a centinaia di precari tra docenti, personale ATA e impiegati amministrativi.                             
Ha montato la sua tenda di fronte alla sede della Regione e grazie alla solidarietà di tutti i suoi colleghi, quello che ha avviato sarà uno sciopero della fame «a staffetta». «Oggi sarò io a digiunare – dice Maria Pia Labita, docente precaria – perché il nostro è un coro di protesta che riguarda tutti e che mette da parte l’istruzione dei nostri figli». Fantauzzo di figli ne ha quattro. Deve mantenere loro e la moglie, ma sulle spalle ha anche i costi dell’affitto di una casa a Santa Flavia e le spese quotidiane. Necessità che pesano come un macigno su chi non ha alcun incarico lavorativo dallo scorso anno. «L’ultima scuola in cui o lavorato – racconta il bidello – è stata la Paolo Balsamo di Termini Imerese. Dal mio primo impiego sono passati però venticinque anni, una vita di sacrifici che adesso mi sembrano buttati al vento. La mia situazione è disperata – continua – e non riesco a capire come sia possibile che i tagli vengano fatti sull’istruzione, un settore fondamentale e in cui rischiano di finire per strada centinaia di famiglie».
I precari adesso vogliono risposte e sono disposti a chiederle in ogni modo. Anche incatenandosi, come hanno fatto lunedì. Una cinquantina di docenti ha infatti occupato l’ufficio dell’ex provveditore in via Praga, ribadendo il proprio «no» ad un provvedimento che prevede il taglio di ottocento posti di lavoro. La protesta è poi proseguita in prefettura, per arrivare proprio in piazza Indipendenza, dove si trova Fantauzzo. «Non è più tempo di promesse – concludono – la nostra vita ha bisogno di certezze».   (da Corriere della Sera)

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