Meglio un corso di laurea in dirigenza scolastica che 100 test preselettivi
Data: Mercoledì, 31 agosto 2011 ore 09:45:00 CEST
Argomento: Opinioni


Sul tema della dirigenza si è scritto molto, anzi, direi troppo; si è ipotizzato un dirigente eletto dal Collegio dei Docenti, una preselezione con i test a risposta multipla, il concorso tradizionale e quanto altro.
Non concordo sull’elezione diretta del dirigente in seno al collegio dei docenti perché, dopo tanti anni d’esperienza, so quali meccanismi scattano all’interno di un collegio dei docenti nel momento d’elezioni di colleghi: non esiste meritocrazia ma solo il rapporto personale, ricordo una collega che, per essere eletta vicepreside, durante l’estate, organizzava delle splendide cene a casa sua per assicurarsi i voti.
Al classico concorso, per quanto possa essere condotto in modo serio (concorso a dirigente scolastico Decreto n° 94 del 26/11/2004 in Sicilia docet) non credo poiché le qualità del bravo dirigente non emergono dallo svolgimento di un saggio. Sull’ultima trovata delle prove selettive con test a risposta multipla ho qualcosa da dissentire. Sono stata favorevole alle prove oggettive sin dalla prima comparsa negli anni ‘90, sono rimasta affascinata per la loro asetticità, le ritenevo più giuste, non coinvolgevano soggettivamente il valutatore. Ho sempre contestato però queste prove quando sono applicate come prassi per la scelta delle facoltà universitarie o per accedere tramite pubblico concorso a carriere professionali; insomma, per tutte quelle occasioni ove si decide il futuro professionale e lavorativo di una persona.
Una fatto è valutare le conoscenze didattiche degli alunni, un altro precludere il futuro e la libertà di scelta. Com’è noto sono tante le problematiche emotive e psicologiche che intervengono durante la compilazione dei test: la lettura attenta della domanda e la comprensione, le risposte similari a volte anche faziose, i tempi, difficili da gestire. Non entro in merito alle dinamiche psicologiche, alle teorie sulle intelligenze gardneriane, non ne ho la competenza, ma nella mia lunga esperienza d’insegnante ho potuto costatare che i ragazzi più bravi hanno una maggiore difficoltà in questo genere di prove e, cosa strana, le ragazze rendono meno dei ragazzi. In quei pochi minuti si mette in gioco la preparazione accumulata in anni di sacrifici e potrebbe crollare il sogno di una vita.
La nuova figura del dirigente scolastico delineata dal Decreto Legislativo 6 marzo 1998 n. 59 che  disciplina la qualifica dirigenziale dei capi d’istituto delle scuole dell’autonomia, deve possedere tante di quelle qualità e competenze che certamente non si evincono da un test.
Pensate se a capo delle aziende scegliessero il dirigente allo stesso modo?
Cento test  per individuare nel futuro dirigente scolastico: la leadership,  le conoscenze giuridiche e pedagogiche, quelle informatiche e linguistiche, la forte capacità organizzativa, secondo criteri di efficienza ed efficacia formativa, e le competenze amministrative.
Riconoscere se ha senso di equilibrio e la tendenza a cogliere gli aspetti psicologici degli esseri umani e scoprire la sua capacità di andare oltre il presente per saper essere credibile guida verso il futuro ...
Conosco presidi, manager, abili progettisti, che di pedagogia conoscono poco; altri bravi pedagogisti, formatori in corsi di aggiornamento, ma cattivi amministratori, altri ancora lasciano trapelare la loro lunga militanza nel ruolo di vicepreside o di attivismo sindacale senza mai assumere le vesti del dirigente.
Non ultimi quelli eletti da un dio, che dimenticano di aver transitato nel ruolo di docente “frustrato”, come dice qualcuno, che rimarcano continuamente il loro nuovo ruolo, che mostrano enorme difficoltà di comunicazione con gli alunni e il personale tutto, chiusi in presidenza cercano tutte le opportunità per guadagnare un migliaio di euro in più.
Sicuramente molti sono o sono stati degli ottimi presidi ma lontani dall’immagine del dirigente che deve gestire una scuola sempre più complessa, più problematica e con un numero sempre maggiore di personale e alunni. La scuola è un’azienda molto sui generis, non produce beni ma forma “Persone”, la scuola è fatta di docenti, del personale ATA, ma soprattutto di tanti piccoli uomini, in crescita, che devono essere guidati e educati ai valori della vita; non esiste omologazione, le scuole presentano problematiche diverse per ogni grado e ordine, una scuola dell’infanzia non può essere gestita come un liceo né tantomeno come un istituto professionale. Una scuola di centro città non ha le stesse necessità di una scuola di un quartiere a rischio, o di un paesino di montagna. Purtroppo gli accorpamenti selvaggi e i dimensionamenti non tengono conto di queste problematiche. Anche dare in reggenza una scuola è deleterio, i genitori, se hanno la possibilità di scelta,  non scrivono i loro figli nelle scuole date in reggenza perché esse trasmettono un’immagine di precarietà e instabilità.
La parola d’ordine è risparmiare, a scapito del rapporto umano e delle numerose difficoltà a cui deve andare incontro la scuola tutta.
Dire cosa sia più adatto per accedere alla carriera dirigenziale non è facile, concordo per i colloqui psicoattitudinali, proposti da Giuseppe Moncada, ma soprattutto credo in una preparazione mirata alla dirigenza. Non ci s’inventa dirigenti facendo dei corsi di perfezionamento, o un master che offre troppe nozioni in poco tempo o, addirittura, dei semplici corsi di formazione; tutte queste cose sono utili ma superficiali e danno una conoscenza limitata e settoriale. Secondo me, la frequenza di un corso di laurea magistrale mirato alla formazione della dirigenza potrebbe essere un’idea da non sottovalutare, eliminerebbe anche quell’eterogeneità culturale dei docenti che aspirano alla dirigenza, eterogeneità dovuta alla diversa formazione universitaria.
Se a questo si aggiunge, come tirocinio, l’esperienza accumulata nel ruolo di vicepreside si arriva al top.
Da tutte queste congetture evinco una sola certezza: la vecchia immagine del preside che conosceva tutti gli alunni per nome, sempre presente, autorevole e confidenziale, che mi riporta alla mente, con affetto, il preside Cuccia dei miei anni di liceo, è un’immagine ormai sbiadita come la maestrina dalla penna rossa di deamicisana memoria.


Angela Giardinaro

 a.giardinaro@tiscali.it






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