Sul tema della
dirigenza si è scritto molto, anzi, direi troppo; si è ipotizzato un
dirigente eletto dal Collegio dei Docenti, una preselezione con i test
a risposta multipla, il concorso tradizionale e quanto altro.
Non concordo sull’elezione diretta del
dirigente in seno al collegio dei docenti perché, dopo tanti anni
d’esperienza, so quali meccanismi scattano all’interno di un collegio
dei docenti nel momento d’elezioni di colleghi: non esiste meritocrazia
ma solo il rapporto personale, ricordo
una collega che, per essere eletta vicepreside, durante l’estate,
organizzava delle splendide cene a casa sua per assicurarsi i voti.
Al classico concorso, per quanto possa essere condotto in modo serio
(concorso a dirigente scolastico Decreto n° 94 del 26/11/2004 in
Sicilia docet) non credo poiché le qualità del bravo dirigente non
emergono dallo svolgimento di un saggio. Sull’ultima trovata delle
prove selettive con test a risposta multipla ho qualcosa da dissentire.
Sono stata favorevole alle prove oggettive sin dalla prima comparsa
negli anni ‘90, sono rimasta affascinata per la loro asetticità, le
ritenevo più giuste, non coinvolgevano soggettivamente il valutatore.
Ho sempre contestato però queste prove quando sono applicate come
prassi per la scelta delle facoltà universitarie o per accedere tramite
pubblico concorso a carriere professionali; insomma, per tutte quelle
occasioni ove si decide il futuro professionale e lavorativo di una
persona.
Una fatto è valutare le conoscenze didattiche degli alunni, un altro
precludere il futuro e la libertà di scelta. Com’è noto sono tante le
problematiche emotive e psicologiche che intervengono durante la
compilazione dei test: la lettura attenta della domanda e la
comprensione, le risposte similari a volte anche faziose, i tempi,
difficili da gestire. Non entro in merito alle dinamiche psicologiche,
alle teorie sulle intelligenze gardneriane, non ne ho la competenza, ma
nella mia lunga esperienza d’insegnante ho potuto costatare che i
ragazzi più bravi hanno una maggiore difficoltà in questo genere di
prove e, cosa strana, le ragazze rendono meno dei ragazzi. In quei
pochi minuti si mette in gioco la preparazione accumulata in anni di
sacrifici e potrebbe crollare il sogno di una vita.
La nuova figura del dirigente scolastico delineata dal Decreto
Legislativo 6 marzo 1998 n. 59 che disciplina la qualifica
dirigenziale dei capi d’istituto delle scuole dell’autonomia, deve
possedere tante di quelle qualità e competenze che certamente non si
evincono da un test.
Pensate se a capo delle aziende scegliessero il dirigente allo stesso
modo?
Cento test per individuare nel futuro dirigente scolastico: la
leadership, le conoscenze giuridiche e pedagogiche, quelle
informatiche e linguistiche, la forte capacità organizzativa, secondo
criteri di efficienza ed efficacia formativa, e le competenze
amministrative.
Riconoscere se ha senso di equilibrio e la tendenza a cogliere gli
aspetti psicologici degli esseri umani e scoprire la sua capacità di
andare oltre il presente per saper essere credibile guida verso il
futuro ...
Conosco presidi, manager, abili progettisti, che di pedagogia conoscono
poco; altri bravi pedagogisti, formatori in corsi di aggiornamento, ma
cattivi amministratori, altri ancora lasciano trapelare la loro lunga
militanza nel ruolo di vicepreside o di attivismo sindacale senza mai
assumere le vesti del dirigente.
Non ultimi quelli eletti da un dio, che dimenticano di aver transitato
nel ruolo di docente “frustrato”, come dice qualcuno, che rimarcano
continuamente il loro nuovo ruolo, che mostrano enorme difficoltà di
comunicazione con gli alunni e il personale tutto, chiusi in presidenza
cercano tutte le opportunità per guadagnare un migliaio di euro in più.
Sicuramente molti sono o sono stati degli ottimi presidi ma lontani
dall’immagine del dirigente che deve gestire una scuola sempre più
complessa, più problematica e con un numero sempre maggiore di
personale e alunni. La scuola è un’azienda molto sui generis, non
produce beni ma forma “Persone”, la scuola è fatta di docenti, del
personale ATA, ma soprattutto di tanti piccoli uomini, in crescita, che
devono essere guidati e educati ai valori della vita; non esiste
omologazione, le scuole presentano problematiche diverse per ogni grado
e ordine, una scuola dell’infanzia non può essere gestita come un liceo
né tantomeno come un istituto professionale. Una scuola di centro città
non ha le stesse necessità di una scuola di un quartiere a rischio, o
di un paesino di montagna. Purtroppo gli accorpamenti selvaggi e i
dimensionamenti non tengono conto di queste problematiche. Anche dare
in reggenza una scuola è deleterio, i genitori, se hanno la possibilità
di scelta, non scrivono i loro figli nelle scuole date in
reggenza perché esse trasmettono un’immagine di precarietà e
instabilità.
La parola d’ordine è risparmiare, a scapito del rapporto umano e delle
numerose difficoltà a cui deve andare incontro la scuola tutta.
Dire cosa sia più adatto per accedere alla carriera dirigenziale non è
facile, concordo per i colloqui psicoattitudinali, proposti da Giuseppe
Moncada, ma soprattutto credo in una preparazione mirata alla
dirigenza. Non ci s’inventa dirigenti facendo dei corsi di
perfezionamento, o un master che offre troppe nozioni in poco tempo o,
addirittura, dei semplici corsi di formazione; tutte queste cose sono
utili ma superficiali e danno una conoscenza limitata e settoriale.
Secondo me, la frequenza di un corso di laurea magistrale mirato alla
formazione della dirigenza potrebbe essere un’idea da non
sottovalutare, eliminerebbe anche quell’eterogeneità culturale dei
docenti che aspirano alla dirigenza, eterogeneità dovuta alla diversa
formazione universitaria.
Se a questo si aggiunge, come tirocinio, l’esperienza accumulata nel
ruolo di vicepreside si arriva al top.
Da tutte queste congetture evinco una sola certezza: la vecchia
immagine del preside che conosceva tutti gli alunni per nome, sempre
presente, autorevole e confidenziale, che mi riporta alla mente, con
affetto, il preside Cuccia dei miei anni di liceo, è un’immagine ormai
sbiadita come la maestrina dalla penna rossa di deamicisana memoria.
Angela Giardinaro
a.giardinaro@tiscali.it