Un mese fa è morto Giorgio De Rienzo. Oggi, un altro Giorgio, lo scrittore Faletti, gli scrive una lettera.
Data: Martedì, 23 agosto 2011 ore 09:11:56 CEST Argomento: Rassegna stampa
Giorgio De Rienzo è stato uno
scrittore appassionato, giornalista e rigoroso critico letterario, una
firma storica del «Corriere», col quale aveva iniziato a collaborare
nel 1980.
Modalità critiche sempre attente
al testo e mai sconfinate nell'intervento di carattere
impressionistico, che ricordano come De Rienzo non fosse un semplice
recensore, strutturale e stilistico. E del resto, tale atteggiamento
era stato anche consegnano ai due agili volumetti: Guida alla scrittura
e Guida alla lettura . Come leggere un classico (Bompiani 1998-1999).
Due gli autori, particolarmente amati, e
soprattutto studiati anche con strumenti nuovi, quali l'elaborazione al
computer dei loro testi. Collodi di Pinocchio , di cui elabora le
concordanze, e i cui studi saranno infine raccolti nel 2009 in
Pinocchio uno, due, tre (Aragno); e soprattutto a Manzoni, al quale,
insieme a Egidio Del Boca e Sandro Orlandi allestisce quattro corposi
e, al tempo (1985), desideratissimi volumi delle Concordanze dei
Promessi sposi rese possibili dalla convergenza tra Banca del Monte di
Milano e Fondazione Mondadori, da un lato punto d'approdo di studi in
una precisa direzione già sottolineati da L'avventura della parola nei
Promessi Sposi (1980), e dall'altro rilancio verso approfondimenti
approdati in Per amore di Lucia in quello stesso 1985 e opportunamente
riproposti da Aragno (2010) ad esiti sorprendenti in ambito critico,
rappresentando una decisa svolta rispetto alle spesso impressionistiche
quanto asessuate interpretazioni del personaggio di Lucia.
Oggi
sul Corriere.it, un altro Giorgio, lo scrittore Faletti, gli scrive una
lettera “aperta” per ringraziarlo di averlo criticato duramente. Eccola.
Elogio della
stroncatura (mi ha aiutato a scrivere)
Caro Giorgio De Rienzo,
ritengo che il modo migliore per comunicare con un amico che è partito
sia
quello di scrivergli una lettera. La mia inguaribile natura di
sognatore mi fa essere sicuro che tu la leggerai, così mi sentirò meno
in colpa.
Le cose che penso e che scrivo avrei dovuto dirtele di persona tempo
fa. Ma tu hai letto e scritto troppe cose per non sapere come va spesso
nella vita. A volte il pudore, a volte il tempo che crediamo sia solo
stupida sabbia in una clessidra e poi ti frega, a volte un suono che
pare il tuo nome e invece giri di scatto la testa dove non c'è nessuno.
Nel corso della mia carriera mi sono
sottoposto diverse volte e in diversi campi alla regola delle
recensioni. È lo scotto che deve pagare chi ha l'ardire di volere
comunicare con la pretesa di essere ascoltato. Quando ne ho avute di
buone, ho sempre sollevato un telefono o scritto una mail per
ringraziare. Quando ne ho ricevute di meno buone non ho mai protestato,
pensando che quelle critiche, anche solo in parte, forse me le ero
meritate. Con te è stato diverso. Ero reduce da due romanzi
gratificanti dal punto di vista del successo di pubblico e con qualche
critica sorpresa e sorprendente. Le tue pagelle erano di un tenore
decisamente diverso: al primo hai dato 3, al secondo 4. Pensavo che
anche tu, come molti altri, fossi prevenuto nei miei confronti e
avessi, con queste stroncature, preso le distanze da un sedicente
scrittore che nel passato si era macchiato della colpa grave di essere
un comico. Non ci eravamo mai incontrati di persona e quando finalmente
è successo alla serata finale di un premio letterario, con la mia
migliore faccia tosta sono venuto da te e mi sono presentato con queste
esatte parole. «Salve, mi chiamo Giorgio Faletti e sono un ex comico di
successo, ora aspirante scrittore. Ho letto le sue critiche e ho notato
con piacere che col secondo libro sono passato dal tre al quattro.
Procedendo di questo passo, un altro paio di romanzi e dovrei
raggiungere la sufficienza». E tu mi hai risposto nel modo per me più
bello del mondo: hai sorriso. E lì ho capito che la tua severità nei
confronti delle mie opere non era un attacco alla persona ma al
contenuto, con la serenità d'animo che ogni critico dovrebbe avere nel
momento in cui si appresta a recensire una storia. Da quel sorriso ho
capito che eri una persona che mi sarebbe piaciuto conoscere meglio,
non per avere un numero più alto nella tua pagella sul giornale ma per
avere un numero più alto di amici.
Purtroppo quella sera, come accade in simili
occasioni, ci siamo persi nel caos della convivialità e non è stato
possibile approfondire la nostra conoscenza. In seguito sono usciti
altri miei lavori, sempre regolarmente da te stroncati. Non me la sono
presa e non mi sono sorpreso. La mia battuta non voleva essere una
captatio benevolentiae ma solo l'espressione di un mio modo abituale di
comunicare. Dal tuo sorriso mi sono accorto che l'avevi capito. Ogni
volta che ci vedevamo il mio piacere era constatare che si trattava
dell'incontro di due persone e non di un autore e del suo critico, come
se le reciproche attività fossero due cose staccate dal piacere di
parlare di libri davanti a un pessimo caffè in un bar di Guadalajara
con una buona sigaretta fra le dita.
Per arrivare al tanto agognato 6 ci ho
messo un libro in più di quanti ne avevo preventivati.
Alla fine di quella benevola recensione
di una storia americana, mi ricordo, c'era un piccolo incentivo, un
lusinghiero sprone. Poche parole che mi hanno acceso una luce nella
testa. «Ora saremmo curiosi di vederlo alle prese con una storia
italiana». La storia italiana è arrivata, è arrivato un tuo 7 che mi ha
fatto un immenso piacere perché non è stato un episodio isolato ma è
venuto insieme ad altri lusinghieri consensi di critica. Quel tuo voto mi è stato particolarmente
caro perché sapevo che, se per caso il libro non ti fosse piaciuto, non
avresti avuto la minima esitazione a utilizzare una delle valutazioni
algebriche che mi ero visto attribuire in passato. Il motivo di
questa lettera è che volevo comunicarti di avere scritto un nuovo
libro. Altri ne scriverò in futuro e, sempre per la mia inguaribile
natura di sognatore, sono certo che li leggerai e prima o poi mi farai
sapere. Ma ora, subito, ci tenevo a dirti che in ognuno ci sarà
qualcosa di tuo. E ci tenevo che lo sapessero tutti. Un abbraccio, in qualunque posto tu sia.
Giorgio Faletti
23 agosto 2011 08:16
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