L'Italia e i suoi tre Stati
Data: Domenica, 07 agosto 2011 ore 18:56:15 CEST Argomento: Recensioni
Massimo
Luigi Salvadori, L’Italia e i suoi tre
Stati, Bari, Laterza 2011, pagine 112,
euro 9,00.
Massimo
Luigi Salvadori è professore di Storia delle dottrine politiche presso
l’Università di Torino, nonché storico, saggista e insigne studioso. Lo
si può
definire “un socialista democratico all’antica” ricordando la
definizione che
Salvemini dà di se stesso. Nel saggio storico dal titolo“L’Italia
e i suoi tre Stati” (2011), articolato in nove brevi
capitoli, Salvadori si propone di trovare, attraverso una lettura
organica e
puntuale, il filo conduttore che unisce l’evento periodizzante del 1861
in
Italia ai giorni d’oggi. “Quando nel 1961
si celebrò il primo centenario dell’unità d’Italia, le manifestazioni
ufficiali
che ebbero sede anzitutto a Torino poggiarono sul diffuso consenso di
tutti i
partiti. Nessuno, o pressoché nessuno, pensava allora – né alla
sinistra né al centro
né alla destra dello schieramento politico – di mettere in discussione
l’unità
italiana come “bene comune” e vincolo definitivamente acquisito”. Ha,
così,
inizio il primo capitolo del libro, che ritrae un’Italia il cui
progresso
appare incerto e, spesso, mostra di retrocedere sia dal punto di vista
ideologico che istituzionale. Un esempio di ciò sono“ i
focolai della disunità”, come li definisce l’autore, che si
sono riaccesi, portando alla ribalta nel dibattito pubblico molte
polemiche e
spinte regionalistiche aventi per oggetto il valore e il significato
sia del
Risorgimento sia dell’unità stessa dello Stato. L’autore
propone, grazie, anche, alle pubblicazioni precedenti, un
paradigma interpretativo particolarmente pregnante, in cui i tre
periodi della
storia italiana sono stati contrassegnati da regimi bloccati, perché le
diverse
alternative sono state sempre di sistema e mai di governo, ciò, per un
verso,
determinato dalle identificazioni dei
regimi politici con lo Stato tout court
e per l’altro verso dalla crisi e fine degli stessi regimi.
Si puntualizza, nell’arco di tempo che va dall’Unità d’Italia
(1861) a oggi, il succedersi di tre tipi di Stato o fondazioni. La
prima
fondazione è stata quella che a conclusione del Risorgimento aveva dato
vita nel
1861 al regime e allo Stato monarchico liberale. La seconda fondazione,
e prima
rifondazione, è avvenuta nel 1922-25 ad
opera del fascismo e a chiusura della crisi del primo dopoguerra. La
terza
fondazione, e seconda rifondazione, del 1945-47, ha inizio con la
nascita dello
Stato democratico-repubblicano. Durante la prima fondazione, l’Italia
del primo
Risorgimento si gloriò del fatto di aver riconquistato l’indipendenza,
che era
stata perduta nel Cinquecento, quando la penisola fu sottomessa
all'egemonia
delle potenze straniere (prima la Francia,
poi la Spagna
e infine l'Austria), una
soggezione dalla quale l’Italia si libererà solo nel 1866 con gli
esiti
vittoriosi della terza guerra di
indipendenza.
Durante la seconda fondazione, e quindi prima rifondazione, l’Italia
nuova è
rappresentata dallo Stato del regime
fascista, che rappresentò un secondo Risorgimento. E’in questo periodo,
infatti, che l’Italia vive un’unità eretta sulla fine degli antagonismi
politici
e sociali, sulla concordia tra capitale e lavoro, sul governo di un
capo
infallibile, sulla riconciliazione tra lo Stato e la Chiesa e
sull’ingresso
della nuova Italia tra le grandi potenze d’Europa. Infine la terza
fondazione,
e seconda rifondazione, ha inizio alla fine del fascismo, ed è
rappresentata dalla Repubblica
democratica, che con la promulgazione nel 1947 della Costituzione della
Repubblica italiana, pone le fondamenta della ricostituzione dell’unità
nazionale basata su istituzioni libere e democratiche. Rispetto
all’unità d’Italia
le considerazioni che lo storico torinese fa emergere nel suo libro
sono due. Da
un lato la capacità del Paese di restare unito malgrado le drammatiche
vicissitudini che ha vissuto e i recenti, ancora in corso, tentativi di
dividerlo.
Dall’altro, tuttavia, l’incapacità dei vari governi di creare un’Italia
compiutamente unita, determinando così una “mancata
nazionalizzazione delle masse”. I problemi dello Stato unitario,
presenti
già nel 1861 e protrattesi fino ad oggi, sono legati alle differenze
territoriali,
alle modalità dello sviluppo economico, alla natura dei sistemi
politici, alle
dinamiche che hanno dato origine ai rapporti sociali; allo spirito
morale e
civile degli italiani e ai loro
reciproci intrecci. Interessante
appare la riflessione al 1861 come momento in cui l’Italia conquista la
sua
indipendenza e unità, ma anche come momento storico durante il quale si
è
unificata anche la Germania. La Realpolitik di
Bismarck è
l’esempio di una adeguata combinazione tra diplomazia e militarismo,
per
sconfiggere l’influenza austriaca e approdare ad una unificazione
tedesca. A proposito del confronto tra
unità d’Italia e
unità della Germania, l’autore sostiene che la Germania oggi è un paese
che,
nonostante le crisi avvenute tra il 1914 e il 1989, si è collocato al
centro
della storia europea e mondiale grazie alle rilevanti risorse
economiche e
militari. Secondo l’autore, il fatto che oggi la Germania si presenta
come una
potenza forte economicamente, un membro autorevolissimo dell’Unione
Europea, laddove
l’Italia stenta a riprendere la strada dello sviluppo economico, ci
stimola a
riflettere sul perché, ancora oggi, si registra questo gap economico,
politico
e sociale tra lo Stato italiano e lo Stato tedesco, che seppur
appartengono
alla stessa area geografica della Comunità Europea mostrano diversità
strutturali di base. Nell’ultimo capitolo del libro troviamo le
risposte ai
dubbi, alle perplessità, ai tanti interrogativi storici che
accompagnano tutta
la lettura. E alla domanda dell’autore su quale valore abbia l’unità
italiana,
che coincide con il titolo dell’ultimo capitolo, comprendiamo quanto
sia necessario
pensare alla storia d’Italia come Stato unitario situato nel contesto
sia dell’Unione
Europea che nel contesto internazionale e che, nonostante il crescendo
di
conflitti regionalistici, e di crisi locali e globali di sistema, si
mostra come
uno Stato che necessita di nuova energia, di impegno, di responsabilità
politica e sobrietà, per attuare riforme
illuminate e immediate, tali da poter procedere verso un percorso di
sviluppo
fattibile e reale per tutto il Paese. Il
libro, che è il risultato di un impegno originale ed efficace di
sintesi
storica, merita una lettura attenta e riflessiva, non tanto per motivi
celebrativi, quanto piuttosto per dovere di proiettarsi in avanti con
l’obiettivo di contribuire a cambiare il mondo attraverso la
responsabilità di
ciascuno, in nome di una coscienza
nazionale
e della storia dello Stato unitario. Tra
le sue opere, risultato di lunghi studi storico-scientifici,
ricordiamo: Storia
del pensiero comunista da Lenin a Gorbaciov (1992); La Sinistra nella
storia italiana (1999); Storia d’Italia e crisi di regime. Saggio sulla politica italiana (2001);;
Il Novecento. Un’introduzione (2002);
Le inquietudini dell'uomo onnipotente (2003);
L'idea di progresso: possiamo farne a meno? (2006); Italia divisa: la coscienza tormentata di una
nazione (2007); Democrazie senza democrazia (2009) …
Rosita
Ansaldi
rosita.ansaldi@tin.it
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