250mila (?) insegnanti in cerca di 2.386 posti di preside per una spesa prevista di 45 milioni (?) di Euro e che si concluderà (?) fra due anni: forse!
Data: Venerdì, 15 luglio 2011 ore 17:02:16 CEST
Argomento: Redazione


Finalmente oggi è stato pubblicato, dopo anni di attesa, il bando di concorso per reclutare 2.386 presidi nelle scuole italiane, che però lascia con qualche dubbio in merito ai numeri impigliatesi nella manovra finanziaria che tante brutte sorprese sta portando e soprattutto a danno dei lavoratori dello Stato. Se per un verso infatti il fabbisogno stimato, fino a qualche mese addietro, era di oltre 3.000 dirigenti, oggi con ogni probabilità si rischia pure un esubero, mentre otre 150 mila (ma si dice pure 250mila) docenti aspettano con ansia di cimentarsi nella preselezione che dovrebbe poi scegliere 28 mila aspiranti per il corso-concorso vero e proprio.
Il problema, con la finanziaria, è dunque incentrato nel cosiddetto “dimensionamento” di tante istituzioni scolastiche che saranno o accorpate o cancellate del tutto e con esse il preside, il segretario e parte del personale Ata. Il V comma dell'articolo 19 della legge finanziaria prevede infatti che le scuole con meno di 500 alunni  dovranno essere accorpate con altre per cui si stima che subito subito  circa 1.500 dirigenze spariranno e ne spariranno altre 500 circa perché frequentate da meno di 300 ragazzi dove verrà assegnato un reggente, un preside ciò che dovrà dividersi con un’altra scuola. A conti fatti sembra quindi che circa 2.000 (poco più poco meno) posti di preside si involeranno a cui bisognerà aggiungerne un altro migliaio a causa del dimensionamento, cioè della fusione fra scuole vicine dello stesso comune in un unico istituto comprensivo dove confluiranno, seppure in plessi separati, le classi dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado e tutto questo a fronte di un concorso che prevede 2.386 cattedre. Quali aree geografiche subiranno soprattutto questa ulteriore colpo di accetta è difficile dirlo, ma sembra proprio che le regioni più martoriate saranno quelle del Sud, mentre l’operazione complessiva per gestire l’atteso corso-concorso con preselezione costerà allo Stato oltre i 45 milioni di euro e che si dovrebbe concludere forse fra due anni, cosa che appare impossibile tra preselezioni, esami scritti e orali e corso propedeutico. A goderne veramente tuttavia  saranno le agenzie formative che già affinano le unghie e i portafogli.
A questo punto tuttavia è opportuno fare due considerazioni. Fra tutti i tagli operati a danno della scuola questa operazione sembra la meno indolore, primo perché un preside di una piccola scuola percepisce uno stipendio simile a un suo collega che ha la responsabilità di oltre 1000 alunni e  poi perché in Germania, per esempio, la funzione di dirigente è part-time, cioè metà del suo lavoro si svolge in classe e l’altra per le incombenze amministrative e didattiche; e se ciò è possibile altrove non si vede perché da noi non si possa fare. Se poi si assomma che il nostro dirigente può disporre pure di un vicario il quale, nonostante con  la stessa nuova finanziaria non dovrebbe più avere l’esonero o parte di esso, lo aiuta e collabora nelle funzioni si capisce come il taglio in fondo non sia proprio così penoso, benché pesante in ogni caso  e benché tolga la possibilità di assegnare la sua cattedra ai docenti supplenti che così perdono ulteriori possibilità di lavoro. L’altra considerazione invece ristagna nel timore di chi governa la scuola di fare scelte di innovazione profonde, come l’elezione diretta del dirigente da parte del collegio e del personale di ogni istituzione autonoma. Se tale proposta, avanzata sia dall’Italia dei valori e sia dal Pd, benché all’inizio pare sia stata della Gilda,  venisse adottata significherebbe, non solo un sostanziale risparmio per le casse dello Stato per implementare i concorsi e pagare profumatamente i presidi come dirigenti dell’aera V,  ma anche una sicura gestione di ciascuna scuola che mai rischierebbe vuoti e vacanze di gestione, incarichi o reggenze. Né si capiscono, per varare una legge in tal senso, le eventuali resistenze considerato che le Università sono rette con elezioni libere e democratiche sia del rettore e sia dei responsabili, i presidi, delle facoltà. Una riforma a costo zero  dunque che però potrebbe restituire alle scuole più partecipazione e democrazia e forse pure più sicurezza al corpo insegnante e no.


 Pasquale Almirante
 p.almirante@aetnanet.org






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