Finalmente oggi è stato
pubblicato, dopo anni di attesa, il bando di concorso per reclutare
2.386 presidi nelle scuole italiane, che però lascia con qualche dubbio
in merito ai numeri impigliatesi nella manovra finanziaria che tante
brutte sorprese sta portando e soprattutto a danno dei lavoratori dello
Stato. Se per un verso infatti il fabbisogno stimato, fino a qualche
mese addietro, era di oltre 3.000 dirigenti, oggi con ogni probabilità
si rischia pure un esubero, mentre otre 150 mila (ma si dice pure
250mila) docenti aspettano con ansia di cimentarsi nella preselezione
che dovrebbe poi scegliere 28 mila aspiranti per il corso-concorso vero
e proprio.
Il problema, con la finanziaria, è dunque incentrato nel cosiddetto
“dimensionamento” di tante istituzioni scolastiche che saranno o
accorpate o cancellate del tutto e con esse il preside, il segretario e
parte del personale Ata. Il V comma dell'articolo 19 della legge
finanziaria prevede infatti che le scuole con meno di 500 alunni
dovranno essere accorpate con altre per cui si stima che subito
subito circa 1.500 dirigenze spariranno e ne spariranno altre 500
circa perché frequentate da meno di 300 ragazzi dove verrà assegnato un
reggente, un preside ciò che dovrà dividersi con un’altra scuola. A
conti fatti sembra quindi che circa 2.000 (poco più poco meno) posti di
preside si involeranno a cui bisognerà aggiungerne un altro migliaio a
causa del dimensionamento, cioè della fusione fra scuole vicine dello
stesso comune in un unico istituto comprensivo dove confluiranno,
seppure in plessi separati, le classi dell’infanzia, primaria e
secondaria di primo grado e tutto questo a fronte di un concorso che
prevede 2.386 cattedre. Quali aree geografiche subiranno soprattutto
questa ulteriore colpo di accetta è difficile dirlo, ma sembra proprio
che le regioni più martoriate saranno quelle del Sud, mentre
l’operazione complessiva per gestire l’atteso corso-concorso con
preselezione costerà allo Stato oltre i 45 milioni di euro e che si
dovrebbe concludere forse fra due anni, cosa che appare impossibile tra
preselezioni, esami scritti e orali e corso propedeutico. A goderne
veramente tuttavia saranno le agenzie formative che già affinano
le unghie e i portafogli.
A questo punto tuttavia è opportuno fare due considerazioni. Fra tutti
i tagli operati a danno della scuola questa operazione sembra la meno
indolore, primo perché un preside di una piccola scuola percepisce uno
stipendio simile a un suo collega che ha la responsabilità di oltre
1000 alunni e poi perché in Germania, per esempio, la funzione di
dirigente è part-time, cioè metà del suo lavoro si svolge in classe e
l’altra per le incombenze amministrative e didattiche; e se ciò è
possibile altrove non si vede perché da noi non si possa fare. Se poi
si assomma che il nostro dirigente può disporre pure di un vicario il
quale, nonostante con la stessa nuova finanziaria non dovrebbe
più avere l’esonero o parte di esso, lo aiuta e collabora nelle
funzioni si capisce come il taglio in fondo non sia proprio così
penoso, benché pesante in ogni caso e benché tolga la possibilità
di assegnare la sua cattedra ai docenti supplenti che così perdono
ulteriori possibilità di lavoro. L’altra considerazione invece ristagna
nel timore di chi governa la scuola di fare scelte di innovazione
profonde, come l’elezione diretta del dirigente da parte del collegio e
del personale di ogni istituzione autonoma. Se tale proposta, avanzata
sia dall’Italia dei valori e sia dal Pd, benché all’inizio pare sia
stata della Gilda, venisse adottata significherebbe, non solo un
sostanziale risparmio per le casse dello Stato per implementare i
concorsi e pagare profumatamente i presidi come dirigenti dell’aera
V, ma anche una sicura gestione di ciascuna scuola che mai
rischierebbe vuoti e vacanze di gestione, incarichi o reggenze. Né si
capiscono, per varare una legge in tal senso, le eventuali resistenze
considerato che le Università sono rette con elezioni libere e
democratiche sia del rettore e sia dei responsabili, i presidi, delle
facoltà. Una riforma a costo zero dunque che però potrebbe
restituire alle scuole più partecipazione e democrazia e forse pure più
sicurezza al corpo insegnante e no.
Pasquale
Almirante
p.almirante@aetnanet.org