Nella Stoccolma liberal l’asilo che ha abolito i generi. Niente più bimbi e bimbe ma soltanto “amici”, e storie gay al posto delle favole
Data: Giovedì, 30 giugno 2011 ore 11:15:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
Per prima cosa
si sono dovuti inventare il pronome neutro, che in svedese non esiste:
bando a «hon» e «han» e spazio a un generico «hen». Di lì in poi la
strada non è stata certo in discesa e si presume che di lavoro ce ne
sarà sempre, per la direttrice e gli insegnanti di Egalia, una scuola
materna del liberale distretto di Sodermalm, Stoccolma, che hanno
deciso di affrancare il loro progetto educativo dalle distinzioni di
genere. Niente più «bambini» e «bambine», ma soltanto «amici». Niente
più fiabe classiche dove i maschi stanno da una parte e le femmine
dall’altra - al bando l’affettata Biancaneve e l’ammiccante
Cenerentola, così come i nerboruti sette nani e il virile Principe
Azzurro. Al loro posto la storia di due giraffi maschi che sono ansiosi
di adottare un figlio e ripiegano su un uovo di coccodrillo, con tanto
di scontato lieto fine. All’asilo Egalia - un nome una garanzia -
il reparto mattoncini da costruzione sta accanto alla cucina
giocattolo, per invitare i piccoli a un fertile e continuo scambio di
ruoli (e fin qui, si dirà, niente di nuovo, soprattutto in questi
ultimi tempi in cui la cucina è un’attrazione sempre più fatale per il
sesso forte). Niente barriere mentali. Tutto è fatto, pensato e detto
per eliminare le differenze fra i sessi e contemplare, per contro,
tutta la gamma possibile di appartenenze e ibridazioni: «Egalia dà loro
la fantastica opportunità di essere quello che vogliono» decanta
un’insegnante trentunenne. L’obiettivo, dice Lotta Rajalin, direttrice
dell’asilo, è quello di affrancare i bambini dalle «discriminazioni di
genere» perché «le differenze di genere sono alla base
dell’ineguaglianza». Il mezzo è la creazione di un territorio neutrale
dove ognuno possa sviluppare le proprie potenzialità senza essere in
qualche misura condizionato dall’identità di genere.
Sani propositi, certo, che però non mancano di suscitare politiche
persino nella liberale Svezia, da sempre all’avanguardia nella
promozione dei diritti civili in generale, femminili e gay nello
specifico. Tanto che l’abbattimento delle barriere che i ruoli di
genere comportano è una «core mission» del curriculum educativo di
questo paese - non per niente la sua azienda simbolo ha lanciato di
recente quella seppur castissima campagna pubblicitaria con due uomini
per mano che tanto scalpore ha destato nel nostro paese, ancorato a ben
diversi modelli.
Anche in Svezia, insomma, Egalia suscita qualche perplessità. Anzi, di
più. Tanja Bergkvist, giovane blogger, ha parlato di «pazzia di
genere». Questa abolizione di maschile e femminile in ossequio a un
generico neutro aperto ad ogni (o nessuna?) possibilità, rischia
infatti di trasformarsi rapidamente in un conformismo di ritorno, in un
vicolo cieco di genericamente (nel senso di genere) corretto. La
distinzione fra i generi è qualcosa di atavico, profondo, subliminale:
basti pensare a quanto è radicata nel linguaggio. Eliminarla o
ignorarla rischia di restringere gli orizzonti, invece di allargarli.
«I diversi ruoli di genere non rappresentano un problema sinché sono
valutati in modo equo», scrive ancora Tanja Bergkvist, ed è proprio
questo il punto. Obliterare i ruoli può essere utile per educare i
bambini al rispetto degli altri, per non storcere il naso se il proprio
compagno ha due mamme o due papà invece di un genitore per tipo. Ma
diventa un’ossessione quando presume di poter cancellare l’appartenenza
sessuale in nome di un generico «individuo» che in fondo è un’entità
astratta, così come la «persona». Fra l’altro, uno è maschile, l'altro
femminile...
Per superare i divari e le discriminazioni non si tratta di abolire le
differenze, ma anzi di riconoscerle e trattarle con imparzialità.
Queste sono alcune delle obiezioni mosse al progetto di Egalia anche da
parte di genitori progressisti, e tuttavia convinti che qualcosa stoni
(ma dall’asilo fanno sapere che sino ad ora solo un bambino è stato
ritirato). E in fondo, invece di tribolare su pronomi e possessivi,
invece di mettere sottosopra lefavole di sempre, è la parità - di
diritti e di opportunità che dovrebbe passare come messaggio primario
ai bambini. La consapevolezza che il prossimo non è un generico insieme
di «amici», ma un gruppo variegato di maschi, femmine e tante altre
cose diverse.
di ELENA LOEWENTHAL da La Stampa
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