Giovani, la futura classe dirigente: globale, ottimista e... Obamiana
Data: Sabato, 12 marzo 2011 ore 11:30:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


Globale, ottimista, fiduciosa nei propri mezzi, lontana dalla politica, convinta del declino dell'Italia, lontana dal pacifismo a prescindere (tanto che e' a favore di un intervento miliate in Libia sotto le insegne dell'Onu). E' la futura classe dirigente, mondiale e nazionale. Infatti, oltre 400 giovani tra i 19 e i 29 anni, provenienti da tutto il mondo, hanno partecipato dal 7 all'11 marzo al RomeMUN 2011, la piu' grande simulazione Onu in Italia per studenti universitari e laureati, organizzata dall'Associazione giovani nel mondo nata dentro l'Ifad, svoltasi all'Universita' Luiss Guido Carli e conclusasi oggi alla Fao. Gli studenti universitari iscritti al programma hanno vestito i panni dei delegati e hanno riprodotto l'Assemblea generale dell'Onu: "Empower youth in creating a sustainable future", la loro mission.
In collaborazione con Eurispes Lazio e' stato svolto un sondaggio, che sara' oggetto di un successivo lavoro di approfondimento, e i dati rilevati, seppure non rappresentativi dell'intero universo giovanile, offrono un'interessante visione delle caratteristiche di quella che sara' la futura classe dirigente, italiana e non solo. Una generazione globale che ha in Obama il suo leader, che guarda con ottimismo al futuro, connessa e mobile. Obama e' il leader internazionale piu' rappresentativo per il 50% del campione, seguito a buona distanza da Merkel (21%), Zapatero (13%), Sonia Gandhi (6%) - sotto il 5% tutti gli altri, compresi i centralissimi in Europa Sarkozy e Cameron e la brasiliana Rousseff.
Quanto all'Italia, la percezione generale e' di grande difficolta': l'immagine del Paese e' oggi negativa per l'84% di chi ha risposto ed e' peggiorata negli ultimi 5 anni per il 74%.
Una generazione questa che, se vista da un punto di vista di dinamiche elettorali, fa fatica a sentirsi rappresentata: il 47% in passato ha votato convinto della propria scelta, il 48% ha votato il meno peggio o ha preferito non votare/votare scheda bianca.
Un'incertezza nel rapporto con la politica che si conferma se si guarda a come ci si immagina di fronte alle prossime scelte di voto: il 29% sa gia' per chi votera', il 54 % e' convinto di votare, ma non sa per chi, il 12% e' incerto se votera' o no, il 5% non votera' di sicuro.
Emerge, pero', nonostante incertezza e poca fiducia nella politica, il dato di una generazione ottimista e convinta dei propri mezzi: il 53% pensa che il proprio futuro riserva opportunita' migliori di quelle avute dai propri genitori. Una fiducia determinata dalla convinzione (per il 60% dei giovani) di poter trovare un lavoro soddisfacente dopo gli studi, entro i prossimi 5 anni (il 12% appena che si vede in cerca di lavoro e 28% che pronostica lavori a tempo, valutando pero' positivamente una condizione di lavoro flessibile). Una generazione mobile, con l'83% che si immagina di spostarsi verso citta' diverse da quella di nascita o all'estero, privilegiando pero' la voglia di cambiamento piu' che la necessita' di doversi trasferire.
Una generazione connessa e informata (ma bisogna ricordare che si tratta di un campione di studenti universitari): il 42% usa ancora la tv come fonte di informazione, il 34% la stampa, solo il 10% la radio e il 75% si informa su internet, tra siti, blog e social network.
Una generazione, infine, attenta a quello che succede nel mondo e libera da preconcetti ideologici. Globalizzazione (42%), accesso ai social network (22%), sostegno dell'opinione pubblica mondiale e pressioni istituzionali (rispettivamente 26 e 25%) sono le principali ragioni indicate come cause del successo delle proteste in Tunisia e Egitto. Si dissolve, poi, il pacifismo senza se e senza ma, con una netta maggioranza convinta della necessita' di un intervento militare in Libia, meglio sotto egida Onu (per il 44%), ma comunque necessario, anche solo da parte della Nato (per il 21%), con solo il 35% contrario ad ogni azione di forza. Una generazione, da ultimo, consapevole della complessita' della situazione: se per il 23% i risultati della protesta sono immaginati nell'approdo a una forma di democrazia occidentale, ben il 54% crede che la democrazia crescera', ma secondo forme e modelli non assimilabili a quelli che conosciamo.





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