Globale, ottimista, fiduciosa nei propri mezzi, lontana dalla politica,
convinta del declino dell'Italia, lontana dal pacifismo a prescindere
(tanto che e' a favore di un intervento miliate in Libia sotto le
insegne dell'Onu). E' la futura classe dirigente, mondiale e nazionale.
Infatti, oltre 400 giovani tra i 19 e i 29 anni, provenienti da tutto
il mondo, hanno partecipato dal 7 all'11 marzo al RomeMUN 2011, la piu'
grande simulazione Onu in Italia per studenti universitari e laureati,
organizzata dall'Associazione giovani nel mondo nata dentro l'Ifad,
svoltasi all'Universita' Luiss Guido Carli e conclusasi oggi alla Fao.
Gli studenti universitari iscritti al programma hanno vestito i panni
dei delegati e hanno riprodotto l'Assemblea generale dell'Onu: "Empower
youth in creating a sustainable future", la loro mission.
In collaborazione con Eurispes Lazio e' stato svolto un sondaggio, che
sara' oggetto di un successivo lavoro di approfondimento, e i dati
rilevati, seppure non rappresentativi dell'intero universo giovanile,
offrono un'interessante visione delle caratteristiche di quella che
sara' la futura classe dirigente, italiana e non solo. Una generazione
globale che ha in Obama il suo leader, che guarda con ottimismo al
futuro, connessa e mobile. Obama e' il leader internazionale piu'
rappresentativo per il 50% del campione, seguito a buona distanza da
Merkel (21%), Zapatero (13%), Sonia Gandhi (6%) - sotto il 5% tutti gli
altri, compresi i centralissimi in Europa Sarkozy e Cameron e la
brasiliana Rousseff.
Quanto all'Italia, la percezione generale e' di grande difficolta':
l'immagine del Paese e' oggi negativa per l'84% di chi ha risposto ed
e' peggiorata negli ultimi 5 anni per il 74%.
Una generazione questa che, se vista da un punto di vista di dinamiche
elettorali, fa fatica a sentirsi rappresentata: il 47% in passato ha
votato convinto della propria scelta, il 48% ha votato il meno peggio o
ha preferito non votare/votare scheda bianca.
Un'incertezza nel rapporto con la politica che si conferma se si guarda
a come ci si immagina di fronte alle prossime scelte di voto: il 29% sa
gia' per chi votera', il 54 % e' convinto di votare, ma non sa per chi,
il 12% e' incerto se votera' o no, il 5% non votera' di sicuro.
Emerge, pero', nonostante incertezza e poca fiducia nella politica, il
dato di una generazione ottimista e convinta dei propri mezzi: il 53%
pensa che il proprio futuro riserva opportunita' migliori di quelle
avute dai propri genitori. Una fiducia determinata dalla convinzione
(per il 60% dei giovani) di poter trovare un lavoro soddisfacente dopo
gli studi, entro i prossimi 5 anni (il 12% appena che si vede in cerca
di lavoro e 28% che pronostica lavori a tempo, valutando pero'
positivamente una condizione di lavoro flessibile). Una generazione
mobile, con l'83% che si immagina di spostarsi verso citta' diverse da
quella di nascita o all'estero, privilegiando pero' la voglia di
cambiamento piu' che la necessita' di doversi trasferire.
Una generazione connessa e informata (ma bisogna ricordare che si
tratta di un campione di studenti universitari): il 42% usa ancora la
tv come fonte di informazione, il 34% la stampa, solo il 10% la radio e
il 75% si informa su internet, tra siti, blog e social network.
Una generazione, infine, attenta a quello che succede nel mondo e
libera da preconcetti ideologici. Globalizzazione (42%), accesso ai
social network (22%), sostegno dell'opinione pubblica mondiale e
pressioni istituzionali (rispettivamente 26 e 25%) sono le principali
ragioni indicate come cause del successo delle proteste in Tunisia e
Egitto. Si dissolve, poi, il pacifismo senza se e senza ma, con una
netta maggioranza convinta della necessita' di un intervento militare
in Libia, meglio sotto egida Onu (per il 44%), ma comunque necessario,
anche solo da parte della Nato (per il 21%), con solo il 35% contrario
ad ogni azione di forza. Una generazione, da ultimo, consapevole della
complessita' della situazione: se per il 23% i risultati della protesta
sono immaginati nell'approdo a una forma di democrazia occidentale, ben
il 54% crede che la democrazia crescera', ma secondo forme e modelli
non assimilabili a quelli che conosciamo.