Chi mischia sindacato e politica?
Data: Lunedì, 07 febbraio 2011 ore 07:36:35 CET
Argomento: Sindacati


L’accordo del 4 febbraio rappresenta uno scambio politico per sostenere il governo in difficoltà” è lo sferzante giudizio di Susanna Camusso, leader della CGIL.
“Non si possono mischiare sindacato e politica come fa la Cgil” dichiara indignato Bonanni , segretario della CISL.
Volano schiaffi e stampelle tra la CGIL da una parte e i sindacati firmatari dell’ennesimo accordo separato dall’altra.
Il 4 febbraio 2011 è stata firmata un’Intesa per la regolazione del regime transitorio conseguente al blocco dei contratti collettivi nazionali. La Cgil voleva metterci dentro anche la questione del precariato, le elezioni delle RSU nel P.I. e altro ancora. Letta così, l’Intesa mette qualche pezza alle politiche contraddittorie del governo d’intervento sul P.I.
Prima nel 2009 i nuovi modelli contrattuali, poi il decreto Brunetta , poi nel 2010 il blocco dei contratti e delle anzianità e su tutti i tagli ai trasferimenti e agli organici nelle amministrazioni pubbliche, a cominciare dalla scuola.
Tremonti bloccando nel 2010 i contratti, aveva di fatto stoppato la riforma Brunetta. Bisognava uscire dall’angolo in cui il governo si era cacciato, non senza qualche rischio per le retribuzioni dei pubblici. Merito e premi previsti dall’art.19 del dlgs. 150/09 non dovevano comportare alcun arretramento salariale.
Le tre fasce 25-50-25, in assenza di rinnovi contrattuali, sarebbero state possibili solo in presenza di risorse aggiuntive, quello che viene definito “dividendo d’efficienza” o produttività.
Quanto si riconosce, in assenza di risorse, è un contentino minimo che fa cantare vittoria ai firmatari e fa insorgere la parte sindacale contraria.
Certo la tutela dei salari e degli stipendi nel P.I. resta congelata al 31 dicembre del 2010. Non diminuiscono ma neanche crescono nel triennio. La contropartita è che la riforma Brunetta su premialità e merito slitta anch’essa in attesa di tempi migliori e soprattutto di risorse, credendo poco ad aumenti di produttività significativi nelle condizioni in cui versa tutta la P.A.
Ma chi mischia la politica col sindacato in Italia?
Non c’è da stupirsi che nella situazione politica attuale, arrivata oramai a un punto grave di rottura, di non ritorno, di strappi istituzionali, nel pieno di una pericolosa deriva autoritaria, nessuno può tirarsi più fuori e men che meno un sindacato confederale, chiunque esso sia. Un accordo firmato con un governo in affanno o comunque in difficoltà per le sue politiche e non solo, è oggettivamente una stampella politica offerta dai sindacati firmatari.
Come il rifiuto alla firma a questo accordo come ad altri accordi con questo governo è oggettivamente un gesto politico che l’accomuna all’opposizione politica. Mischiare la politica col sindacato è in un Paese normale un’anomalia. Ma da un po’ di tempo l’Italia non è più un Paese normale, con istituzioni pericolosamente traballanti, dove anche la stessa divisione dei poteri è rimessa in discussione, l’anomalia dei sindacati costretti a far politica e a schierarsi, forse è il male minore.
La vera anomalia sappiamo tutti che è altrove e chi la rappresenta.
E a questa anomalia, oggi, c’è chi va in soccorso e chi si oppone    (da ScuolaOggi di Pippo Frisone)

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