Camusso (Cgil) a Catania: il futuro è dei giovani - La città può riscattarsi
Data: Sabato, 15 gennaio 2011 ore 13:20:31 CET
Argomento: Sindacati


Primo bagno di folla catanese per il segretario generale CGIL, Susanna Camusso, che venerdi 14 gennaio, ha incontrato allo Sheraton di Catania i lavoratori e i dirigenti sindacali del capoluogo etneo. “Il futuro è dei giovani – Catania può riscattarsi” questo il refrain proposto per la giornata di riflessione e di confronto.
Dopo l’introduzione del segretario generale CGIL di Catania, Angelo Villari, gli interventi dei numerosi segretari di categoria CGIL si sono alternati ai contributi degli ospiti che hanno voluto essere presenti all’appuntamento, come la senatrice Anna Finocchiaro che ha ricordato il momento delicato che la Fiom, insieme agli operai della Fiat sta vivendo in queste ore, per il referendum che “segnerà, a prescindere dal risultato, un punto di rottura, dopo il quale nulla sarà più come prima”, e il sindaco di Catania, Raffaele Stancanelli. Consistente la presenza degli studenti, tra cui l’UDU (Unione degli Universitari) a cui sono stati dati ampi spazi d’intervento e un accenno di contestazione al sindaco Stancanelli da parte del Movimento Studentesco Catanese i cui rappresentanti hanno chiesto con passione al segretario Camusso lo sciopero generale.
“Siamo nelle piazze insieme agli studenti da mesi – ha risposto nel suo intervento Susanna Camusso – e certo non li lasceremo soli in questo difficile momento che il mondo della conoscenza, la scuola, l’università, la ricerca, sta attraversando. Non ci siamo mai tirati indietro quando c’era da scioperare ma lo sciopero è uno strumento da usare con estremo rispetto nei confronti dei lavoratori e non lo si può svilire tirandolo in ballo su ogni questione. Ma ai ragazzi che protestano dico anche che non si può prescindere dalla legalità e dal rispetto delle regole. Non c’è giustizia sociale né democrazia senza legalità, è la premessa imprensindibile per avere giustizia per ognuno”. Poi il segretario prosegue sulla cultura e sulla conoscenza riprendendo i temi forti anticipati dal segretario generale FLC Catania, Antonella Distefano: “Con i tagli alla cultura e alla conoscenza si nega ai giovani il futuro perché l’istruzione è un bene fondamentale della società, è il perno su cui si decide la qualità di un Paese. Un Paese che taglia la cultura taglia la democrazia e la libertà”. Noi non ci limitiamo a dire che la scuola deve essere pubblica, la vogliamo, oltre che pubblica, nazionale e laica. Senza una scuola pubblica adeguata a fornire pari opportunità, il futuro sarà sempre più incerto e scuro per i giovani”.
Anche Distefano, nel suo intervento aveva dichiarato: “La gravità della condizione sociale della nostra Regione, che si manifesta in modo particolare a Catania, per le sue complessità di area metropolitana, vive il disagio sociale delle crescenti povertà, aggravato dalla sempre più evidente dequalificazione dell’istruzione, col conseguente blocco di quella mobilità sociale che ha caratterizzato la nostra generazione, migliorando le condizioni di vita dei nostri genitori. La scuola è diventata un’emergenza sociale in Sicilia. Il massacro dei settori della conoscenza è sotto gli occhi di tutti. Le misure adottate dal Governo sull’istruzione, oltre a provocare un dramma occupazionale con migliaia di precari che hanno perso il posto di lavoro dopo anni e anni di lavoro, stanno già determinando un aumento delle disuguaglianze tra le diverse aree attraverso una riduzione del tempo trascorso a scuola dagli studenti siciliani, più che al nord del Paese, e con una rete di Enti locali che non forniscono i servizi essenziali alla scuola: dall’assistenza specialistica per i disabili, alle mense, ai trasporti, all’edilizia scolastica. La vertenza della scuola pubblica che la FLC ha avviato su territorio nazionale è per certi versi “la madre di tutte le vertenze” perché l’istruzione e il sapere costruiscono la convivenza democratica, la comunità sociale e lo sviluppo economico del Paese.  E naturalmente il pensiero va necessariamente ai tanti giovani, ai tanti studenti, ai tanti precari, che in questi mesi hanno protestato, con noi e autonomamente, come i giovani sanno fare, con tutta la passione propria dell’età, ma anche con una consapevolezza forte che viene dall’angoscia di non vedere più tracciato il proprio futuro su binari sicuri e sulle strade percorse, più o meno agevolmente, dalle generazioni che li hanno preceduti”.
Il Segretario Camusso ha continuato il suo discorso ricordando gli operai della Fiat che stanno decidendo in queste ore del futuro del proprio lavoro: “Noi non siamo un’organizzazione conservatrice, ma non sempre la modernità è progresso. Se il contratto Fiat è moderno allora la CGIL preferisce l’antichità dei nostri padri e delle nostre radici. Noi rispetteremo la scelta che i lavoratori faranno nel referendum indetto dalla Fiat perché è una scelta sofferta e drammatica, gli resteremo accanto e li aiuteremo qualsiasi sia la loro decisione, ma non possiamo non condannare un Governo che si mette alla finestra e patteggia per un’azienda senza nemmeno conoscere il piano industriale che il suo amministratore delegato ha in mente. Stanno e vogliono trasformare lo statuto dei lavoratori in statuto del lavoro. Ma tra le due definizioni c’è una bella differenza perché la seconda prescinde dalle persone e dalle problematiche per cui lo statuto è nato.
Nel nostro Paese più di 180 miliardi di euro finiscono in corruzione, in evasione fiscale, alla criminalità organizzata. – continua Camusso - Basterebbe che si attuasse una seria politica di lotta all’evasione per ridurre le disuguaglianze. Risanare costa molto più che prevenire e ridurre le disuguaglianze costa meno che garantire assistenzialismo. Non accettiamo le separazioni che questo Governo ci propone, lavoratori contro lavoratori, italiani contro migranti, sindacati contro sindacati. Anzi, una delle grandi sfide che la CGIL deve darsi è quella di ricostruire l’unità dei lavoratori. Mai come in questo momento storico il fronte sindacale è stato più frantumato. Ma l’isolamento in cui hanno messo la CGIL non fa bene neanche agli altri sindacati, perché oggi tocca a noi domani potrebbe toccare a loro. A CISL e UIL diciamo che dobbiamo ridare ai lavoratori la loro unità, difendere il bene comune dei lavoratori che ci unisce alle altre sindacali e poi dargli la possibilità di scegliere a quale sigla appartenere. Se si accetta la logica dell’esclusione si balcanizza il Paese e noi pensiamo che il pluralismo e la diversità sia la straordinaria ricchezza di questo Paese. E noi CGIL vogliamo bene a questo Paese".






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