Le responsabilità dei dipendenti della P.A. (d.gls 165 e legge 15/01) a carico sopratutto del dirigente
Data: Venerdì, 05 novembre 2010 ore 07:19:13 CET
Argomento: Redazione


Nell’ambito delle responsabilità disciplinate dal d.lgs 165/01 nonché dalla legge 15/09 si evidenziano cinque  tipologie di comportamenti  sanzionabili per la  specifica rilevanza giuridica che rivestono. Tali responsabilità, senza distinzione alcuna rispetto al ruolo che chi le commette rivesta ( cioè non importa se sia un docente, personale ATA , dirigente amministrativo o dirigente scolastico…) concernono la sfera dei reati civili, penali, amministrativo contabili, contrattuali e dirigenziale ,questi ultimi in modo specifico per i dirigenti.
Il d.lgs 165 e la precedente privatizzazione del pubblico impiego hanno introdotto soprattutto notevoli novità riguardo il piano delle responsabilità contrattuali del dirigente; in quanto individuato come datore di lavoro, in caso di violazioni contrattuali, nonché di norme imperative, di leggi, dell’ordine pubblico e in generale se incorre in tutte quei vizi negoziali, inerenti alle norme pattizie e contrattuali  esso risponde nei termini di lesioni di diritti soggettivi più che degli interessi legittimi (D’ANTONA, Contratto collettivo, sindacati e processo del lavoro dopo la seconda privatizzazione del pubblico impiego (osservazioni sui d.lg. n. 396 del 1997, n. 80 del 1998 e n. 387 del 1998).Ricordiamo per inciso , e in modo molto semplificato,  che un diritto soggettivo è quella pretesa di godere, anche nei confronti di terzi, di un bene, di un diritto laddove per interesse legittimo s’intende la pretesa di usare il potere discrezionale delle P.A di competenza, ad esempio, per ottenere una licenza o un condono.
In virtù del carattere privatistico del contratto delle P.A, quindi, la sua violazione  non è più soggetta al procedimento amministrativo bensì al carattere sanzionatorio tra datore di lavoro e  dipendente conseguente all’infrazione   della specificità sinallagmatica del contratto di lavoro. Pur rimanendo  intatto il criterio della proporzionalità della sanzione riguardo al fatto contestato come  nell’art.2106 c.c.., richiamato dall’art.55, comma 2 del D.lgs. n. 165 del 2001.
Va da sé che  anche la responsabilità dirigenziale nell’attribuire sanzioni  se è vero che è obbligatoria e non può essere omessa ( cosa che invece può succedere nel rapporto privato di lavoro) quando si tratta di violazioni  evidenti e  di rilevanza civile e penale  deve essere calibrata ope legis su situazioni di fatto lesive delle norme pattizie, d’ordine pubblico, delle leggi. Perché, in caso contrario, o di fronte a presunti illeciti non meglio specificati dalla legge, reificati, oggettivi e dimostrabili, il dirigente, come datore di lavoro, risponde in termini risarcitori nonché penali.
La responsabilità civile, invece, ha carattere soprattutto extracontrattuale, di colpa aquiliana quando si produce un danno a terzi per negligenza ( ad esempio , la culpa in vigilando). La responsabilità civile, infatti, a meno che non ci sia un dolo,  ha soprattutto un carattere risarcitorio e  può non coincidere con la responsabilità penale , così come le responsabilità amministrative.
Queste ultime, ad esempio, riguardo omissione di precisi atti e doveri amministrativi ,ad esempio del DSGA, si configurano quali illeciti contabili , ad esempio danno patrimoniale per mancata ricostruzione di carriera oppure danno per mancata erogazione di una spettanza dovuta, ma possono avere anche risvolti penali; uno dei tanti esempi in tal senso, che si potrebbe fare è quello del caso di corruzione ai sensi dell’art.319 cod. pen. per avvantaggiare economicamente qualcuno nel caso di una collaborazione esterna all’amministrazione. Oppure la responsabilità penale che investe non in caso di collusione ma di reiterata inerzia in illeciti contabili ed atti  amministrativi dovuti. In tutti questi casi il reato civile ( danno a terzi  ai sensi dell’art. 2043 c.c.)  amministrativo( danno all’erario) e quello penale (art.319) si sovrappongono.
La costante giurisprudenza si è pronunciata più volte riguardo alla conseguente devoluzione al giudice ordinario del lavoro le controversie che riguardano i provvedimenti sanzionatori, che investono la specifica dimensione dei diritti soggettivi tra dipendente e datore di lavoro, inerenti al contratto di lavoro, fermo restando che  le controversie che  invece scaturiscono da presunte violazioni di interessi legittimi, nonché da atti amministrativi, extracontrattuali, rimangono di  competenza del tribunale amministrativo.

Tecla Squillaci
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