Arre (Associazione per il rispetto di tutte le religioni e la convivenza pacifica delle etnie culturali): abolire la lettura Dante
Data: Lunedì, 22 febbraio 2010 ore 07:52:52 CET
Argomento: Rassegna stampa


L'associazione per il rispetto di tutte le religioni ritiene, fra le altre cose, che il testo di Dante "contiene la prima teorizzazione dell’antisemitismo fascista, offende la religione cristiana, è omofoba, svilisce l’importanza di talune città, ecc
Il testo della petizione inviata alla ministra Gelmini:
Ill.mo Signor Ministro,
un numero crescente di cittadini italiani di religione islamica, insieme all’Associazione tosco-emiliana per la difesa delle tradizioni cittadine e alla Federazione GGR (Gruppi Gay Riuniti) chiede di espungere la ‘Divina Commedia

Redazione
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L’ARRE – Associazione per il rispetto di tutte le religioni e la convivenza pacifica delle etnie culturali – presieduta dal Prof. Franco Romano – Presidente onorario Sergio Cardini – dopo attenta e meditata valutazione e, in seguito alle sollecitazioni pervenute da ogni parte d’Italia, ha deciso di inoltrare al Ministro della P.I, Maria Stella Gelmini, la seguente petizione.
Ill.mo Signor Ministro,
un numero crescente di cittadini italiani di religione islamica, insieme all’Associazione tosco-emiliana per la difesa delle tradizioni cittadine e alla Federazione GGR (Gruppi Gay Riuniti) chiede di espungere la ‘Divina Commedia’ – un poema, oltretutto, scritto in una lingua non più comprensibile dalle nuove generazioni – dai programmi d’insegnamento di ogni ordine di scuole. Quello che si ritiene, a torto, il capolavoro della letteratura italiana, infatti, contiene centinaia, se non migliaia, di versi che violano ogni political correctness, offendono gravemente non poche minoranze di cittadini, legittimano pesanti discriminazioni nei confronti dei diversi, rappresentano una intollerabile violazione dei ‘diritti soggettivi’ vanificati dal mancato rispetto della dignità delle persone. La ‘Divina Commedia’
- offende le religioni non cristiane. V. il Canto XXVIII dell’Inferno: «Mentre che tutto in lui veder m’attacco,/guardommi, e con le man s’aperse il petto,/dicendo: ‘Or vedi com’io mi dilacco!/vedi come storpiato è Maometto!/Dinanzi a me sen va piangendo Alì, fesso nel volto dal mento al ciuffetto» dove all’empio dileggio nei confronti del Profeta  dell’Islam si unisce lo scherno;
- contiene la prima teorizzazione di quel becero antisemitismo che ispirò, nel 1938, le famigerate leggi razziali di Mussolini. V. il Canto V del Paradiso, non a caso abbondantemente citato dalla fascista ‘Difesa della Razza’: «Se mala cupidigia altro vi grida,/uomini siate, e non pecore matte,/sì che 'l Giudeo di voi tra voi non rida!»;
- offende la stessa religione cristiana con espressioni violente che farebbero arrossire gli stessi atei razionalisti, da Piergiorgio Odifreddi a Margherita Hack. V. il Canto XIX dell’Inferno: «la vostra avarizia il mondo attrista,/calcando i buoni e sollevando i pravi/Di voi pastor s’accorse il Vangelista,/quando colei che siede sopra l’acque/ puttaneggiar coi regi a lui fu vista/ quella che con le sette teste nacque,/e da le diece corna ebbe argomento,/fin che virtute al suo marito piacque»;
- legittima le concezioni più retrive, avanzate nei secoli dalla medicina ufficiale nonché dalla filosofia e dalle teologia morale, sull’anormalità di determinate pratiche sessuali. E, quel ch’è peggio, sembra attribuire tali pratiche soprattutto alla ‘repubblica dei dotti’, rafforzando, in tal modo, un antico pregiudizio antintellettualistico e plebeo. V.,a riprova, il Canto XV dell’Inferno: «In somma sappi che tutti fur cherci/e litterati grandi e di gran fama, /d'un peccato medesmo al mondo lerci»;
- getta ogni sorta di discredito morale su antiche e nobili città. Ricordiamo solo quel che vien detto di Firenze («ingrato popolo maligno/che discese di Fiesole ab antico»), nel Canto XV dell’Inferno; di Pisa («Ahi Pisa, vituperio de le genti/del bel paese là dove 'l sì suona,/poi che i vicini a te punir son lenti,/muovasi la Capraia e la Gorgona,/e faccian siepe ad Arno in su la foce,/sì ch'elli annieghi in te ogni persona!») nel Canto XXXIII, oggi in mano alla Procura di Milano per accertare se la declamazione di tali versi in pubblico – scuole o piazze – possa configurare il reato di istigazione a delinquere, aggravato dallo stragismo; di Bologna («Del nostro ponte disse: «O Malebranche,/ecco un de li anzïan di Santa Zita!/ Mettetel sotto, ch'i' torno per anche/a quella terra, che n'è ben fornita:/ogn' uom v'è barattier, fuor che Bonturo;/del no, per li denar, vi si fa ita») nel Canto XXI, in cui si getta fango a piene mani   su una delle città più prestigiose della penisola, una città sede della più antica Università italiana e che ha   dato alla patria giuristi, letterati, scienziati di altissima cifra intellettuale.
 Alcune associazioni hanno denunciato all’ARRE altri aspetti della ‘Divina Commedia’ che, tuttavia, non si possono prendere in considerazione, ispirandosi la nostra Associazione alla più ampia e rispettosa tolleranza di tutte le opinioni, di tutte le filosofie, di tutte le fedi. Citiamo solo due ‘capi di accusa’ che  si è ritenuto di dover respingere:
- l’antiscientismo di Dante, consegnato ai versi del Canto III del Purgatorio: «State contenti, umana gente, al quia;/ché, se potuto aveste veder tutto,/mestier non era parturir Maria;/e disïar vedeste sanza frutto/tai che sarebbe lor disio quetato,/ch'etternalmente è dato lor per lutto:/io dico d'Aristotile e di Plato/e di molt' altri»; e qui chinò la fronte,/e più non disse, e rimase turbato». Sembra evidente al Comitato scientifico dell’ARRE che non può essere imposto nell’insegnamento pubblico il culto dei ‘lumi’, della scienza e il correlato rifiuto di qualsiasi dogma religioso;
- l’antimodernismo, espresso in più luoghi ma, in particolare, nel Canto XV del Paradiso, dove il poeta sfoga il suo passatismo di ‘laudator temporis acti’ dando la parola all’antenato Cacciaguida:<  Fiorenza dentro da la cerchia antica,/ond' ella toglie ancora e terza e nona,/si stava in pace, sobria e pudica./Non avea catenella, non corona,/non gonne contigiate, non cintura/che fosse a veder più che la persona./Non faceva, nascendo, ancor paura/la figlia al padre, ché 'l tempo e la dote/non fuggien quinci e quindi la misura./Non avea case di famiglia vòte;/non v'era giunto ancor Sardanapalo/a mostrar ciò che 'n camera si puote>. E’ vero che in questo Canto trapelano i soliti pregiudizi sessisti e antifemministi  di Dante (le donne a casa, a far la calza!), nonché le sue ossessioni relative alle ‘sregolatezze sessuali’, ma va anche considerato che la critica del lusso, dei consumi superflui, dell’eccessiva libertà data a mogli e figlie non può venire messa fuori legge..
Abbiamo voluto ricordare queste ultime due riserve – trasmesse all’Associazione ‘Giordano Bruno’, all’Istituto Bruno Leoni, al Gruppo Amici di Margherita Hack, che ci avevano inoltrato analoga richiesta di depennare l’opera dantesca dai programmi scolastici – a riprova della nostra imparzialità e dell’assenza di qualsiasi pregiudizio nei confronti del presunto ‘divin poeta’.
I punti discutibili  e pericolosi della ‘Divina Commedia’ da noi messi in evidenza, invece, sono talmente gravi da indurci non solo a far pervenire alla S.V. la nostra istanza di cancellarla dall’insegnamento, medio, liceale e universitario, ma a fondare il Movimento antidantesco, con sezioni in ogni provincia della penisola, allo scopo di sensibilizzare il paese a un problema che ormai si protrae da troppo tempo.
 Certi dell’attenzione per le nostre buone ragioni, inviamo i nostri più deferenti saluti

Per il Presidente dell’ARRE
Il Segretario organizzativo
Dino Cofrancesco








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