QUANDO I PRESIDI ABUSANO DEL LORO POTERE
Abbiamo parlato di tutti, ma proprio di tutti. Ma di loro ancora no. Forse perché sono i capi, i capitani. E a parlare dei capitani, quasi quasi si ha sempre un po’ di paura, una sorta di timore reverenziale. Ma adesso, in base agli ultimi recenti racconti di colleghi dislocati qua e là per le scuole della provincia, urge tracciare un quadretto anche degli amati odiati dirigenti scolastici.
Dunque eccoli lì i presidi. Ce ne sono, è vero, di ottimi. Ma sono pochi, come la rara avis di latina memoria. Colti, ben educati, sempre civili nel loro modo di fare, equilibrati e dotati di buon senso, forti e delicati al tempo stesso. Un ritratto forse un po’ ideale, ma qualcuno che ci si avvicina c’è pure. Magari riceveremo una mail in cui gli insegnanti ci indicano nome e cognome.
Poi ci sono quelli insopportabili. Arroganti, meschini, ubriachi del loro potere. Li inebria a tal punto che vessano tutto e tutti. Ti tolgono il giorno libero che hai da tanti anni, ma non per darlo agli altri colleghi: semplicemente per il piacere di togliertelo, poi magari lo riservano al supplente appena arrivato e compiono così il loro sadico proposito. O magari ti dicono di sceglierlo, questo benedetto giorno libero, e tu tutto felice lo indichi col cuore in gola: poi i veterani ti annunciano che è solo un bluff, quello che hai indicato il capo non te lo darà mai.
E costui origlia bel bello dietro la porta delle classi, per vedere se fai bene il tuo dovere; o d’improvviso spalanca la porta nel bel mezzo della lezione, così, senza bussare e senza salutare, perché loro sono i capi e possono fare tutto quello che vogliono. E tu chi sei? Un semplice insegnante da quattro soldi. E tu che vuoi?
E se arrivi in ritardo perché fai cento chilometri al giorno, e per strada c’è stato un incidente, nessuna giustificazione: ti grida contro che sono solo chiacchiere, che a scuola si arriva puntuale, così la prossima volta parti alle cinque di mattina…
Poi ti costringe a un bel corso d’aggiornamento a cui non sei tenuto a partecipare, perché te lo dice lui, ed è così, senza remissione e in barba a qualunque normativa. E in qualunque discussione ne sa sempre più di te: perché lui è il preside e tu mica hai studiato. No, hai zappato.
E infine brilla per sensibilità. Se ti squilla il telefono, e tu con aria preoccupata rispondi che tua madre è in sala operatoria, e hai poca voglia di scherzare, lui con un sorriso sardonico dice che ha suo zio al cimitero…
Ma non tutti i presidi, fortunatamente, sono così. La maggior parte sono persone come tante, brave persone che hanno l’intera responsabilità di una scuola grande, una macchina complessa da gestire e mandare avanti. Anche con la nostra collaborazione. In fondo che cosa ci vuole per stare bene? Semplicemente un passo lui, un passo noi…
SILVANA LA PORTA