IL DIRETTORE REGIONALE DELLE SCUOLE:«Le famiglie cambino approccio» - «Sbagliato delegare tutto agli insegnanti»
PALERMO. La provocazione è arrivata da
Firenze. Ed è una provocazione forte, come
forte è l’allarme per la diffusione
delle droghe tra i minori (giusto ieri, a
Palermo, dieci minorenni sono stati segnalati
alla prefettura, nell’ambito di
un’operazione antidroga dei carabinieri,
per uso di sostanze stupefacenti). «Si potrebbe
– ha dichiarato il ministro dell’Interno
Giuliano Amato – impiegare l’antidoping
all’uscita dalle discoteche e a
scuola, ad esempio dopo le interrogazioni.
Bisogna pensare anche a cose del genere.
Può apparire una cosa un po’ idiota,
ma vale la pena di essere valutata e
magari sostituita da altre. Ho spiegato
questa mia idea ad un insegnante e mi
ha detto: "Ma sei matto, di sicuro arriverebbero
i genitori a fare un occhio nero al
preside o al professore..."».
Una provocazione, appunto. Colta al
volo dal direttore generale dell’Ufficio
scolastico regionale Guido Di Stefano.
«A me – spiega – sembra che la "provocazione"
del ministro Amato sia un invito
a riflettere e a trovare soluzioni. E
questa è una cosa che si deve fare al più
presto, perché il problema sta diventando
sempre più grave. Una recente ricerca
ha evidenziato che il 50 per cento dei
ragazzi delle scuole consuma, saltuariamente,
spinelli. Forse il dato è eccessivo,
ma è sintomatico della diffusione del
fenomeno. Sinora si sono usati solo il
dialogo, le conversazioni con psicologi.
Ma qualcosa continua a non funzionare,
e quello che non funziona è la famiglia,
che spesso si limita a difendere il figlio
senza nemmeno conoscerlo. I genitori
tendono a non credere, a dire subito che
no, il figlio non può essere responsabile.
E questo approccio è sbagliato. La famiglia,
ormai, ha delegato anche la funzione
educativa alla scuola, ma la scuola, se
la famiglia non svolge a sua volta la funzione
educativa, non può far nulla, le
due istituzioni devono procedere di pari
passo, non l’una contro l’altra».
Ma controlli capillari nelle scuole o
nelle discoteche servirebbero davvero?
«A mio giudizio – continua Di Stefano –
non sono realizzabili, le forze dell’ordine
dovrebbero occuparsi solo di questo. Ma
qualche controllo ogni tanto sì, ci vuole.
Eppure, ogni volta che qualche preside
allarmato chiede verifiche a scuola con i
cani antidroga scoppia il putiferio. C’è
poi – aggiunge Di Stefano – un’altra questione
da sottolineare: i giovani hanno
bisogno di chiarezza, e la società deve
mandare messaggi chiari e univoci. Se
passa il messaggio che ci sono droghe
"buone" e droghe cattive, come pretendiamo
che i nostri figli possano difendersi?
La provocazione del ministro deve
costringere i genitori a interrogarsi. E ad
ascoltare i figli un po’ di più».
MARIATERESA CONTI (da www.lasicilia.it)
GLI INSEGNANTI: Ma la scuola
non è come
uno stadio
Una nuova polemica nelle acque già abbastanza
agitate della scuola italiana?
Per fortuna no. Tutti i responsabili del
settore sono concordi. La proposta choc del
ministro Amato "Facciamo i controlli antidoping
a scuola" non serve, e anche se qualche
esile risultato si potesse raccogliere, sarebbe
ben poca cosa nei confronti di quel che va fatto.
Non si tratta di cogliere in fallo lo studente
che si buca, ma di evitare che lo faccia e questo
si ottiene non con la politica delle analisi a
valle, ma con quella della illustrazione dei pericoli
della droga a monte. A scuola (e dove se
no?) bisogna spiegare, indicare i rischi, dialogare
con le famiglie in vista di una azione comune.
Abbiamo condotto una analisi a campione
tra gli operatori scolastici di Catania e senza eccezione
abbiamo trovato la stessa risposta, con
leggere varianti nelle motivazioni. Ne forniamo
qualche esempio: Romana Romano, (dirigente
dell’Istituto Archimede di Catania): "Il fenomeno
della droga è diffuso, ma a scuola deve
prevalere il dialogo educativo e non la verifica,
più o meno fiscale delle sue manifestazioni";
Alfio Pennisi (dirigente del polivalente di San
Giovanni La Punta): "Creare dei controlli potrebbe
servire come deterrente, ma dobbiamo
soprattutto pensare a fornire stimoli positivi ai
nostri ragazzi. I controlli nelle scuole sono stati
fatti anche nel passato, anche con le unità cinofile,
ma senza una vera azione educativa
non si ottengono grandi risultati, solo si mette
in moto una specie di gioco a nascondino
che di per sé è diseducativo".
Dialogo, educazione: sono questi i termini
sacrosanti usati da tutti gli interpellati. E hanno
ragione ad essere scettici nei confronti di
una proposta di ulteriori rastrellamenti nelle
aule scolastiche che non dovrebbero essere
bunker chiusi, ma palestra aperta agli incontri
umani.
Ma la proposta del ministro Amato è poco
amata anche per un altro motivo, che sconfina
nel faceto, tanto che non la prendiamo in considerazione
se non come una delle tante bubbole
che possono scappare nel discorrere. L’inquilino
del Viminale pensava, in via di ipotesi,
di fare i controlli "dopo le interrogazioni, e nel
caso che l’interrogato risultasse positivo, dovrebbe
comportare una squalifica di diversi
punti rispetto al voto appena guadagnato". Ecco
il punto: la scuola non viene vista come
luogo di socratico dialogo, ma come campo di
gara, la cui parte essenziale è l’interrogazione
che si conclude con un voto. Io mi preparo imbottendomi
di stupefacenti e faccio un figurone,
il ministro mi manda gli ispettori, scopre la
magagna e mi manda in serie B.
Mentalità di Ministro (parola derivata da
minus) in contrasto con quella che dovrebbe
essere del Maestro (derivato da magis): per il
primo tutto si riduce a una corsa, che potrebbe
essere truccata; per l’altro l’elemento essenziale
è il dialogo educativo, erede di quello
platonico in cui giovani e anziani si incontrano
e affrontano i temi della vita, senza punteggi e
classifiche generali e spumante per il vincitore.
SERGIO SCIACCA (da www.lasicilia.it)
LO PSICOLOGO:
Riflessioni
di buonsenso
fra virgolette
E’da un po’ di tempo che il ministro
Amato lancia "provocazioni" sullo
smodato consumo di droga, e di
cocaina in particolare, in Italia. Il capo del Viminale dice cose anche sensate ma le virgoletta,
spaventato, come a dire: è un pungolo,
non prendetemi alla lettera, ma qualcosa
bisogna fare. Nel frattempo i ministri
del Lavoro (con delega delle politiche antidroga
) e della Salute hanno da tempo rivisto
le tabelle della modica quantità di qualche
stupefacente, allargando di fatto le maglie
dell’uso personale.
Giuliano Amato sa che l’Arno, il Po , il Tevere
e chissà quanti altri fiumi, sono pieni
dei metaboliti urinari di coca ed altre sostanze.
Fiumi inquinati dalla droga e quindi
centinaia di migliaia di consumatori non
soltanto indisturbati, ma convinti presuntuosamente
che l’uso "sporadico" non sia
malattia. E siccome l’unione fa la forza, il
pensiero degli assuntori sta diventando opinione,
contro ogni evidenza scientifica e
pragmatica. Se una società è contaminata
dalla droga il suo tessuto sociale non potrà
che essere fragile e il pensiero dominante
debole.
Chissà se i genitori si raggeleranno apprendendo
che a Torino, città drogata, i ragazzini
spacciano e fanno i corrieri di morte
fuggendo poi come topi attraverso le fogne.
Amato spererebbe di sì. Ma sappiamo
di tanti ragazzini utilizzati come corrieri
dai propri genitori, che di quel mercato vivono
e prosperano. Nella quasi totalità dei
sinistri stradali c’è almeno un guidatore alterato
e negli aereoclub - come mi raccontava
un addestratore - arrivano sempre meno
giovani aspiranti piloti perché lì i controlli
antidoping sono ( ancora ) molto severi.
E dice bene l’insegnante a proposito dell’idea
di Amato di annullare il buon voto al
ragazzo interrogato risultato positivo all’antidoping
scolastico: i genitori se non al
Tar ricorrerebbero ai cazzotti. E’ il diffuso
costume di molte famiglie ostili all’istituzione
scolastica, contrapposti ad ogni buona
prassi orientata al contenimento dei propri
figli spesso ineducati, drogati e allo sbando.
Sta diventando costume questa idiota disputa
tra famiglie e scuola. Idiota perché a
farne le spese sono solo e sempre i ragazzi
e la loro fiducia in queste istituzioni.
Siamo arrivati al punto che la realtà vera
(ma scomoda) può essere posta in risalto
solo a mo’di ironica provocazione, per non
scatenare lo sdegno, l’indignazione e i cortei
parolai di chi sa di avere responsabilità
ma le scarica sull’anonimo concetto di società.
Da anni reclamiamo misure scomode
e impopolari sul versante droga, visto che i
pannolini caldi negli ultimi vent’anni ci
hanno portato alle serie ma timide proposte
di un ministro che sta cogliendo il peso
ed i costi sociali di un problema dalle proporzioni
spaventose.
ROBERTO CAFISO (da www.lasicilia.it)