LA SFIDA
DELL’ISLAM A NOI CRISTIANI
Piero Gheddo a Crema, 7 aprile 2006
Sul nostro tema esistono
intere biblioteche. Tenterò di trattare molto in sintesi tre punti, poi
discuteremo e approfondiremo quel che più vi interessa sapere:
1) Quali
differenze fra cristianesimo e islam?
2) Per entrare
nel mondo moderno, l’islam deve riformarsi dall’interno.
3) E’ possibile
il dialogo con l’islam moderato?
I) QUALI DIFFERENZE
FRA CRISTIANESIMO E ISLAM?
Per il comune “uomo della
strada” europeo, tutte le religioni più o meno si equivalgono. Questo non
corrisponde a verità: è vero che ogni religione tenta di portare l’uomo a Dio
attraverso vie diverse, ma è anche vero che quelle monoteiste (ebraismo,
cristianesimo e islam) si proclamano rivelate da Dio, le altre no.
Per noi cristiani la
sfida oggi è l’incontro con l’islam, che originariamente viene dalla nostra
stessa radice, il Dio di Abramo, di Mosé, dei dieci Comandamenti e dell’Antico
Testamento dato al popolo ebraico: all’inizio alcuni Padri della Chiesa lo
definivano un’eresia cristiana. Per capire cos’è l’islam dobbiamo avere chiare
le credenze e i valori condivisi e i punti di divergenza con il cristianesimo.
a) Anzitutto, l’islam
è una grande religione, che ha segnato per molti popoli un progresso rispetto
all’idolatria, al paganesimo: prepara la via a Cristo.
I musulmani partono
dalla nostra stessa fede, credono in Dio Creatore del cielo e della terra: Dio
trascendente, giusto e misericordioso, che giudicherà tutti gli uomini al
termine della loro vita; Dio ha parlato per mezzo dei profeti e noi uomini
dobbiamo obbedire alla sua volontà; preghiera, digiuno (mortificazione) ed
elemosina sono i mezzi attraverso i quali l’uomo si mette in contatto con Dio e
orienta la vita a Lui. Questi in sintesi i valori condivisi dalle due religioni,
che debbono incoraggiare all’incontro, al dialogo e alle buone relazioni fra
cristiani e musulmani.
b) All’islam manca
Gesù Cristo che realizza pienamente la storia della salvezza, iniziata con
l’antica alleanza di Dio col popolo ebraico. Le differenze fra noi e loro
vengono dal fatto che loro riconoscono Gesù come profeta ma non Figlio di Dio
che ha portato l’ultima rivelazione di Dio agli uomini e ha ha fondato la
Chiesa, cioè la comunità di fedeli che nei secoli e nei millenni tramanda e
spiega la sua Parola, Per loro l’ultima Rivelazione è stata data a Maometto con
il Corano.
Nella storia del
cristianesimo abbiamo esempi evidenti di cosa vuol dire distaccarsi dalla Chiesa
fondata da Cristo con il primo Papa San Pietro: gli ortodossi riconoscono solo i
primi sette Concili ecumenici (su 21), si sono staccati dal Papa e hanno perso
capacità espansiva, sono diventati Chiese nazionali e di stato, e sono molto
divisi tra loro; i protestanti credono nella libera interpretazione della Sacra
Scrittura e hanno generato centinaia e migliaia di chiese e di sette, ciascuna
divisa dalle altre e spesso in lotta fra loro: questa non è la volontà di
Cristo, in cui pure tutti credono.
Nell’islam non c’è
nessuna autorità centrale paragonabile al Papa o periferica paragonabile ai
vescovi. Per cui nessuno può dire: l’islam è questo e non è quello. Ci sono
delle autorità locali come l’università islamica di Al Azhar al Cairo e la
moschea centrale di Damasco; ma hanno solo un’autorità morale e non giuridica,
non hanno alcuna possibilità di orientare o comandare a un miliardo e più di
fedeli!
Cristo è venuto a
dirci che Dio è amore (l’enciclica di Benedetto XV “Dio è Amore”),
mentre i musulmani vedono in Dio il Giudice misericordioso, ma mettono l’accento
sulla sua giustizia e sull’“occhio per occhio e dente per dente” dell’Antico
Testamento: manca l’esempio di Gesù sul perdono delle offese.
L’atteggiamento di fronte
sull’uso della violenza è un’altra differenza sostanziale fra cristianesimo e
islam. Per il Vangelo la conversione a Cristo dev’essere volontaria e
individuale e nei primi secoli l’espansione cristiana è avvenuta con la
predicazione e l’esempio; poi, è vero, ci siamo allontanati da questa Parola di
Dio e tradizione, in lunghi secoli la fede è stata anche imposta con la forza,
ma oggi la Chiesa riconosce la libertà individuale di scegliere qualsiasi
religione o la non religione. Per l’islam invece l’uso della violenza ha
caratterizzato l’espansione islamica fin dalle origini e lo stesso Maometto ha
condotto guerre contro le tribù che non volevano convertirsi. L’uso della
violenza in nome di Dio occupa un posto centrale nella tradizione islamica e la
“jihad” (guerra santa) è ancor oggi un termine ricorrente in moltissimi testi e
predicazioni nell’islam con questo preciso significato.
Esempio del saggio
anziano e musulmano capo-villaggio di Prikrò in Costa d’Avorio, che si fa
cristiano perché i cristiani parlano di pace e di perdono, l’islam tiene le armi
nelle moschee e predica la guerra santa (questo succede nel 2005).
Nella tradizione
islamica non esiste il concetto di uguaglianza di tutti gli esseri umani, né
della dignità di ogni vita umana, che sono concetti tipicamente cristiani,
non si trovano in nessun’altra tradizione religiosa. Il cristianesimo pone al
centro l’uomo (“La via della Chiesa è l’uomo” ha detto Giovanni Paolo II),
mentre la sharia è fondata su una triplice disuguaglianza: tra uomo e donna, tra
musulmano e non musulmano, tra libero e schiavo. L’essere umano di sesso
maschile è considerato pienamente titolare di diritti e di doveri in quanto
appartiene alla “umma”, la comunità islamica: chi si converte ad un’altra
religione o diventa ateo è un traditore, passibile della pena di morte o come
minimo della perdita di tutti i diritti. Superfluo ricordare le molte
limitazioni alla dignità e libertà della donna: il marito gode di un’autorità
quasi assoluta sulla moglie, a lui è consentita la poligamia (che però va
scomparendo nel mondo islamico, ma rimane nel Corano) e può ripudiare la moglie.
Riguardo alla donna,
l’islam è rimasto bloccato nella concezione dell’Antico Testamento dove la donna
è inferiore all’uomo e quindi deve servire l’uomo: anche qui mancano le parole e
l’esempio di Gesù.
Riguardo alla
distinzione tra religione e politica, all’islam manca la Parola di Gesù
che ha distinto i regni umani dal Regno dei Cieli e ha detto: “Date a Cesare
quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. Non c’è nell’islam una
distinzione tra sacro e profano, fra religione e stato, tra società civile e
comunità credente: da qui la legge islamica (“sharia”) che dovrebbe governare
tutta la vita dei popoli, perché Dio è il Signore di tutto; il cristiano crede
nella stessa verità, ma riconosce la libertà di scelta che Dio ha dato all’uomo,
quindi rispetta la libertà dei singoli uomini.
c) Infine, la Chiesa cattolica sta tentando si ritornare alle sue
origini, secondo l’esempio e la parola di Cristo: matura nei credenti una vita
religiosa personale, convinta, autentica e non formalistica.
L’islam invece è rimasto
alla sua struttura e forma tribale che ostacola il pieno sviluppo della persona
umana, specialmente della donna. Il cristianesimo si trova meglio nella società
moderna orientata al rispetto dei diritti dell’uomo codificati nella Carta
dell’ONU del 1948, fondata su radici cristiane (non firmata da diversi paesi
islamici); l‘islam deve ancora iniziare un cammino verso il mondo moderno e le
sue origini storiche non l’aiutano certo. Molto spesso strumentalizzato da forze
politiche, l’islam diventa facilmente una bandiera politica, nazionalistica,
etnica, conservatrice; è sempre una grande religione con numerosi valori
che insegnano qualcosa anche a noi cristiani; ma di fronte alla sfida del mondo
moderno, con tutti i suoi aspetti negativi, diventa sempre più appartenenza ad
una legge, ad una “umma” (comunità islamica) che praticamente schiavizza le
persone.
II) L’ISLAM DEVE
RIFORMARSI DALL’INTERNO
La reazione dei popoli
islamici contro l’Occidente viene da lontano, occorre approfondire questa storia
per capire dall’interno il mondo islamico e farci un’idea di come l’Occidente
può aiutarlo ad evolversi verso il mondo moderno, perché questo oggi è il vero
problema dell’islam!
a) L’Islam è stato
fondato da Maometto nel deserto dell’Arabia all’inizio del secolo VII (nel
610-632 dopo Cristo) già come religione e stato teocratico, con una visione
universalistica: portare il messaggio divino a tutti i popoli attraverso
la comunità governata secondo i precetti del Corano. Questa idea comprende anche
la “Jihad” o “guerra santa” contro gli infedeli, per combattere ogni
potere terreno che sia espressione del Maligno. Fin dall’inizio fu contrastato
dalle tribù politeiste, che vedevano nel Dio unico e nella comunità, con le sue
leggi e la sua solidarietà religiosa, un attentato alla religiosità animista
tribale. Allora nasce la comunità islamica con un fortissimo senso di
appartenenza al Dio unico, la cui missione universale si diffuse nei primi
secoli con la predicazione e con la spada fra i popoli cristiani del Medio
Oriente e Nord Africa, non più protetti dagli Imperatori bizantini.
b) La
“missione-conquista” islamica è stata sostenuta per molti secoli dal “califfato”
(autorità politica che obbediva alla Legge del Corano) ed ha continuato ad
espandersi verso Oriente (gli Imperi islamici in India!). Ma venne
fermata dalle armi cristiane nella conquista dell’Europa e dal deserto del
Sahara verso l’Africa nera. In quel tempo si verificò nell’islam un periodo
di splendore giuridico, teologico, filosofico e artistico. Nei secoli attorno al
mille, Baghdad, Damasco e Istanbul (l’antica Costantinopoli) erano le sedi
di un califfato vittorioso e forse più evoluto dell’Europa di quel tempo. Dopo
le “Crociate” (dal 1096 fino alla fine del 1200), c’è stato un buon periodo di
rapporti commerciali e culturali amichevoli, quando cristiani ed ebrei vivevano
pacificamente in terre musulmane, sempre però penalizzati in vari modi, tanto
che la maggioranza si convertirono all’islam e altri fuggivano all’estero.
L’islam penetra profondamente nei Balcani fino al Kossovo, alla Bosnia e
all’Albania (1470), ma le due vittorie cristiane a Lepanto (1571) e Vienna
(1683) furono decisive.
Con il Rinascimento e
le scoperte di nuovi continenti, di nuove tecniche produttive e di nuove armi,
è iniziato un nuovo ciclo storico di guerre. Di qui incomincia la
decadenza del mondo islamico, che rimane bloccato mentre il mondo cristiano
si evolve rapidamente in tutti i sensi: scientifico, tecnico, giuridico,
politico, culturale e anche religioso perché il cristianesimo si purifica e
diventa sempre più autentico. Nel secolo XIX incomincia la conquista coloniale
europea dei paesi arabi e la dissoluzione dell’Impero Ottomano dopo la prima
guerra mondiale (gli ottomani erano alleati degli Imperi centrali, Germania e
Austria-Ungheria). L’islam perde il suo primato e gli “infedeli” governano i
paesi islamici! In Turchia, nel 1924, Mustafa Kemal Ataturk chiude il califfato
a Istanbul e instaura una nazione turca sulla base di princìpi laici, che però
non riesce, in 80 anni, a scalfire nel popolo e nella struttura delle moschee la
forza religiosa, culturale e sociale dell’islam: oggi i partiti islamici in
Turchia hanno spesso la maggioranza dei voti! Il modello islamico di società va
in crisi in tutto il mondo e una profonda frustrazione colpisce i popoli
musulmani. All’inizio del 1900 i cristiani in Turchia erano ancora due milioni
oggi meno di 10.000. Negli anni dieci eventi del ‘900 c’è il genocidio dei
cristiani armeni
c) Negli ultimi
secoli si è fatta strada nel mondo islamico la convinzione che l’Occidente
cristiano è all’origine di tutta la decadenza dell’islam e nascono i movimenti
estremisti: i primi sono i “Fratelli musulmani” in Egitto nel 1927. Dopo
la II guerra mondiale e con la caduta del muro di Berlino (1989) e di quasi
tutti i 30 paesi a regime comunista, il mondo va verso la globalizzazione e la
cultura occidentale diventa dominante ovunque, è scelta dai singoli popoli,
quando sono liberi di scegliere, pur con molti adattamenti alle culture locali.
Oggi i musulmani vedono il
pericolo mortale portato dall’Occidente cristiano alla loro fede e comunità
religiosa, non più in campo militare o economico, ma in quello
culturale-religioso. Lo stile di vita “occidentale”, cioè l’unica “modernità”
che si conosce, può andare d’accordo con le fede nell’islam? E’ possibile
restare fedeli al messaggio di Allah senza subire il fascino del mondo moderno
in tutti i suoi aspetti: libertà, democrazia, libertà politica, di stampa e
religiosa, governi laici, televisione, liberazione della donna, mode culturali,
ateismo e laicismo, consumismo?
d) All’interno del
mondo islamico, di fronte alla modernità si soffre da molto tempo una grave
schizofrenia, più forte che in altri paesi non cristiani: non dimentichiamo che
il “mondo moderno” è nato nei paesi cristiani, non altrove! Nell’islam la
religione è veramente tutto, vita, cultura, politica, economia.
Da un lato il “mondo
moderno” avanza ed è avvertito come una prepotenza, una guerra non dichiarata
contro l’islam e la vita secondo il Corano; dall’altro, i politici dei paesi
islamici cavalcano questo profondo malessere del popolo e strumentalizzano la
religione favorendo gli estremismi. In altre parole, la reazione
anti-occidentale da lungo tempo è guidata e finanziata dai corrotti governi
totalitari dei paesi islamici (non esiste nell’islam una vera democrazia!). Con
effetti negativi, di cui ci rendiamo conto solo oggi. Ad esempio, visitando
negli ultimi tempi i paesi islamici (Bangladesh, Indonesia, Malesia, Egitto,
Siria, Pakistan, Senegal, Mali, ecc.), ovunque ho sentito dire che i testi
scolastici sono di chiara impostazione anti-occidentale; nelle moschee si fanno
discorsi infuocati contro l’Occidente nemico dell’islam; i partiti
dichiaratamente islamici ottengono a volte la maggioranza nelle votazioni; le
scuole coraniche, specie quelle nuove fondate quasi ovunque con i soldi dei
paesi del petrolio (Arabia, Iran, Iraq, Libia), formano i giovani all’idea della
“guerra santa” e del “martirio” per la difesa dell’islam e mandavano i migliori
alunni fra i talebani in Afghanistan per diventare guerriglieri e martiri
dell’islam!
III) E’ POSSIBILE
DIALOGARE CON L’ISLAM? ESISTE UN ISLAM MODERATO CON CUI DIALOGARE?
Alcune cifre
impressionanti: nel 1914 i paesi islamici avevano il 12% della popolazione
mondiale, oggi circa il 21%; l’Europa cristiana (Russia compresa) aveva il 18%
dell’umanità, oggi il 10%.
Non possiamo ignorare che
in Asia la grande maggioranza dei popoli appartengono alle tre grandi religioni,
islam, buddhismo e induismo, dalle quali le conversioni sono difficili o
impossibili, anche in paesi abbastanza democratici come India, Thailandia,
Indonesia, Malesia, Sri Lanka, Bangladesh. Il dialogo è prioritario nella
missione, ormai le giovani Chiese ne sono convinte! Anche con l’islam
occorre dialogare, ma su piede di parità e con finalità comuni.
Ma per avere un
dialogo autentico, bisogna mettere tre punti chiari:
A) Anche l‘Occidente
deve convertirsi a Dio
Primo. Anche
l’Occidente deve convertirsi a Dio. Per dialogare occorre ricuperare la nostra
fede e identità cristiana. I popoli musulmani ci vedono come ricchi,
democratici, tecnicizzati, ma anche come atei, senza regola morale. Vengono a
convertirci all’islam per dare un’anima alla nostra civiltà.
Si parla molto di dialogo
con l’islam, ma il dialogo avviene solo quando si ha qualcosa in comune. Noi
distruggiamo la fede in Dio, la legge di Dio (i dieci Comandamenti!), l’identità
religiosa. Tra popoli religiosissimi e legati ad una religione intransigente e
popoli che appaiono atei non c’è dialogo, c’è solo la guerra, lo scontro. Se non
capiamo questo è superfluo parlare di dialogo.
Le masse popolari
islamiche vedono l’Occidente cristiano come un nemico, un pericolo per la loro
fede! Sono attirate dal mondo moderno, ma ne hanno anche paura!
Nel volume “The West and
the Rest” (“L’Occidente e gli altri”), pubblicato dalla Vita e Pensiero,
l’editrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roger Scruton, filosofo e
saggista inglese, scrive: "La famosa tesi di Samuel Huntington secondo la
quale alla guerra fredda sarebbe seguito uno scontro di civiltà ha più
credibilità oggi di quanta ne avesse nel 1993, quando fu avanzata per la prima
volta".
L’Occidente è “una
civiltà volta alla sua stessa distruzione". “L’Europa non si ama più, diceva il
card. Ratzinger in una sua conferenza”. Noi europei, secondo l’ideologia
marxista-comunista e poi sessantottina, vediamo nella nostra civiltà solo il
male, non il bene! Siamo sempre scontenti, pessimisti!
L’islam si definisce
non in termini di libertà ma di sottomissione a Dio: ma questa sottomissione è
prigioniera di un testo sacro, il Corano, che finché continua a esser letto al
di fuori del tempo e della storia fa di ogni musulmano uno sradicato nel mondo
moderno. Ciò che rende ancora più esplosivo il confronto anche violento tra le
due civiltà è la globalizzazione. Essa diffonde nelle nazioni musulmane
immagini, mode e prodotti delle democrazie occidentali secolarizzate, da un lato
attraenti e vincenti, dall’altro immorali e decadenti. Così scrive Scruton:
"Lo spettacolo della libertà e della ricchezza occidentali, che si accompagna al
declino dell’Occidente e allo sgretolarsi della sua fede, provoca
necessariamente, in chi invidia il primo e disprezza i secondi, un cocente
desiderio di punire".
Parlo con un missionario
italiano che vive in Bangladesh: in Occidente non si capisce la radice del
terrorismo di matrice islamica, che non è solo economica e di sottosviluppo, ma
religiosa e ideologica e si vuole combattere con lo strumento sbagliato, la
guerra. Il vero problema è questo: fra i popoli musulmani è cresciuta la
convinzione che l’Occidente ha prodotto una civiltà corrotta e oppressiva
dell’uomo, che conduce alla morte. Loro hanno la missione di riportarci a Dio
anche con la forza.
Sono popoli che vivono in
una civiltà sacrale, credono alla presenza di Dio nella storia e hanno
sperimentato che, negli ultimi secoli, l’Occidente ha soggiogato i popoli e ha
affossato la cultura e il modello di vita islamico, allontanandoci sempre più da
Dio e dalla sua Legge.
Dobbiamo formarci un’idea più
realistica del “terrorismo islamico” e capire quali gravi responsabilità abbiamo
anche noi occidentali cristiani La nostra società, materialista e consumista,
tutta tesa al progresso economico-scientifico-tecnico, all’aver sempre di più, è
cieca di fronte ai fatti culturali e religiosi: tutto è ricondotto all’economia,
della religione non si parla quasi mai, se non per attaccare la Chiesa e
l’”invadenza” dei vescovi! Oggi questi popoli profondamente religiosi (in un
modo condannabile, ma autentico) ci richiamano alla realtà.
Su questa mentalità
molto diffusa si inserisce la visione radicale delle nuove madrasse (scuole
coraniche) nate dal finanziamento dei paesi del petrolio (specie l’Arabia
Saudita). Nel solo Bangladesh sono circa 40.000: “Noi musulmani dobbiamo
conservare la nostra identità e vita religiosa, perché questo è il nostro
futuro, anzi il futuro dell’umanità. Il compito storico che Dio ci affida è di
ridare vitalità religiosa all’Occidente, diffondendo la volontà di Dio con la
Legge dell’islam. L’Occidente e il cristianesimo hanno fallito, ritorniamo
all’islam puro e duro”.
Cosa fare? Nessuno sa
dare una risposta, oltre a dire che dobbiamo alzare la guardia, avere
fermezza contro i clandestini e via dicendo. A lunga scadenza la soluzione è il
dialogo inter-culturale e inter-religioso, ma soprattutto l’Occidente deve
“difendere i nostri valori” come ha detto Blair, deve tornare alla radice di
questi valori che sono Cristo e il Vangelo. Abbiamo creato “una civiltà
senz’anima”, dobbiamo tornare al Vangelo che ha reso grande l’Occidente. Non c’è
soluzione fuori di questa, che ha un forte richiamo soprannaturale e religioso.
B) Quale dialogo è
possibile con il mondo islamico?
1) Dopo il Vaticano
II, il dialogo era inteso come un incontro di autorità religiose per
comprendersi e discutere di problemi comuni. Quel tipo di dialogo di vertice va
continuato, ma finora non porta a risultati concreti. Ci sono stati effetti
positivi nel dialogo ecumenico con le Chiese cristiane separate, perché ci
unisce la fede in Cristo, ma con le religioni non cristiane è utile come fatto
simbolico (esempio, la preghiera in comune ad Assisi nell’ottobre 1986), ma le
autorità religiose islamiche, buddhiste, indù non vogliono nessun dconfronto di
carattere religioso, non capiscono a cosa serva, pensano sia una tecnica per
convertirli.
In tutte le giovani
Chiese nei paesi islamici ci sono gruppi di dialogo con l’islam, ma con scarsi
risultati concreti. A Padang nell’isola di Sumatra in Indonesia, i
missionari saveriani hanno un gruppo di incontri culturali tra cristiani e
musulmani, da più di vent’anni. Ho partecipato a un incontro con molti buoni
musulmani: questi incontri servono a creare in città un’atmosfera di buon
vicinato, ha far conoscere meglio a noi l’islam e a loro il cristianesimo, ma
nulla più. Anzi gli islamici che vengono a questi incontri sono visti male nel
loro ambiente.
2)
Bisogna puntare sul “dialogo di vita” per le opere di carità, l’azione per la
pace e la giustizia, ecc.
E’ quello che fanno le
comunità cristiane che vivono nell’islam. Esempio in Pakistan a Feisalabad, dove
il sindaco musulmano ha scritto una lettera al Papa per chiedere altre suore
italiane per le opere di assistenza e promozione delle donne. La Chiesa è
ovunque molto ammirata per questa presenza caritativa e pacifica
Ma dopo il prevalere
dell’estremismo islamico soprattutto fra le classi colte e le autorità religiose
(la sua radice recente è nella rivoluzione di Khomeini in Iran nel 1979),
l’islam si è chiuso e ostacola anche le opere di carità e di assistenza delle
Chiese cristiane verso i musulmani. Il risultato è che queste comunità
fortemente minoritarie e minacciate si chiudono, non hanno più gli stimoli, la
libertà e il coraggio di dialogare con l’islam a livello intellettuale e
religioso e anche caritativo.
Nell’inondazione che ha
colpito Sumatra nell’inverno 2003, molti villaggi islamici erano stati spazzati
via o disastrati dall’acqua: profughi, feriti, dispersi, ecc. La Caritas di
Padang, con aiuti dalla Caritas internazionale, si era offerta di portare aiuti
e volontari sanitari tra i musulmani colpiti. Il governo locale ha rifiutato
questi aiuti ed è una regione dove i cristiani sono piccola minoranza e sono
sempre vissuti in pace con i musulmani. Ma da quando sono venuti i predicatori
musulmani mandati dai paesi del petrolio con tanti soldi, che predicano la lotta
contro l’Occidente e i cristiani, è cambiata l’atmosfera di pace.
Comunque, per la
Chiesa la presenza cristiana nei paesi dell’islam è importante e va continuata
anche a prezzo di sacrifici, esercitando il dialogo e la carità in situazioni
difficili. Il Pime sta prendendo una missione fra i musulmani nel deserto
dell’Algeria, dove è stato ucciso Carlo De Foucauld, non ci sono cristiani e
nemmeno speranze né di poter annunziare Cristo con la parola.
3) Sostenere e aiutare
i musulmani moderati
Si parla di “islam
moderato”, ma non esiste una teologia islamica istituzionale e moderata, non
esistono autorità religiose moderate: ciascuna va per conto suo, in maggioranza
sono estremiste. Esistono i musulmani moderati e credo siano la grande
maggioranza dei popoli che vorrebbero solo pace, libertà, assistenza.
Il nostro compito di
cristiani occidentali è di aiutare gli islamici moderati che hanno il coraggio
di porre chiaramente il problema dell’islam che deve entrare nella modernità,
leggere il Corano criticamente, rispettare la libertà religiosa dell’uomo.
I musulmani moderati sono
principalmente in Occidente perché sono liberi. Bisogna appoggiarli sia in
Occidente che nei paesi islamici, sostenere il più possibile i riformisti
musulmani. Lavorare pazientemente con i moderati affinché abbiano la possibilità
di esprimersi, di convincere i loro correligionari. Non sempre lo facciamo.
Tariq Ramadan, filosofo
e scrittore ben conosciuto si è esposto come nessun altro musulmano in
favore della riforma dell’islam. Vive in Svizzera protetto dalla polizia, Blair
l’ha voluto nella sua consulta per l’islam, a Bruxelles è diventato perito e
consulente per le questioni islamiche dell’Unione Europea; l’unico posto in cui
non è riconosciuto è l’Italia, per l’opposizione delle associazioni isamiche
italiane. L’avevano invitato in Valle d’Aosta per fare una conferenza e poi gli
hanno disdetto la conferenza, il governo italiano non l’ha appoggiato né
invitato. Eppure ha un grande coraggio e molto influsso fra i musulmani e i
paesi islamici: sostiene ad esempio l’abolizione delle pene corporali dalla
Legge islamica, che non sono nel Corano. Noi dobbiamo appoggiare, invitare
queste persone.
Il dialogo sta
avvenendo all’interno dell’islam fra le due correnti, fondamentalista e
riformista, un confronto proprio sulla libertà religiosa e sull’islam politico,
dove si propone la riforma dell’islam e del suo rinnovamento. L’islam non è una
realtà monolitica: oggi le forze dominanti sono quelle di un islam politico in
mano ai fondamentalisti. Queste sole fanno notizia!
Noi non possiamo sostituirci
a loro nel cambiare l’islam dall’interno. Sono loro stessi che devono compiere
questa rivoluzione. Ma possiamo aiutare i riformisti: questa la responsabilità
dei paesi occidentali e dei mass media, che non devono agire solo per interessi
politici ed economici.
Questo confronto interno
dell’islam da qui si vede poco, appunto perché l’islam politico è in mano alle
forze estremiste, che hanno conquistato l’Iran, l’Arabia Saudita, gli Emirati
arabi e anche in gran parte la Turchia.
Un esempio di islam
moderato: quando nel 2005 in tutta Europa ci sono state le manifestazioni
islamiche contro le vignette satiriche danesi su Maometto, a Milano e in tutta
l’Italia no. Perché era partita una richiesta da parte di alcuni gruppi
fondamentalisti come l’Ucoii, di scendere in piazza a protestare, ma da Milano i
centri culturali islamici hanno mandato in giro una Email, facendo una
dichiarazione contro le manifestazione di musulmani in piazza, dicendo: “Siamo
offesi da queste vignette, ma siamo contrari a qualsiasi manifestazione islamica
in piazza che crei disordini, che poi si ripercuotono nelle nostre comunità”.
A Milano è stato
costituito un Forum delle religioni, a cui partecipano ben cinque gruppi
musulmani, di cui sciiti e sunniti, oltre a cattolici, protestanti
buddhisti. I giornali non ne hanno parlato, eccetto un trafiletto su Avvenire,
perché il fatto propone un modello antitetico a quello corrente dello scontro
fra le religioni e le civiltà. Il Forum è nato per iniziativa della diocesi di
Milano attraverso il “Centro di documentazione per le religioni”, una riunione
ogni due mesi. I musulmani partecipano in vari gruppi: ci sono le moschee di via
Padova e di Segrate, c’è la comunità turca sufi, mentre non è stata accettata
via Jenner perché l’imam di via Jenner è stato chiamato a giudizio per
rispondere di atti di terrorismo.
Il Forum è stato organizzato
come strumento di dialogo e di formazione, ma chi non dà garanzie di volere il
dialogo o di accettarlo per secondi fini, non è accettato. Questi sono segni
visibili di un islam moderato che si fa strada fra i musulmani, mentre non è
conosciuto dall’opinione pubblica, non è sostenuto. Non era mai successo in
Europa e anche in Italia che ci fosse una presa di posizione di musulmani
moderati contro l’estremismo islamico.
L’unico modo per
venire fuori dalla sfida con l’islam è instaurare un dialogo paziente, giorno
per giorno. Non c’è altra soluzione perché la guerra crea la guerra e il
terrorismo. L’unica via è cambiare il cuore e la mentalità dei musulmani.
Al cuore di ogni
civiltà, la religione è il valore più intimo e profondo che i popoli hanno e non
si cambia facilmente. Anche in Italia, se domani venisse un regime che
perseguita i cristiani, molti tornerebbero a Cristo. Allora, non è facile
cambiare una credenza religiosa, certo non si cambia con la guerra e la
violenza. Si può tenere aperta la minaccia della violenza, della guerra (come
nel caso attuale dell’Iran), ma non usarla perché gli effetti sono negativi,
l’abbiamo visto in Iraq.
Ezechiele dice: “Io
cambierò il vostro cuore di pietra e vi darò un cuore di carne”. Ecco, il
dialogo è questo: aiutare il Signore nella sua opera di evangelizzazione, che
trasforma il cuore delle persone e dei popoli. I musulmani hanno bisogno di
questo: far loro capire quanto è importante Cristo per loro: Cristo vuol dire
incontro con la verità, la verità di Dio e la verità dell’uomo.
Il cristianesimo ha dei
princìpi che non ha nessun’altra tradizione religiosa; princìpi che sono
talmente penetrati nella civiltà cristiana occidentale, da aver ispirato la
Carta dei Diritti dell’Uomo dell’ONU e le Costituzioni degli stati cristiani.
Altri popoli e altre tradizioni religiose non hanno avuto questa Rivelazione di
Dio: non possiamo imporla con la forza, ma presentarla con l’esempio della
carità e col dialogo, in modo razionale così che tutti possano capirla come
logica, umana, corrispondente alle aspirazioni di tutti gli uomini.
C) Ottenere la
reciprocità di trattamento con i paesi islamici
Fondamento del
dialogo è la reciprocità di trattamento con i paesi islamici: come noi
trattiamo i loro cittadini in Italia e diamo loro libertà di religione, così
loro debbono trattare i cristiani e gli appartenenti ad altre religioni.
1) Non esiste paese a
maggioranza islamica in cui i cristiani siano del tutto liberi di praticare la
loro fede. Uniche eccezioni sono Senegal e Mali che hanno un islam
derivato dalla confraternite dei “sufi” e molto mescolato con la religione
naturale africana.
Tutti gli altri opprimono i
cristiani. La Malesia, il miglior paese islamico dove i musulmani sono solo
il 65% della popolazione, lo stato è laico, ma l’islam è la religione di
stato e segno dell’identità malesiana: per cui ha tutti i privilegi, mentre le
altre religioni sono discriminate. La libertà religiosa in Malesia non esiste.
1) Se un
cattolico sposa una musulmana, deve prima convertirsi all’islam. Una donna
islamica non può sposare un cristiano, se non va all’estero.
2) I cristiani
non possono pronunziare o scrivere il nome di Allah, è riservato ai musulmani.
3) Nelle scuole
e nei lavori, i cristiani (come gli indù e i buddhisti) sono cittadini di
seconda categoria, discriminati.
4) Il governo
favorisce in ogni modo i villaggi islamici e penalizza quelli cristiani e di
altre religioni.
5) E’ quasi
impossibile costruire nuove chiese e cimìteri cristiani.
6) Le librerie
cattoliche non possono esporre libri cristiani e nell’interno del negozio li
tengono in una saletta separata, dove è proibito ai musulmani di entrare,
soprattutto è proibito vendere libri cristiani a un musulmano.
7) I cristiani
non possono entrare nella burocrazia statale né nell’esercito e polizia, hanno
gravi difficoltà ad entrare nelle università: vanno a studiare a Singapore e ad
Hong Kong o emigrano all’estero.
In tutti i paesi
islamici, i libri di testo scolastici sono pesantemente anti-occidentali e
anti-cristiani. Un italiano in Egitto, studioso di arabo e di islam, mi
diceva che i giornali egiziani hanno spesso articoli e vignette violentemente
anti-cristiani e nessuno interviene o dice nulla.
Come ottenere la
reciprocità, quando i migliori paesi islamici, filo-occidentali come la Malesia,
la Tunisia, la Turchia, il Bangladesh, l’Indonesia, l’Egitto, sono laici di nome
ma in pratica dominati dalle maggioranze islamiche?
I politici dell’Occidente,
i diplomatici, i commercianti, la stampa occidentale dovrebbero insistere su
questo concetto della reciprocità: ma da un lato l’Occidente abolisce le radici
cristiane nella sua Carta Costituzionale e la libertà religiosa nei paesi
islamici non interessa; d’altre parte, anche i governi di paesi islamici che si
dichiarano laici nelle loro Costituzioni, debbono tener conto dell’opinione di
buona parte dei loro popoli, educati ormai ad un forte anti-occidentalismo e
anti-cristianesimo.
2) La sfida dell’islam
sarà il tema dominante della politica internazionale, a causa del terrorismo e
del petrolio (senza del quale l’Occidente non può vivere!). E’
una sfida che va presa seriamente, sempre in spirito di conciliazione e di pace,
ma anche con una chiara coscienza che l’Occidente rischia davvero molto!
Non si può approvare la
guerra (perché la violenza crea violenza), ma non si può nemmeno far finta di
niente e non prendere seri provvedimenti ad esempio anche per limitare
l’ingresso di nuovi immigrati islamici.
Quando i musulmani
raggiungono una certa consistenza in un territorio, ottengono di rimanere con le
loro leggi e costumi. Sono stato a Mazara del Vallo in Sicilia, in provincia
di Trapani con circa 55.000 abitanti, la grande industria è la pesca, ormai in
mano ai tunisini, i giovani italiani non fanno più quel lavoro.
Dalla fine degli anni
settanta la comunità tunisina vive in quartieri propri, è rimasta unita e
regolata da leggi tunisine, con scuole tunisine, lingua araba, insegnanti
mandati da Tunisi. Così la poligamia in Italia è illegale, ma là si tollera; si
pratica l’infibulazione delle bambine e donne giovani e via dicendo.
In alcune città italiane
si aprono scuole abusive come a Milano dove hanno chiuso una scuola egiziana che
insegnava ai ragazzi con libri che venivano dall’Egitto, insegnanti egiziani,
lingua araba, lettura della storia e dei popoli cristiani secondo
l’anti-occidentalismo dei paesi islamici. Questo dimostra l’incompatibilità fra
multiculturalismo radicale, totale e stato di diritto: la minoranza islamica
crea una suo piccolo stato islamico che poi è quasi impossibile rimuovere,
rimangono cittadini tunisini e lo stato tunisino li protegge.
Una decina di anni fa, il
card. Giacomo Biffi e i vescovi dell’Emilia-Romagna avevano pubblicato una
lettera pastorale sull’islam, in cui chiedevano ai politici di limitare
l’ingresso a emigrati islamici e di favorire l’immigrazione da paesi
cattolici come Filippine e America latina: non per razzismo, ma per non trovarsi
in casa una minoranza consistente di persone che non accettano la Costituzione
italiana.
La lettera venne condannata
dalla stampa e dall’opinione pubblica. Oggi ci accorgiamo che Biffi e i vescovi
avevano avuto coraggio e non avevano tutti i torti!
Concludo: il nostro è
un tempo difficile e affascinante, ma non dobbiamo essere pessimisti. “Non
abbiate paura!” ripeteva spesso Giovanni Paolo II. La sfida dell’islam durerà
certo molto tempo, ma noi abbiamo fiducia nello Spirito Santo, come quando il
comunismo ha dominato per ottanta e più anni!
Oggi dobbiamo difenderci
da popoli che vengono a lavorare in Italia e non diventano italiani, spesso
nelle loro comunità rispondono ad altre leggi, ad altre patrie e costumi.
Una quindicina di
anni fa si diceva che i musulmani in Italia erano 100.000. Oggi sappiamo che
sono più di un milione. L’uomo islamico merita tutto il nostro amore e rispetto,
è sbagliato marginalizzare i diversi come i musulmani: il dialogo si svolge a
livello di popolo, quindi è impegno di tutti, specialmente dei giovani, aprirsi
agli altri, conoscerli, fare amicizia, parlare con loro, aiutarli per quanto ci
è possibile.
Ma se il musulmano viene
in Italia e finisce per rimanerci, deve sapere che è suo dovere è imparare la
lingua italiana, rispettare le leggi italiane, conoscere la cultura e anche la
religione della maggioranza italiana, frequentare scuole italiane, insomma,
integrarsi in Italia e non creare comunità separate. Questo è un discorso contro
corrente, ma bisogna discuterne in spirito di pace e per il bene dell’Italia,
non rifiutarlo a priori.
BIOGRAFIA di Padre Piero
Gheddo I viaggi di Padre Gheddo
leggi...
Foto di alcuni viaggi guarda...
Nato nel 1929 a Tronzano
Vercellese, ha frequentato il seminario diocesano di Moncrivello (Vercelli), è
entrato nel Pime nel 1945 e ordinato sacerdote nel 1953. Avrebbe dovuto partire
per l'India, invece i superiori l'hanno tenuto nella stampa, all'inizio in modo
provvisorio, poi la sua opera nei mass media è diventata importante per
l'Istituto e la Chiesa italiana: ha finito per restare in Italia e nel 2003 ha
celebrato i 50 anni di sacerdozio. E' stato fra i fondatori dell'Editrice
Missionaria Italiana (EMI) nel 1955 e di "Mani Tese" nel 1963.
Questo gli ha permesso di
prendere posizioni contro corrente, come durante la guerra del Vietnam e i Khmer
rossi in Cambogia: in Italia è stato il primo a denunziare che i "liberatori"
erano in realtà nuovi oppressori del popolo. Così ha molto scritto sulla fame
nel mondo e il sottosviluppo dei popoli, che attribuisce anzitutto a fattori
educativi-culturali-religiosi, prima che economico-tecnici.
Padre Gheddo ha scritto più
di settanta volumi, con una trentina di traduzioni all'estero e collabora con
vari giornali e radio-televisioni. Ha presentato il Vangelo della domenica alla
televisione di Rai-Uno tutti i sabati sera (1993-1995) e a Radiodue ogni mattino
alle 7,18 per diversi periodi. Ha ricevuto tre prestigiosi premi, fra i quali il
"Premio Campione d'Italia" nel 1972 (riconoscimento annuale dei giornalisti
italiani), assegnatogli da Indro Montanelli che divenne poi suo amico e col
quale collaborò nei giornali da lui diretti.
Dal 1994 è direttore
dell'Ufficio storico del Pontificio istituto missioni estere a Roma, dove
insegna nel seminario pre-teologico del Pime; ma nel suo istituto a Milano ha un
ufficio e la segretaria (suor Franca Nava, missionaria dell'Immacolata già
infermiera in India e Bangladesh), per le collaborazioni giornalistiche e le
conferenze serali a cui è spesso invitato. E' postulatore di tre cause di
canonizzazione: il dottor Marcello Candia (laico missionario in Amazzonia,
1816-1983), padre Clemente Vismara (del Pime, per 65 anni in Birmania,
1897-1988) e fratel Felice Tantardini (anche lui del Pime, per 70 anni in
Birmania, 1898-1991). Nel 2003 ha pubblicato un volume sulla sua esperienza
missionaria in ogni continente, “La Missione continua – Cinquant’anni a servizio
della Chiesa e del terzo mondo” (San Paolo) e un volume sul tema “Davide e Golia
– I cattolici e la sfida della globalizzazione” (San Paolo, 2002). Ha scritto
una quindicina di biografie di missionari, le ultime due sono: “Piero Gheddo -
Cesare Pesce (1919-2002), Una vita per il Bengala”, EMI 2004 (pagg. 204, Euro
10,00). “Clemente Vismara – Il santo dei bambini, a cura di Piero Gheddo”, Emi
2004 (pagg. 158, Euro 10,00).