ORO ROSSO DELL’ETNA di Antonio Patanè
Data: Mercoledì, 05 giugno 2024 ore 09:00:00 CEST Argomento: Redazione
L’epopea della
civiltà del vino nelle pendici orientali
e meridionali dell’Etna ha trovato una
“preziosa botte” nel volume dello storico catanese, Antonio
Patane
“L’oro rosso dell’Etna – Storia e etnoantropologia della
viticultura
orientale etnea . (Sec. XIV -XXI)
Nel
prezioso volume,
pubblicato dall’Accademia degli Zelanti e dei Dafnici di Acireale, ricco di un ben articolato corredo
documentativo,
l’Autore, docente di Lettere, e cultore
di Storia
Moderna presso il Dipartimento di Studi Politici e Sociali
dell’Università
di Catania, scrive
con le mente e il cuore, facendo trasparire
passione e competenza trasmessa dal
padre Alfio, mastro d’ascia e
valente artigiano del
legno e del palmento e della madre Peppina morta ultracentenaria fino alla fine fedele alla tradizione
familiare che ha
caratterizzato la vita e l’attività di
intere generazioni dei paesi etnei.
Il
desiderio di custodire e tramandare le pratiche e i riti della
vendemmia, ormai completamente
scomparsi, diventa un dono per le
giovani generazioni, scrigno prezioso
per la storia del territorio etneo della
Sicilia orientale, un tempo interamente coltivato a
vigneti, dalla montagna al mare, come
descritto nei primi capitoli del volume.
Nel
trentennio
(1880-1910 ) a causa della fillossera il
territorio della Sicilia orientale ha subito una radicale
trasformazione ,
dando spazio agli agrumeti che son
diventati il simbolo della “Sicilia bedda” - terra
di focu, di canti e d'amuri/
Facendo
cantare ancora:
“ st'aranci sulu nui li pussidemu / e la Sicilia nostra si fà onuri”,
Accanto
all’oduri di la zagara, che
caratterizza il territorio pedemontano, nel volume si gusta il profumo
del vino
e si riscopre un prezioso patrimonio etnoantropolico che Antonio Patanè
ha
saputo armonizzare nel monumentale volume.
Nella
prefazione del prof. Eugenio Magnano di San Lio domina l’Etna, (a
Muntagna-
Mungibeddu, di cui tutti noi “ figghi semu”, che ha
prodotto
disgrazie quando le colate laviche hanno sepolto città e campagne e
nello
stesso tempo porta fortuna per la
preziosità della sottilissima sabbia vulcanica che dà forza e sostegno
alle
viti. e impegna ad un costante lavoro del contadino per la sistemazione
del
terreno, i terrazzamenti, la costruzione di muri di recinzioni, i
fabbricati dove produrre il mosto, i
macchinari per la pressatura delle vinacce e poi ancora le cantine che
danno
caratteristiche particolari alle città del vino dell’aerea pedemontana
etnea.
Sfogliando
le pagine del volume, corredate di note, tabelle statistiche e da un
ricercato apparato fotografico, si
scoprono notizie, eventi, nomi, termini, gesti e riti che oggi è
difficile
immaginare e riprodurre. L’autore, infatti, a differenza degli storici
che
svolgono le proprie ricerche nel chiuso delle biblioteche, descrive il
territorio e tratta gli argomenti con profonda conoscenza dei luoghi e
del
paesaggio etneo, manifestando una forte passione politica e sociale,
che va
oltre l’epoca antica e “romantica” della viticultura etnea.
Le
molteplici mansioni dei contadini: mulattieri, pigiatori, sensali,
mastri di
palmento, proprietari, donne, ragazzi, carusi, bottegai, osti,
raccontano la
tenacia dei vignaioli che strappano terreno al bosco, al selvatico,
alle aride
distese laviche e danno vita al grande unico e originale giardino
dell’Etna
E’
questa una lezione di vita che sollecita impegno, tenacia, costanza,
forza di
volontà per conseguire gli ideali di bene e di progresso sociale e
civile.
Giuseppe
Adernò
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