VALUTAZIONE CON GIUDIZI SINTETICI nella scuola Primaria. Valutare gli alunni della scuola Primaria con giudizi sintetici significa voler misurare il cielo con il centimetro”.
Data: Sabato, 17 febbraio 2024 ore 08:10:00 CET Argomento: Redazione
Il
ministro Valditara ha espresso chiaramente il suo pensiero sui nuovi
criteri di
valutazone nella scuola primaria : “Basta con le definizioni
incomprensibili
tipo ‘avanzato’, ‘intermedio’, ‘base’, ‘in via di prima acquisizione’.
Al di là
del giudizio analitico, vogliamo che alle elementari le valutazioni
siano chiare,
semplici: ottimo, buono, discreto, sufficiente, insufficiente,
gravemente
insufficiente”.
Si
torna indietro nel cammino della valutazione scolastica
LA
CULTURA
DELLA VALUTAZIONE
Il
docente educatore come Michelangelo “tira
fuori da ogni bambini la parte migliore” e la valutazione, parte
integrante
del progetto formativo, non ha lo scopo di selezionare i “migliori”,
ma, più
concretamente, di fare in modo che emerga in tutti i bambini e ragazzi
“la loro
parte migliore”.
Il
significato etimologico del termine valutazione richiama il senso del
saper “dare valore”, e, come afferma Franco
Lorenzoni“ nel libro “, I bambini pensano
grande. Cronaca di un’avventura pedagogica" (Sellerio, 2014),
sollecita l’impegno di valorizzare tutti i bambini, accogliendo le loro
diversità nell’apprendimento.
Il
giudizio “gravemente insufficiente” blocca il processo di crescita
formativa,
non tiene conto dei livelli di partenza del bambino che non ha ancora
raggiunto
gli obiettivi di base.
La
cultura della valutazione scolastica ha subìto negli anni diverse
modificazioni
e adattamenti, apportando criteri innovativi nella ”Scheda
Personale” che un tempo si chiamava
“Pagella”, temine ancora in uso nel linguaggio ordinario.
Si legge nel Regio decreto degli anni Venti
che in sede di riunione per lo scrutinio finale presieduta dal preside:
“Ciascun docente esprimeva per ogni alunno un
giudizio sul rendimento scolastico e disciplinare, giudizio che il
Preside
traduceva in voto”.
Assegnare
il voto era, appunto, compito del Preside e il docente formulava un
giudizio
verbale.
Con i Decreti Delegati e gli Organi collegiali
anche la valutazione ha assunto una dimensione “collegiale” assegnando
i voti
che vanno dal 10 “eccellente” al 6 “voto di sufficienza”, a volte
intercalati
dai segni + o - o anche dal ½ voto che favoriva il calcolo della “media
dei
voti”.
Dal
1977 si è accentuata una differenza di sistemi di valutazione tra i
diversi
ordini di scuola. Mentre le scuole Superiori mantenevano il voto in
decimi
(tranne che per la valutazione della Religione Cattolica, per la quale
si
adottavano i giudizi: insufficiente, sufficiente, molto,
moltissimo),
negli altri due gradi di scuola sono stati introdotti i giudizi di: Eccellente, Ottimo, Distinto, Buono,
Discreto, Sufficiente, Non sufficiente ”.
In
seguito, nel 1993, il criterio di gradualità nella fascia valutativa è
stato
espresso sinteticamente con le lettere A, B, C, D, E corrispondenti a
una scala
valutativa che nella mente del docente, dello studente e dei genitori
veniva
riportata ai voti tradizionali dal 6 al 10.
Dagli
anni 1987-1988, la scuola del Primo ciclo ha adottato non più la
“Pagella”,
bensì la “Scheda Personale di valutazione”, con giudizi personalizzati
e veniva
compilata in triplice copia e di colore diverso: verde per la scuola,
marrone
per la famiglia. Le schede si
compilavano a mano e la copia con la carta carbone spesso era
illeggibile.
Dall'anno
scolastico 2008-2009 la legge 169, che porta la firma del Ministro
Maria Stella
Gelmini, rimette in vigore il voto in decimi nella scuola Primaria e
nella
scuola Secondaria di primo grado.
L’innovazione
fu salutata come un alleggerimento delle procedure negli scrutini
intermedi e
finali ed anche i genitori accolsero l’evento come segno di maggior
chiarezza
per comunicare il rendimento scolastico.
Ancora
una volta prevale l’idea della scuola che “insegna-istruisce” e
trasmette
cultura, mentre resta nell’ombra l’idea
di scuola che “educa e forma” l’uomo e il cittadino.
Franco
Lorenzoni e diversi altri pedagogisti hanno sostenuto, invece, che: “La reintroduzione del voto è stata una
sciagura perché ha riportato in auge una pratica del tutto sbagliata e
controproducente Quando si studia per il voto, la scuola non funziona,
se si
studia invece per il piacere e la curiosità di imparare si apprende
molto di
più”.
VERSO LE
COMPETENZE
Nel
corso dell’ultimo decennio spesso è stato discusso in merito alla
questione dei
voti nella scuola Primaria che pone le basi del saper organizzare il
proprio lavoro,
del saper gestire le proprie cose, di ciò che sarà il bambino un
domani,
acquisendo autonomia di comportamento nel rispetto delle regole della
convivenza civile.
In
essa comincia il percorso di orientamento verso gli ambiti disciplinari
che
diventano poi “discipline” e “attraverso
l’acquisizione sistematica e critica della cultura si promuove la
formazione
integrale della persona” che cresce mettendo a frutto le personali
potenzialità che, esercitate mediante l’azione scolastica, diventano
prima
“capacità”, poi “abilità” e quindi “competenze”.
Per
definizione la competenza è segno di un graduale consolidamento della modifica del modo di sentire e di agire,
e tale gradualità non può essere “misurata” e “quantificata” con un
voto
numerico, ma va descritta esplicitando il graduale sviluppo, di
crescita e di
maturazione.
La
descrizione del grado o del livello di competenza va redatta mediante
la
formulazione di un giudizio che fotografa lo stato reale del processo
di
formazione dell’alunno e che, come un referto ecografico, segnala ed
analizza i
particolari aspetti di crescita e le eventuali direzioni d’intervento
per un
miglioramento efficace.
Com’è
stato scritto: “Assegnare voti nella scuola
Primaria significa voler misurare il cielo
con il centimetro”.
Il
voto, espressione della “misura” di quantità, e “accertamento di un
prodotto”,
è stato considerato “un imbarazzante neo” della scuola delle competenze
che,
invece, privilegia il “processo”, anziché il “prodotto”.
Nella
prassi quotidiana la valutazione qualitativa, descrittiva non misura le
prestazioni con il centimetro dei voti, ma spiega e valorizza
l’evoluzione
dell’apprendimento e l'impegno esercitato, tenendo conto dei differenti
ritmi
di crescita e i diversi livelli di partenza.
La
valutazione scolastica ha la caratteristica, l’attributo e la qualità
di
essere: “formativa”, indirizzata cioè non a “misurare“ ciò
che il bambino sa, bensì a descrivere il
processo che lo aiuta a “saper fare”, evidenziando
anche eventuali difficoltà e ostacoli. Lo
sosteneva anche il Maestro Manzi quando
valutava i suoi alunni dicendo: “Fa
quel che può, quel che non può non fa”,
dimostrando da attento professionista
dell’educazione che è compito del docente: “Saper guardare tutti ed
osservare ciascuno”.
Tutti
questi elementi non possono
essere contenuti nel voto numerico.
La
valutazione formativa ha le caratteristiche di “orientamento,
guida, accompagnamento”, diventa espressione del “prendersi
cura “dell’alunno, del “saper rispondere ai bisogni di
ciascuno”.
Il
giudizio sintetico misura, pesa,
quantifica
e non descrive il processo e non
accompagna l’esercizio delle capacità che diventano abilità per
raggiungere il
livello di competenze.
Chiediamo
al Ministro Valditara se questa decisione è coerente ai principi della
pedagogia
di una scuola “studente-centrica” orientata allo sviluppo delle
competenze che
per norma vanno descritte e non misurate o rinchiuse in formule
standard.
La
migliore valutazione, alla scuola primaria, è quella che “sostiene
la crescita dei bambini, potenziandone i punti di forza e
accogliendone i punti deboli, attraverso un percorso che consenta a
ciascuno di
progredire, indicando cosa fare meglio e non limitandosi ad evidenziare
gli
errori”.
Giuseppe
Adernò
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