Alla domanda: “Mio figlio come va?” la risposta pedagogica: “Sta crescendo”
Data: Lunedì, 07 agosto 2023 ore 16:40:00 CEST Argomento: Redazione
In linea di continuità con l’articolo che propone di
modificare la domanda “Come vai a scuola?” con la formula “Come
stai
a scuola?”, dando centralità al “benessere” dello studente,
si
indirizza l’attenzione alla risposta che i docenti dovrebbero saper
dare ai
genitori che nel corso degli incontri “scuola-famiglia” per le
valutazioni
trimestrali o quadrimestrali chiedono : “Mio figlio come va?”
La
domanda è pensata bene, anche se viene formulata
male. I nostri nonni dicevano: “Vai a
scola ca t’ansignuno adducazione”. Il termine “educazione”, anche
nella colorita
espressione dialettale, voleva significare non soltanto il buon
comportamento,
ma faceva prevedere la crescita, lo sviluppo delle competenze, un reale
riscatto sociale in vista della professione da svolgere al termine
degli studi.
Se
la risposta del docente viene formulata con l’espressione:
“Va bene. Ha preso 7 – 8 . Ha fatto un buon compito, una buona
interrogazione” oppure “Deve riparare in matematica, deve
studiare
meglio l’inglese o le scienze”, il
messaggio che arriva alla famiglia è un rinforzo dell’idea che la
scuola sia
soltanto istruzione, contenuti, conoscenze, materie e compiti.
Se la comunicazione
è trasmissione di idee e di pensieri, questo è quello che il docente
pensa e
comunica ai genitori.
La duplice connotazione della scuola, luogo
privilegiato di istruzione e di formazione, non si evince nelle
risposte
dirette date ai genitori.
Dov’è
la dimensione formativa e orientativa della
scuola se alla mamma dell’alunna brava viene risposto: “Per sua
figlia tutto
ok, non c’è niente da dire, se ne può andare”?
Il
dialogo educativo scuola-famiglia necessita di una
radicale modifica di linguaggio e di comunicazione. La risposta
pedagogica che
il docente educatore dà ai genitori coinvolgendoli nel percorso
formativo dovrebbe
riguardare la descrizione del processo di crescita dello studente: “Suo
figlio sta crescendo, Ha conseguito questi traguardi, ha migliorato
questi
aspetti del suo carattere, ha bisogno di…..”
Con
questa espressione “pensata per lui, per lei”
si offre ai genitori, i quali hanno formulato male la domanda, pensata
bene, il
docente manifesta la vera idea di scuola, esplicitandone le finalità
formative e
qualifica in tal modo la sua professione di
“educatore”, attento alla crescita armonica e integrale dello
studente.
Ricordo
il grido angosciante di una mamma che, durante
un incontro di valutazione intermedia, alla professoressa che cercava
il
compito di latino da mostrare per indicare gli errori commessi ha
risposto
urlando: “Non mi interessa il voto del compito di latino, mio figlio si
droga,
frequenta una brutta compagnia e chiedo a voi aiuto per salvarlo e
riportarlo
sulla buona strada”
E’ desiderio di
ogni genitore il miglior bene per il proprio figlio e non solo la
promozione ed
il successo scolastico, ma essenzialmente il successo formativo
, lo sviluppo
delle competenze, in vista della realizzazione del personale progetto
di vita e del domani professionale.
La
relazione educativa che costituisce una delle
connotazioni essenziali della scuola , intesa come “atto intenzionale”
offre la
garanzia della crescita della persona.
Nella
relazione docente-studente, con la risposta alla
domanda: “Come stai?” si apre il
dialogo e la comunicazione nella prospettiva del futuro ed emergono
dubbi,
perplessità, bisogni ai quali occorre dare risposta nella “scuola
per
ciascuno”.
Nell’incontro
con i genitori, la relazione educativa si orienta verso la convergente
ricerca
del vero bene del figlio-studente, e non solo della promozione.
“Star bene a
scuola, Star bene con se stessi, Star bene con le istituzioni”,
slogan del “Progetto
giovani 93” , promosso da Luciano Corradini, che ha
dato vita al “Progetto Ragazzi 2000”,
dopo trent’anni è ancora vivo e attuale,
Giuseppe
Adernò
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