Ma il Merito non era di sinistra?
Data: Giovedì, 03 novembre 2022 ore 12:00:00 CET Argomento: Redazione
Certe
parole come il merito, la solidarietà,
l’accoglienza, il rispetto, i valori non hanno colore politico, ma
sono
patrimonio di tutti e se tendono al miglior bene della società vanno
rispettate
e condivise da tutti.
Leggiamo
su Repubblica un intervento del giuslavorista
del PCI, Pietro Ichino che in un articolo intitolato
Perché la sinistra deve credere nel merito.
cita il
Segretario Cgil Landini, il quale afferma che
"rischia di essere uno schiaffo in faccia per chi può avere tanti
meriti, ma parte da una situazione di diseguaglianza", e
conclude affermando che: “puntare
sul merito sia l’unico modo per garantire una
scuola efficace anche per chi viene da famiglie non abbienti".
La
scuola, infatti, non potrà mai essere fattore di uguaglianza sociale se
non
impara a valutare e premiare il merito molto più di quanto non lo
faccia oggi
ed anche l’intera amministrazione pubblica ha bisogno di questa
rivalutazione
del merito al proprio interno
Anche
Matteo Renzi, leader
di Italia
Viva ha ribadito che “tutta la nostra Buona Scuola”,
la
Legge 107 del 2015, si basava sul merito e sugli incentivi alla
formazione. Il
contrario di merito non è uguaglianza. Il contrario di merito è rendita
di
posizione”.
Il
ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, che ha
proposto di aggiungere il termine “Merito” al Ministero che
coordina la
scuola italiana, alla
vigilia
delle elezioni del 25 settembre, ha scritto insieme al
ricercatore
e politologo Alessandro Amadori un
libro dal titolo: “È l’Italia che vogliamo“, presentato in
copertina
come "Il manifesto della Lega per governare il Paese"
Nel
capitolo dedicato ai “Progetti concreti per un Paese che rinasce” sono
tracciati due paragrafi dedicati all’Università, ricerca e innovazione’
e al
tema: ‘Scuola e formazione’.
In essi si legge la chiara progettualità di “ridare
autorevolezza ai docenti” attraverso “una vera e riconosciuta
carriera”,
con funzioni differenziate e adeguatamente retribuite
E’
certamente da tutti condivisibile l’espressione “se si richiede
qualità, si
deve anche pagarla” e tutto ciò comporta la definizione di nuovi
criteri di
valutazione dei meriti e degli incentivi corrispondenti.
Questa
progettualità del Ministro dovrebbe tranquillizzare le anime inquiete
di chi ha
gridato allo scandalo e non ha detto nulla quando dal linguaggio
scolastico è
stata cancellata la parola “educazione” che indentificava le singole
discipline
scolastiche.
VERSO
IL MERITO
Nel
termine “merito” si legge: impegno, studio, volontà di riuscire,
valorizzazione
della persona, sviluppo di carriera.
Puntare
sulla qualità e valorizzare il merito porterà certamente notevoli
benefici alla
scuola, nella quale occorre ancor meglio “ripristinare la cultura
della
regola e dare importanza all’insegnamento” che diventa efficace se
produce
apprendimento e aiuta gli studenti a crescere nello sviluppo delle
competenze.
Occorre
passare, scrive il Ministro, “dalla logica del ‘diplomificio’ a un
modello
di formazione scolastica che privilegi lo sviluppo individualizzato dei
talenti
e delle corrispondenti competenze” e che “non lasci indietro
nessuno
Non
ci si può accontentare degli obiettivi minimi, della semplice
“sufficienza”,
spesso causa di quella diffusa “dispersione implicita”, che
connota gli
studenti con un titolo, solo pezzo di carta, non supportato da solide
basi culturali
e di competenze per una prospettiva di lavoro.
IL
MERITO NON È BUONISMO
Una
scuola buonista che promuove a qualunque costo più per far felici e
contenti i
genitori che gli alunni è una cosa deprimente, perché l’alunno crescerà
e
maturerà nella sua mente l’idea che è inutile che studio, tanto alla
fine vengo
sempre promosso.
Ciò
denota anche mancanza di rispetto nei riguardi di quegli alunni che,
per un
intero anno scolastico, hanno lavorato con costanza e profuso un grande
impegno.
Superare
l’individualismo
e la competizione: è un
obiettivo educativo ambizioso, e guarda verso la meta della “scuola
democratica”
disegnata dai pedagogisti illuminati come John Dewey, Maria
Montessori,
Mario Lodi e proprio il suo
monito:
“La scuola promuove. punto” ritorna come costante appello per
innovare
lo stile didattico capace di andare oltre la semplice trasmissione di
contenuti
o l’ansia dello svolgimento del programma, e, ponendo lo studente al
centro del
servizio scolastico, il docente si prende cura della sua crescita,
della
formazione integrale e dello sviluppo delle personali potenzialità, che
diventano capacità, abilità ed infine vengono certificate nel “portfolio
delle competenze”.
La
cultura del merito investe anche la promozione della professionalità
del
docente il quale, attraverso una diligente formazione, trova le
strategie
adeguate
per
mettere in atto la regola pedagogica del “Saper guardare
tutti e
saper osservare ciascuno”, ponendo agli studenti non solo
l’obiettivo del successo
scolastico, ma ancor più, mediante la valorizzazione dei talenti, il
traguardo
del successo formativo.
Giuseppe
Adernò
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