Scuola covidiana. Tempo scuola e tempo di apprendimento?
Data: Sabato, 17 ottobre 2020 ore 08:00:00 CEST Argomento: Redazione
Nei libri di pedagogia didattica si legge che “tutto
il tempo scuola deve essere tempo di
apprendimento”.
Le ore
che i ragazzi trascorrono a scuola non possono
avere vuoti formativi, ed anche la ricreazione, momento di
socializzazione e di
amicizia condivisa, è un’opportunità formativa.
I bravi
pedagogisti insegnano che anche le ore di
supplenza sono “opportunità formative” e non tempo fermo, libero o come
spesso
accade,“tempo perso”, da rendere veritiera l’espressione dei ragazzi,
quando,
tornando a casa e gettando la cartella per terra, alla domanda della
mamma che
chiede “cosa avete fatto oggi a scuola” la risposta
immediata è:“Niente!”
Leggendo
il diario di un ragazzo di scuola secondaria
di secondo grado si registra come l’emergenza Covid-19 e le restrittive
norme
di prevenzione dei contagi abbiano fortemente contratto il tempo di
lezione,
spazio dedicato all’insegnamento e momento privilegiato di
apprendimento.
L’ora di
lezione si riduce da sessanta a quarantacinque
minuti per consentire le procedure di areazione, igienizzazione e
cambio dei
docenti.
Quel che
è peggio si registra nel constatare che
questa riduzione formale, di fatto è ancor
più contratta a quindici minuti, caricata di procedure burocratiche per
la
prevenzione: la registrazione della scheda di presenza, la consegna al
collaboratore scolastico, l’attivazione del computer, il collegamento
alla rete,
spesso ballerina, della scuola , la
registrazione degli alunni presenti ed avvio al collegamento on line
con gli alunni
che non sono in presenza.
Per la carenza degli spazi nelle aule, il Consiglio
d’Istituto ha deliberato la didattica mista e integrata e la classe è
stata divisa
in gruppi di dieci.
Nell’attivare
il collegamento con gli studenti che sono a casa il tempo non è
misurabile o
prevedibile e, quando finalmente sembra che tutti siano collegati ,
arriva il
messaggio in chat di chi ho perso la linea, non sente l’audio, non
comprende la
spiegazione del docente.
Intanto
l’orologio non si ferma e siamo arrivati a 35
minuti, ne mancano 10 per il cambio ora.
Con
questi presupposti che non sono teorici, ma
pesantemente reali e veritieri, si registra che l’insegnamento non è
più, come
affermava J.Guilbert “interazione tra lo
studente e l’insegnante, sotto la responsabilità di quest’ultimo, allo
scopo di
facilitare le modificazioni previste del comportamento dello studente e
quindi
del suo modo di pensare, di sentire e di agire “
Non c’è
il tempo per pensare, manca lo spazio di
assimilazione e di rielaborazione, si riduce il tempo della
comunicazione, si
delega al lavoro personale a casa il compito della ricerca e
dell’approfondimento, quasi una diffusa operazione surrogata di flipped classroom, strategia didattica
che va condotta con competenza e professionalità.
Voler
salvare la faccia e dire che tutto va bene,
sembra proprio una strategia non veritiera, in contrasto con l’azione
formativa
della Scuola che insegna le cose vere.
L’accomodamento,
l’arrangiamento, il tentare di fare
qualcosa, non corrisponde alla dimensione della progettualità della
scuola,
protesa ad un traguardo di qualità e di competenze che tutti gli
studenti hanno
il diritto e il dovere di conseguire.
L’emergenza
coronavirus, che ha messo sotto scacco la
società e l’economia, ha cancellato nella parola “scuola” la lettera
“c” e
quindi considerata “suola” può essere facilmente calpestata e
trascurata, o
trattata come una pantofola da usare in casa e non per uscire con il
vestito
della festa.
La “c”
che è caduta dalla parola scuola, l’ha
riportata come “cenerentola”, ma
ancora deve arrivare l’invito alla festa, la prova della scarpetta e
intanto….
Il tempo passa e non ritorna indietro.
Il
percorso scolastico conta gli anni anagrafici, che spesso
non corrispondono agli anni di apprendimento e di sviluppo di nuove
competenze
e gli eventuali recuperi sono soltanto delle pezze al vestito e non
sempre di
buona fattura.
Giuseppe
Adernò
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