A scuola i test Invalsi parlano inglese
Data: Martedì, 29 agosto 2017 ore 08:00:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
La prima novità
dell’anno scolastico che sta per iniziare (si parte il 5 settembre a
Bolzano, poi dall’11 al 15 si tornerà in classe in tutte le regioni)
interessa gli alunni di primarie e medie: entrano, infatti, in vigore
le nuove regole sulla valutazione e sugli esami di Stato, introdotte
dai decreti attuativi della legge 107.
Alle “ex elementari” si potrà bocciare solo «in casi eccezionali» e con
«decisione unanime dei docenti della classe»; in tutto il primo ciclo
l’ammissione alla classe successiva sarà possibile anche in caso di
«insufficienze» in una o più discipline (le scuole dovranno però
attivare percorsi di supporto per colmare le lacune); l’esame di terza
media, poi, – in calendario a giugno 2018 – si asciuga, da cinque a tre
prove scritte (italiano, matematica, lingue straniere), più il
colloquio orale.
Per gli studenti delle superiori l’alternanza obbligatoria conquista le
quinte classi, andando così a regime (interesserà 1,5 milioni di
giovani – a settembre è prevista anche la pubblicazione della Carta con
i diritti e doveri che dovranno rispettare i ragazzi in formazione in
azienda); e ci saranno risorse in più per ampliare le borse di studio
finalizzate all’acquisto di materiale didattico, trasporti, accesso a
beni di natura culturale (il più volte annunciato esonero totale dal
pagamento delle tasse scolastiche, in base all’Isee, decollerà invece
nel 2018/2019 con le quarte superiori).
Restyling ai test Invalsi
All’elenco di “certezze” che gli otto milioni di alunni e le loro
famiglie – le paritarie saranno frequentate da circa un milione di
studenti – si troveranno di fronte alla ripresa delle lezioni va
aggiunto, pure, il mini-restyling dei test Invalsi di certificazione
delle competenze: «Oltre alle prove canoniche di italiano e matematica,
che rimarranno, se ne aggiungerà una in inglese – spiega Carmela
Palumbo, dg per gli Ordinamenti scolastici e la valutazione del Miur -.
Sarà un test standardizzato che misurerà le abilità di comprensione e
uso della lingua da parte degli alunni. In quinta primaria fornirà
indicazioni più che altro alla scuola. In terza media invece i
risultati verranno riportati in un attestato, da consegnare a studenti
e genitori assieme al diploma, che indicherà il livello di competenza
raggiunto dal ragazzo». La prova Invalsi in lingua inglese si farà pure
in quinta superiore (ma nel 2018/2019), e, come per il primo ciclo, lo
svolgimento dei test diventa requisito di ammissione alle rilevazioni
finali. L’esame di Maturità cambierà l’anno successivo, nel 2018/2019,
appunto: «Ma già quest’anno – ha aggiunto Palumbo – il ministero
lavorerà per definire i quadri di riferimento per le prove. È una
novità assoluta, indicheremo contenuti minimi e modalità di svolgimento
degli esami e anche le competenze richieste ai maturandi. Si tratta di
un’operazione di trasparenza per insegnanti e famiglie».
Per gli alunni disabili, poi, debutterà il «Pei» («Progetto educativo
individualizzato») per favorire la maggiore inclusione possibile; alla
primaria partiranno i Poli a orientamento artistico; l’infanzia vedrà
l’esordio – graduale – del nuovo servizio unitario per i bambini da 0 a
6 anni; e nei prossimi mesi dovrebbe vedere la luce il nuovo
regolamento per l’istruzione professionale previsto dalla Buona Scuola
che proverà a dare una più chiara identità agli istituti professionali,
rendendo più flessibile la loro offerta formativa e superando l’attuale
sovrapposizione con l’istruzione tecnica. Il condizionale è però
d’obbligo considerato l’ambito frammentato di competenze statali e
regionali, e l’avvicinarsi delle urne.
Le promesse da mantenere
E proprio l’imminente scadenza dell’attuale governo inciderà (molto
probabilmente) su alcuni recenti annunci fatti nei giorni scorsi dalla
ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli (si veda anche la sua
intervista al Sole 24 Ore di domenica 20 agosto). A partire dalla
sperimentazione, molto innovativa, in 100 prime classi del diploma
superiore a quattro anni: l’esperimento, che partirà il prossimo anno,
si concluderà nel 2023, e toccherà pertanto al nuovo esecutivo tirare
le somme. E pure l’annunciata rivisitazione degli ordinamenti didattici
e l’allungamento dell’obbligo scolastico a 18 anni (oggi 16) al momento
è un argomento di discussione aperto (spetterà al nuovo decisore
politico mettere nero su bianco una proposta).
Andranno, invece, verificate attentamente da famiglie e studenti altre
due dichiarazioni del Miur su supplenti e “caroselli” di professori,
entrambi previsti sensibile in calo. I primi grazie alla
stabilizzazione di 15.100 cattedre: secondo le stime ministeriali
quest’anno si scenderà – per la prima volta – sotto quota 100mila
docenti precari. Si dovrebbero limitare pure i trasferimenti “solo per
un anno”: le maglie saranno un po’ più strette rispetto al 2016/2017,
spiegano dal ministero. L’obiettivo è evitare che un’ampia fetta di
spostamenti avvenga, tramite assegnazione provvisoria, dopo l’inizio
delle lezioni a tutto svantaggio della continuità didattica da
garantire ai ragazzi. Anche qui bisognerà attendere le prossime
settimane per vedere se davvero sarà così.
Claudio Tucci
Il Sole 24 Ore
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