L’Europa fatta dagli Erasmus: in 30 anni 4 milioni, «in futuro 40 milioni»
Data: Martedì, 28 febbraio 2017 ore 08:00:00 CET Argomento: Rassegna stampa
Nel 1987 i pionieri
dell’Erasmus furono appena 3.244 partiti da 11 Paesi. Da allora, in
trent’anni, oltre 4 milioni hanno fatto le valigie per studiare in un
ateneo di un altro Paese europeo riportando poi a casa esperienze non
solo formative, che in alcuni casi hanno cambiato il corso della loro
vita: c’è chi dice che siano quasi un milione i bambini nati grazie
agli incontri durante il programma di studio più famoso d’Europa. E
ora, come ha annunciato il sottosegretario alle Politiche Ue agli stati
generali della generazione Erasmus a Roma, Sandro Gozi c’è l’idea
sostenuta dal Governo italiano di decuplicare le risorse «per portare
nei prossimi 30 anni a 40 milioni gli studenti coinvolti».
L’Italia e l’Erasmus
Gli italiani a essere partiti in trent’anni sono oltre 350mila, a cui
aggiungere anche 100mila tra docenti e alunni delle superiori che hanno
preso parte a esperienze di mobilità (dal 2007). Nel 2016 l’Italia ha
accolto oltre 20mila partecipanti al programma (quinto paese di
destinazione) e ha mandato all’estero 29.780 persone coinvolte in
progetti di scambio. Stime calcolano un indotto per l’Italia da Erasmus
pari a 147 milioni di euro nel 2014. Per il 2017 l’Unione europea ha
stanziato 2 miliardi e 157 milioni di euro, circa 300 milioni in più
rispetto al 2016. I fondi destinati a Erasmus+ nel bilancio 2017
rappresentano appena l’1.3% del bilancio annuale totale. I fondi
saranno così divisi: all’istruzione e formazione andranno 1,9 miliardi;
alla gioventù 209,1 milioni; all’azione Jean Monnet 10,8 milioni; allo
sport 31,8 milioni. Sul fronte universitario, per l’anno accademico
2016/2017 l’Agenzia Indire ha accolto 244 candidature da parte di
atenei e istituti per le attività di scambio previste con i paesi del
programma, che includono gli Stati membri insieme a Islanda, Turchia,
Liechtenstein, ex Repubblica di Macedonia.
L’idea di estendere il programma
«Il progetto Erasmus è la più grande storia di successo dell’Europa,
che non fa l’Europa ma gli europei. Il progetto in 30 anni è cresciuto,
ma va rafforzato di più:il nostro impegno è affinché nel bilancio
2020-2026 le risorse stanziate passino da 2 a 20 miliardi», ha spiegato
il sottosegretario Gozi. «Lavoreremo per dare un’accelerata al progetto
Erasmus, oggi riservato solo all’1,2% della popolazione giovanile
interessata», ha aggiunto il ministro dell’Istruzione, Università e
Ricerca Valeria Fedeli. Che vuole allargare la platea degli studenti
coinvolti: «Se in passato questo programma è stato un miraggio per
giovani appartenenti a famiglie con redditi bassi, non vogliamo sia più
così». Per la ministra, inoltre, le possibilità di partecipazione
dovrebbero aumentare anche in termini anagrafici, «estendendole quindi
alle giovanissime studentesse e ai giovanissimi studenti delle scuole».
L’esperienza Erasmus tra l’altro ha una influenza positiva sullo
spirito imprenditoriale: «In Italia, il 32% degli studenti con
tirocinio Erasmus è intenzionata ad avviare una start-up, il 9% l’ha
già realizzata», avverte Giovanni Brugnoli, vice presidente di
Confindustria per il Capitale umano. Che sottolinea come per il 93%
degli imprenditori europei «sono strategiche le esperienze trasversali
acquisite dalle risorse che vantano una mobilità internazionale nel
proprio background». Tra l’altro da un’analisi svolta dalla Commissione
Ue sull’impatto di Erasmus emerge – osserva Brugnoli – che gli studenti
dei Paesi del Sud Europa hanno maggiormente beneficiato delle mobilità,
riducendo i tempi di disoccupazione.
Marzio Bartoloni
Il Sole 24 Ore
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