Un diplomato su sette lavora, male chi esce dai professionali
Data: Sabato, 18 febbraio 2017 ore 07:00:00 CET Argomento: Rassegna stampa
Dopo le superiori,
università o lavoro? A un anno dal diploma 70 ragazzi su 100 proseguono
gli studi (il 54% a tempo pieno, il 16% lavorando anche); il 17% ha
preferito inserirsi direttamente nel mercato del lavoro. I restanti
13%, si dividono tra chi è alla ricerca e chi, per gli svariati motivi,
non cerca lavoro (3%). A tre anni dal titolo invece aumenta la quota di
occupati: 25%, che sale al 54% a cinque anni dal diploma. Preoccupa
ancora la percentuale di “pentiti”: dopo un anno dall’uscita della
scuola cambierebbero tutto il 43% degli intervistati.
I numeri del rapporto
A fotografare le scelte degli studenti alla fine della secondaria di
secondo grado è il «Rapporto 2017 di Almadiploma e Almalaurea» che ha
coinvolto 115mila diplomati del 2015, 2013 e 2011 intervistati a uno,
tre e cinque anni dal diploma; e che è stato presentato ieri al Miur. E
che conferma come siano gli studenti degli istituti professionali
quelli che faticano di più a trovare una loro strada, sia negli studi
sia nel lavoro.
Pentimento precoce
Alla vigilia della conclusione delle scuole superiori se il 54% dei
diplomati del 2015 dichiara che, potendo tornare indietro, sceglierebbe
lo stesso corso nella stessa scuola, c’è un consistente 45% che farebbe
una scelta diversa: oltre il 26% cambierebbe sia scuola sia indirizzo,
l’11% ripeterebbe il corso ma in un’altra scuola, l’8% sceglierebbe un
diverso indirizzo/corso nella stessa scuola.
Professionali anello debole
I diplomati degli istituti professionali sono i meno convinti della
scelta compiuta a 14 anni; quando decidono di proseguire gli studi si
sentono svantaggiati (non a caso sono quelli con il più alto tasso di
abbandono); e anche sul fronte del lavoro risultano penalizzati: se la
disoccupazione coinvolge 22 diplomati su 100, la percentuale sale al
29% tra i diplomati professionali.
L’indagine conferma, poi, che i ragazzi che alla maturità ce l’hanno
fatta per il rotto della cuffia o hanno strappato un voto modesto
tendono a presentarsi direttamente sul mercato del lavoro. La
prosecuzione degli studi, all’opposto, è una scelta che coinvolge
soprattutto i diplomati più brillanti e i liceali (69% rispetto al 38%
nei tecnici e al 19% nei professionali). Naturalmente, il contesto
socio-economico e culturale della famiglia influenza la scelta: l’87%
dei diplomati provenienti da famiglie in cui almeno un genitore è
laureato ha deciso di iscriversi all’università.
Buste paga superiori ai mille euro
I diplomati che lavorano a tempo pieno guadagnano in media, a un anno
dal diploma, 1.028 euro mensili netti. A tre anni dal conseguimento del
titolo il guadagno mensile netto è pari in media a 1.137 euro mentre la
retribuzione, a cinque anni dal diploma, sale lievemente: 1.274
Stage ed estero le carte vincenti
L’intreccio anticipato tra scuola e lavoro sembra essere un jolly. I
ragazzi che hanno svolto attività di tirocinio durante gli studi hanno,
infatti, il 60% in più di probabilità di lavorare (34% se si
considerano stage svolti in azienda dopo il diploma). Accrescono le
chance occupazionali pure le esperienze di studio all’estero: +31%. Ma
anche i progetti di alternanza scuola-lavoro (per il 59% dei diplomati
– 86,5% nei tecnici e 90% nei professionali – il percorso didattico
concluso prevedeva questa esperienza) sembrano rappresentare un valore
aggiunto: spesso – constata il rapporto Almadiploma – si traducono in
un rapporto di lavoro con l’azienda presso cui lo studente ha svolto i
periodi lavorativi previsti dal progetto.
Claudio Tucci
Il Sole 24 Ore
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