Il rapimento di Aldo Moro e i miei ricordi di gioventù, in quel 16 marzo 1978
Data: Lunedì, 16 marzo 2015 ore 08:00:00 CET Argomento: Redazione
Eravamo
in piena quaresima, in quel lontano 16 marzo 1978. Ricordo persino che
quella mattina, con la mia classe, eravamo andati nella chiesa di
piazza Santa Maria di Gesù, nel centro storico di Catania, per gli
esercizi spirituali (a quell'epoca si facevano anche a scuola), quando,
all'improvviso, dal pulpito, un sacerdote, con un fil di voce e in
maniera concitata, prese il microfono e annunciò, "Stamani a Roma, verso le nove, è stato
rapito l'onorevole Aldo Moro, e trucidata la sua scorta. Altro non
sappiamo!". Ricordo benissimo ancora il clamore e l'emozione che
quella tragica notizia provocò in ciascuno di noi ragazzi, ci piombò
addosso, in quella piccola chiesa, in maniera violenta, quasi
incomprensibile, come qualcosa proveniente da un "altro mondo". Subito ci fecero
rientrare a scuola, ma in quel terribile giovedì non riuscimmo più a
riprendere le lezioni, e aspettammo con ansia il suono della campanella
per rientrare a casa e saperne di più. Poi a casa, su Rai 1, il canale
nazionale, vi fu un "diluvio"
di notizie e di sensazioni, tra rabbia e paura.
«Oggi, giovedì 16 marzo 1978, alle ore 9,02, una Fiat 132 con a bordo
il presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro e il maresciallo
dei carabinieri Oreste Leonardi, guidata dall'appuntato Domenico Ricci,
percorreva via Mario Fani, seguita dall'Alfetta con i tre agenti della
scorta, Raffaele Jozzino, Giulio Rivera, Francesco Zizzi. Le due
vetture sono partite, come ogni mattina, dall'abitazione di Moro, in
via del Forte Trionfale, e, seguendo il percorso abituale verso il
centro, hanno raggiunto via Fani, dove, davanti al bar Olivetti (chiuso
per il riposo settimanale), pochi metri prima dell'incrocio con via
Stresa, una Fiat 128, con targa diplomatica, frena bruscamente e viene
tamponata dalle autovetture della scorta di Moro, che restano bloccate.
In tre minuti, un "commando" di brigatisti formato, almeno
"ufficialmente", da nove persone (più una decima con funzioni solo di
vedetta), vestiti con divise da aviatori civili, uccide gli uomini
della scorta e sequestra il presidente della Dc. Solo Jozzino, ferito,
riesce a sparare qualche colpo, inutilmente, prima di essere finito. I
terroristi hanno sparato in tutto 91 colpi, 49 dei quali ad opera di un
unico killer, che usava un'arma mai ritrovata.
Un testimone, esperto di tiro, definirà quel brigatista "un tiratore
scelto" che sparava come "Tex Willer". Il commando "ufficialmente" era
formato da Valerio Morucci, Franco Bonisoli, Prospero Gallinari e
Raffaele Fiore (il cosiddetto "gruppo di fuoco"), Mario Moretti e Bruno
Seghetti (alla guida di due auto), Barbara Balzerani, Alvaro Lojacono e
Alessio Casimirri (nel ruolo di "cancelletti"), più Rita Algranati che,
più distante, doveva segnalare agitando un mazzo di fiori l'arrivo del
corteo di auto con lo statista democristiano a bordo. Moro stava
andando alla Camera, dove il presidente del Consiglio incaricato,
Giulio Andreotti, avrebbe presentato il suo nuovo Governo (il primo con
l'appoggio del Pci), nato proprio dal paziente e faticoso lavoro di
Moro. All'angolo dell'agguato c'era di solito il furgone di un fioraio,
ma quel giorno era rimasto a casa perché aveva trovato il suo mezzo con
tutte le ruote squarciate. Da un balcone, un testimone scatta diverse
foto. La moglie, giornalista dell'Ansa, consegna il rullino al giudice
Infelisi. Alle 9,24 polizia e carabinieri dispongono posti di blocco
sulle strade in uscita dalla città, mentre in via Fani arrivano i
responsabili dell'ordine pubblico. Alle 10.10 arriva all'Ansa la prima
telefonata di rivendicazione delle Br. Nella giornata viene proclamato
lo sciopero generale e centinaia di migliaia di persone manifestano a
Roma e in tutte le più grandi città, mentre si susseguono incontri a
Palazzo Chigi, in questura, al Viminale. Il caos è aumentato dal
fatto che i telefoni della zona, proprio in quel momento, rimangono
muti. Un malfunzionamento dovuto, secondo la Sip, al sovraccarico delle
linee».
Ma i misteri non finirono lì! Molti anni dopo apprendemmo, secondo la
ricostruzione fatta da Valerio Morucci, che lo statista con una "Fiat
132", scortata da altre due vetture, quel mattino, raggiunse la zona di
Monte Mario, venne trasferito su un furgoncino e portato in un
parcheggio sotterraneo in via dei Colli Portuensi e qui trasbordato su
un'auto "blu" che lo avrebbe portato nella "prigione del popolo" di via
Montalcini. Molti testimoni, in seguito, parleranno della presenza, sul
luogo dell'agguato, di due persone su una moto Honda. E poi altre
rivelazioni, da una lettera anonima, inviata nel 2009 a un giornale da
un brigatista, nella quale si allude alla presenza di due agenti dei
servizi segreti in Via Fani, la mattina del 16 marzo. In più, nella
ricostruzione ufficiale non quadra il fatto che tutti i terroristi
avrebbero sparato da un solo lato, mentre una perizia, e alcune
testimonianze, sembrerebbero dimostrare che uno dei killer era sul lato
opposto. Ed è proprio di questi giorni la notizia di nuove perizie ad
opera di esperti della Polizia scientifica, con moderni e sofisticati
strumenti di rilevazione, per capire di più su quanto è successo quel
terribile mattino del 16 marzo di tanti anni fa. O la recente smentita
di don Mennini, attuale nunzio apostolico nel Regno Unito, resa davanti
la Commissione parlamentare d'Indagine, di aver visitato e confessato
Aldo Moro nella "prigione del popolo", come aveva raccontato l'ex
presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, ministro dell'Interno,
all'epoca del rapimento Moro.
E poi, quella "decisione" definitiva che si attendeva dalla direzione
politica della Dc, che non venne mai presa, e che, ancora oggi, rimane
come un macigno sulla coscienza della Democrazia Cristiana. Forse lo
Scudocrociato iniziò a "morire" proprio in quei tristi giorni
dell'ignavia e dell'abbandono. Ma io ricordo, solamente, quel 16 marzo,
all'ora di cena, incollato davanti allo schermo tremolante e in
bianconero del "canale nazionale", a seguire il dibattito parlamentare
e i tanti comunicati "inutili" dei grigi politici d'allora! E il
tempestoso sogno di quella lunga notte.
Angelo
Battiato
angelo.battiato@istruzione.it
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