La sperimentazione del liceo breve al “Flacco” di Bari: innovazione o riduzionismo?
Data: Martedì, 16 dicembre 2014 ore 08:00:00 CET Argomento: Sindacati
Il Liceo
Classico "Flacco" di Bari è fra le pochissime scuole italiane
ad aver avviato quest'anno
la sperimentazione del liceo breve, su autorizzazione dell'ex ministro
dell'Istruzione, Carrozza.
Queste sperimentazioni, che riducono a quattro anni la durata del
"superiore", sono nate,
come succede ormai troppo spesso, senza alcuna condivisione né a
livello nazionale né locale
con chi la scuola la vive e la rappresenta. Innanzitutto, la
sperimentazione non ha ricevuto il
parere, previsto dalla legge, del Consiglio Nazionale della Pubblica
Istruzione (CNPI). Per
questo motivo la FLC CGIL ha impugnato i decreti di avvio della
sperimentazione e, lo scorso
16 settembre, il TAR Lazio ha accolto il ricorso dichiarando
illegittimo il provvedimento.
L'11 dicembre scorso la FLC CGIL di Bari ha organizzato proprio presso
il Liceo "Flacco" un
incontro sull'argomento. Il dibattito è stato interessante e
approfondito e ha visto gli
interventi di esponenti della FLC nazionale, regionale e provinciale,
nonché di docenti,
studenti (la rappresentante provinciale dell'UDS) e genitori.
Quali sono le principali tesi a sostegno della sperimentazione? La
durata quadriennale
darebbe un vantaggio ai nostri ragazzi, che in Europa sarebbero tra gli
ultimi ad inserirsi nel
mondo lavorativo. Ci chiediamo a quale idea di educazione e formazione
ci stiamo ispirando.
Consideriamo la scuola un mero luogo di preparazione al lavoro o non,
piuttosto, un presidio
di formazione, convivenza civile, cultura, inclusione, legalità?
Soprattutto l'indirizzo liceale
rimane, nel panorama scolastico italiano, uno dei pochi luoghi in cui
si riesca ancora a
valorizzare la formazione globale dello studente, senza forzarne una
precoce finalizzazione
alla sola prospettiva lavorativa. Tra l'altro, solo il 50% dei sistemi
formativi europei prevede
una durata ridotta del percorso.
E' estremamente condivisibile l'altro perno di questa sperimentazione:
l'idea che la didattica
nella scuola italiana debba essere migliorata, implementando la
laboratorialità, aprendosi a
metodi più efficaci e più organici. E, proprio perché siamo convinti
dell'importanza di questo
tema, riteniamo imprescindibile che i processi di rinnovamento
coinvolgano l'intero sistema
scolastico. Bene la didattica laboratoriale, bene le compresenze, ma
perché solo qui e ora, e
perché non cominciare da quegli indirizzi (professionali e tecnici) e
da quegli ordini di scuola
(primaria su tutti) che istituzionalmente le prevedono e che, dal
riordino della Gelmini in poi e
soprattutto a Bari, ne hanno conosciuto una drastica riduzione con
tutte le conseguenze del
caso (riduzione del tempo scuola, della laboratorialità, della
personalizzazione dell'offerta
formativa)?
Tagliare un anno di scuola è ben più che una sperimentazione e rischia
di costituire, invece, un
salto nel buio, al quale non possiamo esporre degli studenti senza che
un progetto di questa
portata sia approfondito, discusso, condiviso. Il mancato parere del
CNPI, il cui ruolo è stato
progressivamente svuotato, non va accettato con una semplice presa
d'atto. In sostituzione di
un organismo che avrebbe potuto dare un contributo in termini
pedagogici e didattici al
dibattito sulla scuola, ora gli interlocutori più considerati sono la
Fondazione Agnelli e la
TreEllle. Dobbiamo tornare a pretendere che gli addetti ai lavori e i
loro rappresentanti
abbiano spazi istituzionali di ascolto.
Quale sarà il carico di aspettative che peserà sugli studenti
selezionati alla frequenza (i BES
sono esclusi dal novero?) e sui loro docenti (anche loro selezionati?
In base a quale criterio e
con quali modalità?). Un indirizzo di liceo che basa la sua ragion
d'essere sulla durata
abbreviata non potrà che esasperare la discussione sulla bocciatura,
traducendosi, a seconda
delle scelte della politica d'Istituto, o in una pressione ansiogena
sugli studenti e sulle loro
prestazioni o in un condizionamento delle scelte valutative dei
docenti. Il rischio, insomma,
senza una ponderata riflessione preliminare (che si è già persa
l'occasione di operare), è di
comprimere gli stessi standard del liceo quinquennale in quattro anni o
di abbassarne la
qualità.
Dopo la politica devastante della Gelmini, in una situazione in cui il
MIUR è sempre e
comunque "commissariato" dal MEF, non possiamo fidarci, non possiamo
esimerci dal
vigilare e criticare, quando è necessario.
La Gelmini sosteneva che gli studenti italiani stavano troppe ore a
scuola e, infatti, ha ridotto
gli orari (e le ore di laboratorio in primis). Adesso si dice che gli
studenti stanno a scuola
troppi anni. La sensazione è che, una volta di più, l'obiettivo sia il
risparmio di risorse; infatti è
facilmente intuibile come questi percorsi portino a drastiche riduzioni
di docenti.
Insomma, siamo alle solite: tentiamo di tirare la coperta da ogni
parte, di tenderla fino allo
stremo e ogni volta, col fiato sospeso, stiamo lì a pensare: "Vediamo
se resiste anche questa
volta!".
Lo ribadiamo: l'unico serio argomento su cui dibattere non è "quanto si
sta a scuola", ma
"come". Ed è su questo che dovrebbero riprendere la parola i collegi
dei docenti, le
associazioni di categoria, i sindacati, gli studenti e le loro
famiglie; tutto un mondo che ha a
cuore l'istruzione pubblica e statale italiana e che non vede l'ora di
essere coinvolta. Dei
processi autoritari, dei tagli, della propaganda, ci siamo stancati.
Proprio per questo la nostra organizzazione continuerà ad opporsi
all'ennesima picconata
che, per vie sperimentali, si tenta di portare all'ordinamento
scolastico, non solo seguendo da
vicino il contenzioso; torneremo costantemente a verificare che il
rispetto delle norme e delle
sentenze, il coinvolgimento dei soggetti istituzionali e il dibattito
professionale e pubblico su
questa vicenda non siano meri adempimenti formali, come finora accaduto.
Ezio Falco
Segreteria FLC CGIL Bari
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