Conflitto stato regioni e le sentenze della corte costituzionale sull’autonomia scolastica
Data: Mercoledì, 14 marzo 2012 ore 09:00:00 CET Argomento: Redazione
Non essendo
stata applicata la Riforma Costituzionale, è iniziato un contenzioso
tra Stato e Regioni davanti alla Corte Costituzionale che perdura
tutt’oggi.
Va detto che il contenzioso riguarda soprattutto la nuova produzione
legislativa, cosa alquanto strana, perché se è normale pensare che
potessero sorgere dei problemi per quanto riguarda l’adeguamento della
legislazione previgente o il passaggio di competenze, dovrebbe essere
scontato che la nuove produzione legislativa sia conforme al dettato
costituzionale, ma così non è stato.
Va detto che il testo Costituzionale non è certo di facile
interpretazione, soprattutto per quanto riguarda la distinzione tra
norme generali e principi generali, tra legislazione di competenza
dello Stato e legislazione concorrente, ma la realtà è che la
legislazione statale spesso e volentieri non ha tenuto conto delle
prerogative delle Regioni, così come non se ne è fatto praticamente
niente del trasferimento delle competenze amministrative dallo Stato
alle Regioni e agli EE.LL.; di qui i ricorsi delle Regioni contro la
legislazione statale e le invasioni di campo nelle materie di
competenza regionale.
Del pari, con il passare del tempo, le Regioni hanno cominciato a
legiferare senza che fosse fatta alcuna chiarezza, nonostante le
indicazioni della Legge 131/2003, per cui anche lo Stato ha iniziato a
fare ricorso contro diverse Leggi regionali.
Noi qui analizzeremo alcune sentenze, interessandoci non solo e non
tanto al merito delle questioni esaminate dalla Corte, ma soprattutto
ai principi enunciati a chiarimento delle norme costituzionali di non
facile interpretazione.
Dividiamo la trattazione per materie.
Norme generali, principi fondamentali,
livelli essenziali delle prestazioni, offerta aggiuntiva (Sentenza
275/2005 e Sentenza 200/2009).
Nella Sentenza 275/2005 la Corte si è pronunciata in merito ai ricorsi
promossi dalle Regioni Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia che
eccepivano l’illegittimità costituzionale di vari aspetti del D.Lgs
59/2004 (Riordino del primo ciclo di istruzione), in particolare la
violazione degli articoli 117, comma 3 e 6, e 118 della Costituzione.
La Corte ha ritenuto non fondato il ricorso, dato che le norme
contestate rientrano tra le “norme generali” di esclusiva competenza
statale.
La Corte afferma che va preliminarmente risolta la questione della “individuazione delle norme generali e la
loro distinzione non solo dalle altre norme, di competenza delle
regioni, ma anche dai principi fondamentali di cui all'art. 117, comma
terzo, della Costituzione”.
A conferma che il testo costituzionale non è certo molto chiaro, la
Corte afferma anche che bisogna andare “al di là del dato testuale, di
problematico significato,” per cogliere la “ratio della previsione costituzionale che
ha attribuito le norme generali alla competenza esclusiva dello Stato”.
Per la Corte sono:
- “norme generali” quelle che hanno contenuti di natura unitaria
valevoli per tutti i cittadini, immediatamente applicabili su tutto il
territorio nazionale, senza bisogno di ulteriore normazione legislativa
- “principi fondamentali” quelli che, pur ispirati da esigenze
unitarie, non sono immediatamente applicativi, ma hanno funzione di
“ispirazione” rispetto ad un’ulteriore normazione legislativa, di
competenza delle Regioni.
La questione è stata ripresa in modo più sistematico dalla Sentenza
200/2009.
Per prima cosa, la Corte afferma che rientrano nelle norme generali di
esclusiva competenza statale tutte le materie di cui agli articoli 33 e
34 della Costituzione, quali l’ istituzione di scuole di tutti gli
ordini e gradi, la necessità di un esame di Stato per la conclusione di
un ciclo di istruzione, la frequenza della scuola aperta a tutti, l’
obbligatorietà e la gratuità dell'istruzione primaria, il diritto degli
alunni capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, di raggiungere i
gradi più alti di istruzione.
La sentenza, inoltre, si rifà alla legislazione ordinaria per
l’individuazione di ulteriori materie rientranti nelle norme generali,
tra cui quelle dalla legge 28 marzo 2003, n. 53 (Riforma Moratti), di
cui alla sentenza sopra citata.
La Corte indica tra queste materie la definizione dei cicli e degli
ordinamenti, gli standard minimi perché i titoli acquisiti siano validi
a livello nazionale, la valutazione degli apprendimenti e del
comportamento degli studenti.
La Corte indica infine, in via interpretativa, tra le norme generali
quelle che riguardano l’'autonomia funzionale delle istituzioni
scolastiche e l'assetto degli organi collegiali.
Dopo aver ripreso quanto affermato nella sentenza 275/2005, la Corte
affronta anche la questione dei principi fondamentali, di competenza
dello Stato, che devono agire come principi ispiratori della
legislazione concorrente di competenza regionale.
I principi fondamentali “fissano
criteri, obiettivi, direttive o discipline, finalizzate ad assicurare
la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in
ordine alle modalità di fruizione del servizio dell'istruzione”, ma
“non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema
d'istruzione che caratterizza le norme generali sull'istruzione”.
Si potrebbe dire che le norme generali definiscono la natura del
sistema di istruzione, mentre i principi fondamentali fissano dei
criteri per la fruizione del servizio in modo paritario su tutto il
territorio nazionale, da parte di tutti i cittadini.
I principi fondamentali, naturalmente, vanno attuati, non eseguiti, per
cui necessitano dell’intervento delle Regioni, a livello appunto di
legislazione concorrente.
Per ultimo, la Corte affronta la questione dei livelli essenziali delle
prestazioni (LEP); lo Stato ha competenza legislativa esclusiva anche
in questo campo, perché si tratta di garantire la fruizione dei diritti
civili e sociali su tutto il territorio nazionale; naturalmente, tra
questi rientrano anche quelli relativi all’istruzione.
Le Regioni, anche qui hanno competenza concorrente, possono migliorare
i livelli essenziali delle prestazioni, migliorare quindi l’offerta
formativa, adeguandola anche alle esigenze locali, naturalmente a loro
spese.
Lo stesso si afferma nella Sentenza 275/2005 sopra citata; la Corte
stabilisce che i curricoli obbligatori, con il relativo monte ore
annuale, di cui al D.Lgs 59/2004, vanno intesi come “livelli minimi … validi per l'intero
territorio nazionale, ferma restando la possibilità per ciascuna
regione (e per le singole istituzioni scolastiche) di incrementare,
senza oneri per lo Stato, le quote di rispettiva competenza”.
Non solo le scuole, quindi, possono incrementare l’offerta formativa in
aggiunta al monte ore stabilito a livello nazionale, ma anche le
Regioni; si devono però far carico dei relativi oneri, mentre lo stato
deve finanziare il curricolo obbligatorio.
La continuità dell’azione
amministrativa (Sentenza n.13/2004)
Nella Sentenza n.13/2004, dopo aver riconosciuto la competenza delle
Regioni in merito alla gestione dell’offerta formativa sul territorio e
in particolare nella distribuzione dell’organico tra le scuole, la
Corte ha ritenuto di non doversi pronunciare per la caducazione
immediata delle norme “statali” illegittime per il principio della
continuità dell’azione amministrativa.
Di conseguenza, le norme statali continuano ad essere in vigore pur
essendo illegittime fino all'adozione di nuove leggi regionali che
individuino una disciplina ed un apparato amministrativo idoneo a
svolgere la funzione di distribuzione del personale tra le istituzioni
scolastiche.
La tutela dell’autonomia
scolastica(Sentenza 275/2005)
Nella Sentenza 275/2005 la Corte accetta la posizione del Governo che “in relazione alle prospettate lesioni
dell'autonomia scolastica,… la tutela di tale autonomia non compete
certamente alle regioni...”, per cui le eccezioni sollevate
dalle Regioni in merito alla pretesa lesione dell’autonomia scolastica
non vengono prese in considerazione.
La Corte afferma quindi il principio che l’autonomia scolastica è un
“prius” rispetto alla competenza legislativa delle regioni, come del
resto chiaramente stabilito dall’art.117, comma 3 della Costituzione;
ne discende che il Governo è anche il “tutor” costituzionale
dell’autonomia rispetto ad eventuali invasioni di campo da parte della
legislazione regionale.
Rimane irrisolto il problema di chi tutela l’autonomia scolastica
rispetto alla legislazione nazionale ed agli atti governativi...Solo i
privati cittadini possono agire in tal senso, rivolgendosi al giudice
ordinario che dovrebbe quindi porre la questione di legittimità davanti
alla Corte, a meno che sulla base della recente sentenza n. 641/2011
del TAR dell’Abruzzo qualche scuola non voglia avventurarsi in una
causa contro il Governo…
Lo stato giuridico dei docenti è di
competenza esclusiva dello Stato
Nella Sentenza 275/2005 la Corte afferma la piena legittimità del
“cosiddetto tutor”, in quanto la “la
definizione dei compiti e dell'impegno orario del personale docente,
dipendente dallo Stato, rientra …sicuramente nella competenza statale
esclusiva di cui all'art. 117, comma secondo, lettera g), della
Costituzione, trattandosi di materia attinente al rapporto di lavoro
del personale statale”.
Da notare la dizione “compiti” ed “impegno orario” del personale
docente, che rientrano nelle norme generali di esclusiva competenza
statale; naturalmente il principio affermato dalla Corte riguarda lo
stato giuridico dei docenti e non pregiudica certo gli aspetti
contrattuali di definizione del rapporto di lavoro, che è questione non
attinente al giudizio.
Il potere legislativo delle Regioni
Nella sentenza n. 120 del 2005, che richiama le sentenze n. 353 del
2003 e n. 282 del 2002, la Corte respinge il ricorso del Governo contro
una legge della Regione Toscana; il Governo eccepiva che in materia di
istruzione le Regioni non avrebbero potuto esercitare la loro potestà
di legislazione concorrente in mancanza dei principi fondamentali
fissati dallo Stato.
La Corte giudica priva di fondamento l’eccezione del Governo, perché le
Regioni possono legiferare in materia di legislazione concorrente,
soprattutto nella fase di transizione dal vecchio al nuovo, nel
rispetto dei principi fondamentali risultanti dalla vigente
legislazione statale in vigore; la mancanza di nuovi principi stabiliti
ad hoc non può bloccare l’attività legislativa delle Regioni
Del resto, quanto appena detto è scritto chiaro e tondo nella Legge
131/2003.
La gestione dell’offerta formativa sul
territorio (Sentenza n.13/2004 e n. 200/2009)
Nella Sentenza n.13/2004, la Corte stabilisce che la programmazione
della rete scolastica è competenza della Regione e la definizione degli
organici del personale docente e non docente rientra in tale competenza.
Una diversa interpretazione sarebbe in contrasto con la legislazione,
già vigente peraltro dal 1998 con il D.lgs n. 112, che attribuisce alle
Regioni tutte le funzioni amministrative relative alla programmazione
dell'offerta formativa integrata tra istruzione e formazione
professionale, alla suddivisione del territorio in ambiti funzionali,
alla programmazione, sul piano regionale, della rete scolastica.
La cosa è ancora più chiara in base all'art.117 della Costituzione, in
materia di programmazione scolastica allo Stato spetta solo la
definizione dei principi fondamentali, mentre la sua concreta
realizzazione è competenza regionale.
Pietro Perziani
perziani@libero.it
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