E’ stata resa nota nei giorni scorsi una indagine della Timss
(Trends in International Mathematics and Science Study) che
misura l’andamento degli alunni nelle discipline scientifiche
con dei sistemi che, nonostante sembrerebbero più attendibili
dei famosi Ocse-Pisa, alla fine però danno risultati similari.
Se infatti per un verso confermano l’ottimo andamento
della scuola primaria, con una media complessiva al di sopra
dei 37 paesi partecipanti, dall’altro convalidano il limite basso,
per le materie scientifiche e matematiche, della secondaria
di primo grado. Qualche meccanismo dunque si inceppa alla
ex scuola media che a questo punto il ministero dovrebbe
monitorare, implementando magari vere strategie di riforma,
evitando tagli indiscriminati che possono solo ulteriormente
danneggiare quanto è già danneggiato.
Stesso discorso vale per
la secondaria di secondo grado della cui riforma si discute fin
dal 1969 ma senza addivenire a una soluzione condivisa e
scientifica per migliorare le sorti non solo della nostra scuola
ma anche del paese.
Certamente per fare un’opera così delicata e complessa alla
base la politica dovrebbe cementare il modello di società che
intende realizzare e quale tipo di sviluppo le voglia imprimere.
Di contro invece le scelte più importanti sono state fatte su
impulso del contingente, come fu ai primi degli anni Sessanta
con l’obbligo fino alla terza media, cosicché le scuole, e forse
pure anche le Università, si sono sempre trovate impreparate.
Se a molti osservatori viene facile addossare colpe alla
scuola, e in modo particolare ai professori, non ci pare onesto
sfuggire la questione legata alla scarsissima considerazione che
finora è stata data ai giovani e ai loro mille problemi: cosa è stato
fatto per loro? Tralasciamo il degrado delle città, l’impatto
micidiale con le droghe, i modelli ambigui proposti e soffermiamoci
sul grande valore strategico che le istituzioni scolastiche
potrebbero avere se fossero sempre a disposizione dei
ragazzi per fare musica, teatro, sport, arte, letteratura e anche,
perché no, discoteche. Ma occorrono soldi, tanti soldi che una
classe politica lungimirante dovrebbe spendere con gioia in
prospettiva di una società migliore che gli attuali alunni un
giorno dovranno dirigere.
PASQUALE ALMIRANTE (da www.lasicilia.it)