Eppure tutto era già noto, in quanto pubblicato in Italia
dall’Invalsi e diffuso ampiamente alle scuole e conosciuto sicuramente da tutti
i presidi che leggono per mestiere e professione i rapporti e i saggi. Forse
meno noti ai docenti e ai sindacalisti che, adusi ad altre questioni di
corporazione, trascurano spesso di documentarsi sulle statistiche e sulle
pubblicazioni socioeconomiche che riguardano la scuola.
Allora qual’è la questione? Di che cosa stiamo parlando?
Non tutti forse sanno che ogni tre anni, dal 2000, i paesi
dell’OCSE, cioè dell’area economica più avanzata , stilano dei report per
misurare in maniera quantitativa i livelli di apprendimento degli studenti
quindicenni nella discipline fondamentali e cioè matematica, scienze, lingua e
letteratura, per confrontare i rispettivi sistemi di istruzione, finalizzati al
miglioramento del servizio.
Non stiamo qui a descrivere gli strumenti di rilevazione;
basta dire che si tratta di metodiche serie e ampiamente validate e
riconosciute; tant’è vero che nessuno le mette in dubbio o in questione. Alla
fine cioè spuntano delle classifiche e delle misurazioni su cose che prima
sembrava impossibile da misurare grazie alla strumentazione
basata sulla statistica e sui
questionari.
Le pubblicazioni sono disponibili gratis in internet, non
solo in lingua inglese ma anche in italiano; basta digitare su qualunque motore
di ricerca l’acronimo PISA e ci si potrà documentare di prima mano.
Cosa che spesso non fanno i media che appunto preferiscono
raccontare cose di seconda o terza mano rischiando di prendere degli abbagli.
Ora in estrema sintesi dai report internazionali risulta
una classifica o graduatoria basata su sei livelli di apprendimento in ciascuna
disciplina. In questa specie di olimpiade degli studenti, l’Italia si classifica
all’interno dei paesi concorrenti in posizioni molto basse e per ciò allarmanti.
Per esempio in scienze ci classifichiamo al 38° con un
punteggio medio di 475 al di sotto della media OCSE e molto distanti dalla prima
classificata che è la Finlandia con 563 punti.
Ma la questione più significativa per il nostro paese è che
scorporando il dato medio italiano, se andiamo a vedere come si distribuiscono i
risultati all’interno delle regioni e delle macroaree regionali, scopriamo una
grande e sorprendente diversificazione nei risultati.
In tutte le discipline osservate troviamo sistematicamente
che gli studenti delle isole, Sicilia e Sardegna, si collocano rispetto alle
regioni del nord in posizioni infime con scarti notevoli e preoccupanti.
A tiolo esemplificativo nelle scienze, ma analoghi
risultati si hanno per matematica e lingua, il nord est si classifica con 520
punti mentre i sud isole raggiunge a malapena 432 punti .
Queste differenze si reiterano e si spalmano in maniera
omogenea su tutti e sei i livelli e su tutte le aree disciplinari. Non si tratta
quindi di un caso ma di una situazione persistente e reiterata anche negli
ultimi sei anni. Lo studio delle fitte tabelle dell’indagine PISA è molto
istruttivo e conferma tale evidenza.
Ora da meridionali seri vogliamo tentare una spiegazione di
queste rilevanti differenze?
Siamo disponibili a farlo con spirito laico e aperto senza
trincerarci dietro i luoghi comuni o dietro le giustificazioni di facciata?
Vogliamo essere per una volta consapevoli delle nostre responsabilità senza
scaricare come al solito il tutto sul piagnisteo?
Questo è il punto e il problema.
Perché se ancora agitiamo lo spauracchio del razzismo o
della discriminazione nei confronti di chi tenta analisi serie e spesso
impietose per il sud allora forse ne usciamo ancora una volta con le solite
giustificazioni del tanto il meridione è svantaggiato perché non ha strutture,
non ha questo, e non ha quello e ci tacitiamo la coscienza
e il problema resta.
Perché siamo proprio sicuri che l’ignoranza in matematica
dei siciliani sia dovuta alla mancanza di laboratori o ai muri cadenti
dell’aula?
Il mondo del calcio dovrebbe farci riflettere sulla
responsabilità per esempio degli allenatori che vengono cacciati a calci nel
sedere quando la squadra perde.
Quando l’istituzione scolastica al sud produce questi
disastri come si interviene?
Qua entra in gioco il decisore politico che deve essere
capace di valutare dopo essersi chiesto il perché un sistema di istruzione
nazionale omogeneo sulla carta produce simili abnormità territoriali.
Non è forse venuta l’ora di incidere su un sistema
nazionale burocratico inefficiente e paralitico cercando di liberare energie nel
senso di dare alle scuole effettiva autonomia in maniera tale che ogni scuola
possa agganciarsi realmente col proprio territorio anche con le differenze che
esistono tra nord e sud e procedere con la responsabilità legata ai risultati
alle modifiche strutturali necessarie?
L’apprendimento non è legato indissolubilmente con la
qualità del corpo docente? Con la motivazione che i docenti sanno dare ai propri
studenti; con gli stili di insegnamento più consoni a trainare in un percorso
completo il discente?
E come si può realizzare questo obiettivo se l’insegnante
di matematica cambia ogni anno, anzi più volte nel corso dell’anno?
Se il preside avesse i
poteri per nominare il docente di matematica e per supportarlo in un percorso
completo di insegnamento, con quella continuità didattica fondamentale per
accrescere le motivazioni nell’allievo, avremmo
certamente risultati migliori .
Quante volte come presidi sentiamo le lamentele giuste dei
genitori sulla girandola degli insegnanti di matematica o sulle metodologie
inadeguate che mettono in campo quei docenti che magari insegnano matematica
senza avere una qualificazione o un titolo specifico?
Reclutamento, valutazione e carriera dei docenti sono le
leve per intervenire sui risultati e questo può essere fatto anche con le
strutture attuali e con gli attuali laboratori, senza scomodare altre cause
oscure e senza invocare la solita arretratezza del meridione.
Certamente il contesto economico e familiare può influire e
anzi influisce sulle medie; e forse questo è il motivo per cui al nord
economicamente più avanzate le medie si innalzano rispetto al sud. Ma questa è
una concausa e non la spiegazione dei divari esorbitanti o delle discriminazioni
evidenti.
I decisori politici, i dirigenti dell’amministrazione, i
sindacalisti, i docenti farebbero bene a studiare i rapporti PISA con animo
scevro da pregiudizi e si decidessero finalmente ad affrontare la questione alla
radice.
I decreti delegati del d.l.112 di prossima emanazione sono
l’occasione storica che si presenta al ministro Gelmini per incidere alla radice
nelle inefficienze del sistema. Se anche questa volta si fallisse allora il
rischio declino del paese sarà inevitabile.
Perché un sistema scolastico che costa 50 miliardi non è
giustificato rispetto a questi risultati che produce.
Salvatore Indelicato