Gli indirizzi di posta elettronica non sono liberamente
utilizzabili da chiunque per il solo fatto di trovarsi in rete. La vasta
conoscibilità degli indirizzi e-mail che Internet consente, non rende
lecito l'uso di questi dati personali per scopi diversi da quelli per i
quali sono presenti on line. Gli indirizzi e-mail non sono, insomma,
"pubblici" come possono essere quelli presenti sugli elenchi telefonici.
Il principio è stato ribadito dall'Autorità Garante che ha affrontato in questi ultimi mesi diversi casi di utenti
che avevano segnalato la pratica ormai diffusa di inviare e-mail
commerciali ad indirizzi di posta elettronica raccolti in rete. Alle
proteste degli utenti, le società che avevano inviato le e-mail
rispondevano che non vi era stata alcuna violazione della privacy perché
gli indirizzi erano stati reperiti su Internet e che pertanto erano "pubblici".
Niente di più sbagliato, afferma l'Autorità. Gli
indirizzi di posta elettronica non provengono, infatti, da pubblici
registri, elenchi, atti o documenti formati o tenuti da uno o più soggetti
pubblici e non sono sottoposti ad un regime giuridico di piena
conoscibilità da parte di chiunque. La circostanza che l'indirizzo e-mail
sia conoscibile di fatto, anche momentaneamente, da una pluralità di
soggetti non lo rende, infatti, liberamente utilizzabile e non autorizza
comunque l'invio di informazioni, di qualunque genere, anche se non
specificamente a carattere commerciale o promozionale, senza un preventivo
consenso.
L'Autorità sottolinea che l'eventuale disponibilità in
Internet di indirizzi di posta elettronica, anche se resi conoscibili
dagli interessati per certi scopi attraverso siti web o newsgroup, va "rapportata alle
finalità per cui essi sono pubblicati sulla rete".
A maggior ragione questo principio vale in caso di uso
indebito di software che rastrellano automaticamente migliaia di indirizzi
in rete o li creano "a tavolino" a prescindere da un accertamento sulla
loro effettiva esistenza.