Nel 2009 si era
proceduto già ad una sistematizzazione delle norme sulla
valutazione degli alunni col Regolamento ,emanato con DPR n.122 del 22
Giugno. Evidentemente con il nuovo decreto delegato si
intende mettere mano su questa materia per introdurvi delle
novità.Si spera che con gli aggiustamenti che possono essere
apportati allo schema di decreto n.384 ne venga fuori un codice
coerente, pronto e utile per i molteplici momenti dell’attività
scolastica, quando è necessario ricorrervi.
La valutazione è materia incandescente che bisogna sapere trattare con
perizia ed è anche attività con effetti multidirezionali, che non
sono esclusivamente interni alla scuola e sui quali è molto alta
l’attenzione della società .Che periodicamente si torni a mettervi le
mani non dovrebbe preoccupare, nè infastidire,perchè le operazioni che
la sostanziano non possono collocarsi in una dimensione che sia
estranea alle sensibilità culturale e politica emergente in un dato
momento e ai cambiamenti sempre più ravvicinati dei curricoli
scolastici.I sistemi di valutazione operanti a livello generale o in
ogni singola istituzione ci dicono o piuttosto ci dovrebbero dire
e meglio di qualsiasi altro indicatore che genere di scuola si
sta facendo e che genere di formazione si intende sviluppare. Le
norme sulla valutazione risentono ovviamente dei tempi in cui sono
state emanate e non è difficile che tra di loro possa esserci qualche
contraddizione, considerato che le amministrazioni deliberanti, che si
sono succedute nella gestione del sistema di istruzione e formazione
,non sempre hanno avuto in materia gli stessi orientamenti.
Per dare garanzie alla pubblica opinione sulla qualità dei
risultati dell’attività formativa svolta nelle istituzioni di
istruzione e formazione e nel nostro caso anche per sostenere la difesa
del valore pubblico dei titoli di studio, i regolamenti della
valutazione, compreso quello che verrà statuito con l’approvazione del
decreto legislativo, si curano prevalentemente, se non esclusivamente
della valutazione sommativa. Si costituiscono come un prontuario delle
procedure che regolano le operazioni che presiedono al rilascio di un
titolo o di una certificazione. Poco possono dire sul modo di
sviluppare la valutazione formativa,anche se nello schema di
decreto legislativo si proclama solennemente che la valutazione a
cui si intende dare una nuova sistemazione” ha
essenzialmente finalità formativa,concorre al miglioramento degli
apprendimenti e al successo formativo degli alunni,documenta lo
sviluppo dell’identità personale e promuove l’autovalutazione di
ciascuno in relazione alle acquisizioni di conoscenze, abilità e
competenze” (art.1). Altrimenti non potrebbe essere, perchè la
valutazione è espressione dell’autonomia professionale e didattica sia
dell’insegnante,sia di ogni singola scuola soprattutto nei suoi aspetti
più specificamente educativi. La valutazione formativa attiene allo
stile educativo di un insegnante, di un consiglio di classe, di un
istituto.
Continuità e innovazioni
Allo stato attuale, nello schema di decreto legislativo si
possono individuare continuità incomprensibili e
innovazioni disarmoniche con il resto delle norme di
valutazione.Non è giustificabile lasciare tutto com’è, non porvi
rimedio.
1) Si continua incomprensibilmente a utilizzare il voto di
condotta per stabilire la media che consente di essere ammessi
agli esami di terza media,a quelli di Stato o di accedere ad una
particolare fascia di credito scolastico; una distinzione tra profitto
scolastico e comportamento disciplinare andrebbe fatta, perchè altro è
il rendimento scolastico, altre sono la correttezza e la
responsabilità dei comportamenti. Per motivi disciplinari si puo’ non
essere ammessi agli esami o alla classe superiore o fare a settembre
gli esami su tutte le materie, come più laicamente si faceva un tempo,
mentre è un pasticcio evidente mescolare il giudizio morale e il
giudizio sul profitto in un’unica media.Con rischi elevati di
coartazione morale sugli alunni e di piccoli e molteplici
espedienti per risolvere situazioni imbarazzanti. Quante insufficienze
possono essere salvate con un buon voto di condotta quando si deve
decidere se ammettere o no uno studente agli esami?
2) a) Nel primo ciclo di istruzione la valutazione dovrebbe
continuare ad esprimersi in decimi,come ha voluto una
amministrazione che pensava così di liberarsi di tanta
detestata pedagogia, ritenuta causa della crisi della scuola e
annidata nei giudizi con cui si esprimeva un tempo il profitto
scolastico.Voti accompagnati,però, da un’attestazione dei livelli di
competenza raggiunti.Ammoniva a suo tempo M.Pellerey:” valutare
complessivamente la presenza di una competenza e soprattutto il suo
livello non è facilmente inquadrabile in un sistema con voti decimali”;
b) Si insiste ancora sulla possibilità di non promuovere alla classe
successiva un bambino della primaria. Cosa c’entri una scelta del
genere col primato della valutazione formativa, celebrato nell’art.1,
resta tutto da scoprire e soprattutto resta da sapere e capire
quali siano i casi eccezionali in cui possa essere deliberata;scandalo
e demenza nello stesso tempo;
c) La partecipazione alle rilevazioni censuarie diventa nelle
scuole del primo ciclo, come in quelle del secondo ciclo,
un’attività ordinaria ,ma ha tutta l’aria di una vessazione nella
scuola primaria; le prove INVALSI non faranno più parte delle prove di
esame,ma i risultati delle prove sostenute in terza media
diventano requisito di ammissione agli esami. Le indagini censuarie, i
cui limiti sono da molti conosciuti, possono essere utili per farsi
un’idea del funzionamento di un sistema scolastico e per
l’autovalutazione di istituto,ma è scorretto volerle utilizzare per una
qualsiasi forma di valutazione del profitto scolastico. Purtroppo i
loro risultati dovrebbero essere menzionati nel nuovo modello di
certificazione delle competenze.Quello sperimentato negli ultimi due
anni non ne faceva cenno;
d) Il presidente degli esami di terza media sarà il dirigente della
scuola o un suo delegato;non verrà da altre scuole.Non basterebbe
allora un semplice scrutinio finale?;
e) La distinzione agli esami di terza media,come anche in quelle
conclusive del secondo ciclo,tra prove equipollenti e non equipollenti
per dare o il titolo o un attestato di credito formativo agli
alunni con disabilità o con disturbi specifici di apprendimento è
di natura farisaica, lunare. Credo che non sia lecito aggiungere a
questi ragazzi altri pesi oltre a quelli già avuti dalla vita.
3) I cambiamenti più vistosi riguardano gli esami di stato conclusivi
del secondo ciclo. E’ personale convinzione dello scrivente che se li
lasciassero in pace per un po’ di tempo si farebbe cosa buona e giusta
Gli esami di stato fino al ‘69 sono stati congruenti con l’idea
che dalla scuola bisogna uscire con un bagaglio pieno di conoscenze
relative all’indirizzo di studi scelto dal candidato, perchè la scuola
serve a trasmettere saperi e conoscenze. Più se ne hanno e meglio è.
Pertanto tante prove scritte, orali su tutte le materie, con richiami
degli altri anni del triennio. C’erano anche gli esami di
riparazione a settembre per quelli che non avevano la sufficienza in
una materia. Un esame terrificante,messo sottosopra negli anni
caldi della contestazione, perchè considerato espressione della cultura
ridotta a nozionismo e per l’evidente carattere selettivo. Di
classe si diceva.
Venne con Misasi l’esame di Maturità,e questa, benchè non si sappia in
che cosa consista esattamente in un giovane di 18/19 anni, non richiede
una prova su tutte le discipline; ne bastano due scritte e due orali
tra le quattro che venivano indicate dal ministero. Un esame
campionario. Ha retto per molto tempo, perchè intrinsecamente privo di
grossi rischi e patemi d’animo; adeguato all’esigenza crescente di
possedere un titolo di studio e alla diffidenza nei confronti della
valutazione della scuola. Era un esame che rispondeva ad
ogni buon conto all’idea corrente nell’opinione
pubblica della funzione della scuola e dell’istruzione. Percentuali
crescenti di anno in anno di promozione, fino a rasentare il
100%. E proprio per questo fu sostituito con il tipo di esame
introdotto da Berlinguer.Nei propositi un ritorno alla serietà, che
venne però, rapidamente attenuata.
Quello di Berlinguer, ancora in vigore, è un esame che non implica il
principio aleatorio della maturità e che vuole trovare fondamenta
solide nelle conoscenze e nelle competenze. Per essere chiari è
un modello di esami che vuole essere in sintonia con l’approccio
per competenze, proposto dalle autorità comunitarie come il più
adeguato per rendere il sistema di istruzione aderente alle
esigenze della società della conoscenza. L’orale teoricamente è
interdisciplinare e il pezzo forte è l’iniziale tesina elaborata dal
candidato. Per inciso: la prova orale da sola nel punteggio pesa quanto
due prove scritte. C’è ancora una terza prova interdisciplinare, per
sostenere la quale tutte le scuole si esercitano durante l’anno
scolastico, spingendo gli insegnanti a lavorare su un versante
didattico - pedagogico, estraneo alle loro abitudini individualistiche.
Nella logica sia dell’approccio per competenze sia della valutazione di
sistema sarebbe stato giusto renderla di livello nazionale e
invece prima, per timore di una loro possibile funzione
selettiva, la si è resa locale, con tutti gli inconvenienti che
conoscono quelli che hanno svolto il compito di commissari di esami, e
domani dovrebbe essere sostituita con le prove INVALSI da
sostenere in un periodo precedente gli esami.
Per migliorare il tipo di esame in vigore bastano poche
modifiche:aumentare il peso del credito scolastico per la costituzione
del punteggio finale;trasformare la seconda prova in un compito di
realtà (laddove era ed è possibile) anche della durata di più
giorni, per coerenza con l’approccio per competenze, come d’altronde
si fa ancora nei Licei Artistici; dare anche alla terza
prova le caratteristiche di una prova nazionale; fare del giudizio di
ammissione un giudizio di idoneità a sostenere gli esami, debitamente
motivato,a prescindere sia dalla sufficienza in tutte le materie, sia
dalla media della sufficienza, alla quale non dovrebbe mai
concorrere il voto di condotta;commissione esterna con un solo
membro interno per classe e preposta su più classi, fino ad un massimo
di 90 candidati, se si vuole contenere il costo degli esami,senza
costringere i commissari a non uscire dalla propria provincia di
servizio.
Si vuole fare altro e precisamente:
a) Le prove scritte saranno due,con la possibilità di una terza per
specifici indirizzi di studio;la prova di italiano ritorna al monopolio
del testo argomentativo e agli orali si farà un esame per discipline,
con la possibilità data al candidato di esporre, con gli
strumenti che vorrà scegliere ,l’esperienza dell’alternanza scuola
lavoro;
b) Le prove di esame (orale e scritti ) avranno pari valore
c)Le prove INVALSI non avranno carattere interdisciplinare,ma
accerteranno i livelli di padronanza in Italiano, Inglese e Matematica.
I risultati saranno riportati nel curriculum dello studente e il loro
espletamento è condizione per l’ammissione agli esami, cosi come
l’esperienza dell’alternanza scuola lavoro.;
d) Per l’ammissione si tiene conto anche del curriculum individuale e
delle competenze digitali;
e) Per evitare disparità nelle valutazioni da Nord a Sud il ministero
provvederà le commissioni di proprie griglie di valutazione.Alla faccia
della sempre declamata autonomia professionale degli insegnanti.
D’altra parte non poteva mancare una nota di colore...;
f) Si aumenta e di molto il credito scolastico. Da solo costituisce
quasi la metà del punteggio complessivo che si puo’ assegnare. A parere
dello scrivente l’unica ragionevole novità del regolamento della
valutazione che verrà, se non si procede ad una buona riscrittura di
non poche norme.
Conclusioni
Il testo dello schema di decreto legislativo non brilla certamente per
coerenza come si è cercato di dimostrare. Non c’è coerenza pedagogica
nella scuola del primo ciclo tra preteso primato della valutazione
formativa e scivolate selettive addirittura nella stessa primaria; non
c’è coerenza culturale tra indirizzi curriculari e modifiche degli
esami di stato nel secondo ciclo.In questo secondo caso la smania del
cambiamento ci ha dato un modello di esame insipido, una
giustapposizione di prove senza criterio, lontana mille miglia da un
qualsiasi tentativo di fare degli esami la conclusione pertinente dei
curricoli centrati sull’approccio per competenze. Taccio per
dignità sulle griglie di valutazione predisposte dal ministero per gli
esami conclusivi del secondo ciclo.
Raimondo Giunta