Che cos'è la
follia? La dannazione degli uomini normali, o
l'esaltazione degli ultimi, dei confinati, degli esiliati? La malattia
della coscienza o "qualsiasi coscienza" è malattia? La contraddizione
dell'essenzialità umana o il riconoscimento del predominio sugli
uomini? O, in un mondo anormale, a testa in giù, la normalità è follia?
Essere normale è condizione privilegiata per gustare la cicuta quieta
della follia o nelle "periferie dell'esistenza" regnano l'infelicità e
la sofferenza, senza limite, senza speranza? Addentrarci in
quest'abisso della a-normalità, dipinta di silenzio e soggezione, per
capire di più dell'uomo, del tempo, e un po' di noi.
"Fare storia della follia, - secondo le parole dell'Histoire de la
folie a l'âge classique - significa fare "l'archeologia di un
silenzio", di una separazione fra la ragione moderna, che per Foucault
ha origine a partire dalla fine del Rinascimento, e l'insieme delle
rappresentazioni medioevali sulla follia". "navrStoria della follia
nell'età classica" (Folie et déraison. Histoire de la folie à l'âge
classique) è stata la tesi di dottorato e la prima opera importante
dello storico e filosofo francese Michel Foucault, scritta in Svezia e
pubblicata nel 1961, contiene uno studio sull'evoluzione dell'idea
della follia nel corso della storia. Foucault prende le mosse da
un'analisi dei lebbrosari nel Medioevo e di come i malati del morbo di
Hansen venivano ghettizzati nella società del tempo.
La storia inizia
nel 1656 con la fondazione, per decreto, dell'Hôpital Général di
Parigi, che serviva da luogo d'internamento per folli, ma anche per
poveri, eretici, criminali e libertini. La struttura era finalizzata ad
isolare i folli escludendoli dall'ordine sociale e dalla vita pubblica.
Chiusi in case d'internamento, i folli erano soggetti a maltrattamenti
e costretti a vivere in condizioni igieniche pessime, privi anche dei
beni di prima necessità come l'acqua e il cibo. L'Hôpital General,
definito nel testo di Foucault "il terzo stato della repressione", è
stato uno dei primi ospedali con la funzione di accogliere e
"correggere" i folli e gli alienati. Più che ad un'istituzione medica,
in realtà, assomigliava ad un istituto di detenzione che esercitava
un'autorità assoluta sui degenti. La struttura era al contempo foriera
di repressione e di carità, con una mescolanza che creava imbarazzo e
confusione tra gli internati. In realtà vi erano anche dei luoghi
riservati ai soli pazzi, come l'Hôtel-Dieu che accoglieva sono
"alienati", il Bethlem Royal Hospital, a Londra, che era riservata ai
"lunatici", ma nella generalità dei casi i folli e i furiosi erano
mescolati e confusi con gli altri internati, in una sorta di prigione.
Si tratta allora di analizzare la differenza tra questi luoghi.
L'internamento dei folli era dovuto ad una precisa disposizione medica
che, invece, non era prevista per gli altri casi. Foucault suggerisce
per le strutture sanitarie un'interpretazione diversa rispetto ai
canoni moderni, si tratta di comprendere la diversità degli internati,
la loro vita in comune, intesa non come un "errore", ma come
un'esperienza educativa e positiva. La novità e l'originalità degli
"asili", quindi, sta proprio nella coabitazione, nella "confusione" che
mescola i folli e i non-folli, la carità e la repressione, la medicina
e la giustizia.
In effetti, Foucault puntualizza che gli "ospedali per matti"
esistevano già a Fez nel VII secolo, a Baghdad nel XII secolo, al Cairo
nel XIII secolo. La follia è "malattia dell'anima", o, con
l'espressione cara a Sigmund Freud, "malattia mentale". Foucault dedica
speciale attenzione al modo in cui lo status di folle si evolve, come
figura accettata -- se non addirittura "riconosciuta" -- nell'ordine
sociale; il malato non è più la figura dell'escluso, di un malato da
isolare e da rinchiudere tra quattro mura. Ne "La naissance de la
clinique" (1963), Foucault esamina i testi di due alienisti: Philippe
Pinel, conosciuto per la liberazione degli insani della Bicêtre e la
caratterizzazione del trattamento morale, e Samuel Tuke, medico
impegnato nella riorganizzazione legale dell'assistenza alla fine del
XVIII secolo.
Compito di questi studi è dimostrare la nascita di una
nuova idea del sapere medico sul paziente che conduce, attraverso
l'osservazione e l'ascolto, a una conoscenza positiva dei sintomi, dei
"segni" della patologia. In questo quadro si delinea l'inedita
categoria di normale/patologico che ha come sfondo l'ospedale, luogo
per eccellenza in cui lo "spettacolo" del malato si offre a una serie
di costanti, riconoscibili e calcolabili. Gli spazi della società,
dell'economia e della morale, sono quindi integrati nella scena della
malattia, accompagnando, fra il XVIII e il XIX secolo, la
riorganizzazione dell'intera scienza clinica. Il ricovero ed i metodi
descritti da Tuke si risolvono essenzialmente nel castigo dei folli,
perché imparino a comportarsi normalmente: sono costretti a comportarsi
in modo perfettamente sottomesso e conforme alle regole accettate.
Analogamente, il trattamento spiegato da Pinel sembra una versione
puramente estesa della terapia dell'avversione, compresi i trattamenti
coatti, quali docce gelate e camicie di forza. Foucault ravvisa in tali
metodi una mera brutalizzazione reiterata del paziente, in cui si
rievoca la struttura del giudizio e della punizione.
Il sociologo
canadese Erving Goffman, autore nel 1961 del testo, "Asylum. Le
istituzioni totali: i meccanismi dell'esclusione e della violenza", che
sarà il capostipite di un filone di pensiero per il quale la
"istituzionalizzazione" è la reazione dei pazienti alle strutture
burocratiche e ospedaliere, sosteneva che «ciò che consideriamo sintomo
di malattia mentale è la violazione delle regole cerimoniali della vita
quotidiana. Una violazione grave e consistente di queste regole è
innanzitutto l'internamento di una persona in un ospedale psichiatrico.
Coloro che hanno compiuto violazioni più gravi sono messi in "reparti
arretrati" mentre coloro che sono considerati meno "malati", o in via
di guarigione, sono messi in un "buon reparto", dove sono maggiormente
osservate le regole dell'interazione ordinaria». Goffman afferma che
per comprendere le singole percezioni e le interazioni dell'uomo non
esiste alcuna "verità vera", ma solo interpretazioni che sono "vere"
per ciascun individuo.
Intorno agli anni Settanta del secolo scorso il problema del potere
assume un aspetto rilevante nel pensiero foucaultiano. La gestione del
corpo degli individui avviene all'interno della società stessa grazie a
dispositivi disciplinari che operano non tanto sul piano
dell'interdizione e del divieto, quanto sul controllo, volto a formare
conoscenza, promuovere desideri, produrre soggettività.
Ma i folli, come ama dire Pasquale Musarra, psicologo e psicoterapeuta
siciliano, sono uomini che vivono in "sospensione" tra cielo e terra,
non poggiano mai i piedi sulla nuda terra, ed esprimono pensieri
"liberanti" per loro e per il resto del mondo. E quando capita
d'incontrarli in limitar di vite o in cerchi di case sparse, li
riconosci subito e ti ci affezioni, "macchiati" come sono, d'invisibili
colori, quasi come altri innocenti, vissuti in tempi assai lontani,
segnati con lettere scarlatte e stelle gialle. E la loro stessa vita
rappresenta la distanza, incommensurabile, una dimensione lunare,
irraggiungibile, prospettica ed educativa, per la loro sventurata sorte
e per il nostro misero umano esistere.
Necessario è continuare a prendere appunti per una storia della follia
o dell'umanità folle...
Angelo
Battiato
angelo.battiato@istruzione.it