Luglio è stato un
mese davvero particolare per la scuola. Renzi e il PD hanno dimostrato
– con un rocambolesco e continuo cambio di direzione – di avere sulla
scuola scarse idee (peraltro poco originali) e una grande confusione.
All’inizio del mese scoppia la bomba del piano-scuola Reggi, che –
forse confidando nella stagione calda (per modo di dire) e nella
disattenzione estiva – propone in quattro e quattr’otto una vera e
propria rivoluzione, che tocca alcuni passaggi cruciali: orario dei
docenti, apertura delle scuole, potere dei dirigenti scolastici, taglio
dell’ultimo anno delle superiori. In seguito alla immediata reazione
della scuola (destinataria non consultata del provvedimento) si
susseguono smentite, parole a mezza bocca, prese di posizione da parte
di Giannini, grande assente nel progetto di scuola che verrà,
rassicurazioni da parte dei vertici del PD, prese di distanza dello
stesso Reggi dalle affermazioni dei giornali, salvo poi riconfermare a
mezza bocca la sostanza del progetto.
Comunque vadano le cose prossimamente, sappiamo che, nonostante il caos
e il dilettantismo degli attuali amministratori e governanti, la scuola
è attesa al varco; l’autunno ci riserverà delle sorprese. L’occupazione
pervicace degli spazi della parola e il mito della velocità, sebbene
sembrino piacere a tanti italiani, non hanno affascinato la scuola, che
continua a chiedere legittimamente di essere coinvolta nella
progettazione degli interventi che la riguardano direttamente. Durante
la mobilitazione di metà luglio molti benpensanti – dalle tasche piene
e dall’esperienza remota e tutta personale di cosa sia/debba
essere una scuola; che inneggiano alla valutazione punitiva; che
scambiano 18 ore di lezione con 18 ore di lavoro; che hanno fomentato
il mito del docente fannullone – sono riemersi con le decennali
litanie: i prof. sono conservatori, disedegnano il cambiamento, sono
una lobby che si mobilita per mantenere i propri privilegi (sic!).
La smentita a questa vulgata che fa buon gioco ai colpi di mano dei
dilettanti allo sbaraglio sta scritta nella Lip, legge di iniziativa
popolare per una Buona scuola della Repubblica, che ritorna – dopo 8
anni dalla sua presentazione – sotto forma di disegno di legge proposto
da un gruppo di senatori provenienti da diverse compagini: Mussini
(gruppo Misto), Petraglia (Gruppo Misto Sel), Montevecchi (M5S), Tocci
(PD), Luzzi (PdL), Centinaio (Lega), Bignami (Misto), Bencini (Misto),
Gambaro (Misto), Romani Maurizio (Misto), Serra (M5S), Ricchiuti (PD).
Hanno sentito il dovere di appoggiare lo sforzo del Comitato per la
Ripresentazione, che non ha mai cessato di investire in quel progetto e
aveva chiesto a senatori e parlamentari di “adottare” il testo, dal
momento che una legge di iniziativa popolare dopo due legislature
decade. Così è stato: i senatori hanno creduto non solo nel comitato,
ma nella forza delle 100 mila firme che sottoscrissero la Lip nel 2006.
Il testo illustra le norme generali per tutti gli ordinamenti, fornendo
risposte concrete ad esigenze, richieste, interrogativi che negli anni
non si sono sopiti. E che, anzi, sono stati amplificati dal cambiamento
e dalla complessità che sempre più hanno caratterizzato il nostro
tempo; elementi che i governi che si sono succeduti non hanno ritenuto
di affrontare con un modello di scuola inclusivo, laico, democratico
quale quello proposto dalla Lip. I tagli e il disinvestimento culturale
sull’istruzione sono le uniche risposte che hanno garantito.
Oggi più che mai, mentre proposte frettolose ed estemporanee, promesse,
affermazioni e smentite si abbattono sul mondo della scuola – sempre e
rigorosamente senza interlocuzione alcuna con chi la scuola la fa e la
frequenta quotidianamente; sempre senza la quantizzazione dei fondi
necessari e disponibili per concretizzare gli interventi (anzi
continuando a sottrarre fondi) – contenuto e metodo della LIP possono
costituire un riferimento fondamentale, che merita di essere sostenuto
con convinzione. Per questo Renzi – che, finalmente tornato a più miti
consigli, ha da poco annunciato tre mesi di consultazioni sulla futura
riforma della scuola – troverà nel disegno di legge parole e principi
che individuiamo come imprescindibili, scrivendoli, argomentandoli,
negoziandoli e traducendoli in articoli di legge: studio, condivisione,
riflessione.
La Lip ha configurato un modello di istruzione che realmente – a
differenza dei facili slogan che hanno animato la politica scolastica
negli ultimi lustri, ma che non si sono mai tradotte in azioni concrete
– mette al centro apprendimenti, diritti, inclusione, valorizzazione
delle eccellenze, laicità. Chissà che il premier, con un inconsueto
scatto di umiltà, non voglia dare un’occhiata al disegno di legge, il
cui iter verrà seguito con l’attenzione che merita non solo dai
senatori che l’hanno firmato e da noi del comitato per la
riproposizione, ma da tanti docenti, genitori, studenti che abbiano a
cuore un modello di scuola; strumento principale attraverso il
quale lo Stato sia in grado di rimuovere ostacoli e differenze su base
socio-economica, assicurando a tutte e a tutti condizioni che
preparino per il mondo che li aspetta cittadini consapevoli e donne e
uomini più ricchi perché più colti.
Marina Boscaino - Ilfattoquotidiano.it