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Costume e società: A Sassuolo gli imam-ultrà predicano a porte chiuse

Opinioni


dal sito " Il Giornale "
di Gianandrea Zagato - domenica 08 aprile 2007, 07:00

Sì, i cinque sono predicatori dell’odio islamico e, oggi, dalle 14 alle 19 - insieme a Hamza Roberto Piccardo, ex portavoce e segretario dell’Unione delle comunità islamiche - sono in azione a Milano: guest stars dell’associazione Islamic Relief che, in questo week end pasquale, organizza due appuntamenti (Milano e Bologna) sul tema «la globalizzazione della solidarietà». Il terzo appuntamento, in quel di Sassuolo, non è stato in un luogo pubblico: il sindaco si è rifiutato di ospitarli, «sono persone non gradite in città». Stop del primo cittadino, Graziano Patuzzi (Ds) - inizialmente aveva appoggiato l’iniziativa, «avevamo dato l’ok in modo automatico» - che il vicepresidente dei deputati di Forza Italia, Isabella Bertolini, si «augura» venga replicato dalle amministrazioni comunali di Milano e Bologna: «Sarebbe cosa saggia che annullasero i tour dell’odio pronti a sbarcare nelle loro città. Non ci deve essere spazio pubblico per chi inneggia alla guerra santa e all’odio contro l’Occidente».
E mentre Sergio Cofferati da Bologna fa sapere che sotto le Due Torri non ha «alcuna intenzione di interferire nelle pratiche religiose della comunità islamica» ma garantisce un intervento «di fronte ad attività che dovessero diventare propaganda o sostegno di attività non lecite», da Milano interviene Cesare Cadeo, presidente di Milano Sport ossia la società che gestisce il Palalido. «Sta alla questura di Milano vietare le manifestazioni, eventualmente» spiega il numero uno della municipalizzata ambrosiana: «Da anni, l’associazione Islamic Relief, organizza questa manifestazione. Anche per il 2007 ha presentato la richiesta e ottenuto il benestare della commissione comunale di vigilanza.
Quindi, per Milano Sport che apre i cancelli e pulisce quando tutto è terminato, le carte sono in regola».Tutto okkei anche se i fondi raccolti dal «grande festival» finiranno nelle casse dell’Islamic Relief, l’organizzazione che ha un bilancio annuale di cento milioni di euro e che sostiene i Fratelli Musulmani ossia i fondamentalisti che mirano alla riesumazione della Nazione islamica. Associazione, Islamic Relief, nota alla cronache perché tra i possibili collettori di gruppi che traducono in azione l’ideologia jihadista. Motivo più «sufficiente per imporre al ministro degli Interni, Giuliano Amato, finora troppo prudente, di vigilare» chiosa l’azzurro Lucio Malan. «Aspettiamo che Amato spieghi perché non agisce, nonostante il decreto Pisanu dà facoltà di espellere stranieri “la cui permanenza in Italia può agevolare organizzazioni terroristiche”». Valutazioni respinte dal responsabile di Islamic Relief, Paolo Gonzaga: «Noi agiamo per fare del bene alle persone, gli attacchi ci colpiscono al cuore e sono cosa disgustosa».

Nessuna conseguenza per i predicatori d'odio
dopo la trasmissione Annozero, il ministero degli Interni è rimasto inerte

Testata: Libero
Data: 08 aprile 2007
Pagina: 1
Autore: Fausto Cairoti
Titolo: «E Amato perdona gli imam della guerra santa»



Da LIBERO dell'8 aprile 2007:

Tre scimmiette al prezzo di una. Davanti agli imam che incitano alla violenza, Giuliano Amato non vede, non sente e non parla. Sono passati dieci giorni da quando Annozero, la trasmissione di Michele Santoro, ha mostrato, grazie a una telecamera nascosta, quello che avviene nelle due moschee salafite di Torino. In questo periodo il ministro dell'Interno avrebbe potuto valutare la gravità di quelle immagini (non è difficile, bastano un videoregistratore e un traduttore dall'arabo, e al Viminale risultano avere entrambi) e decidere se espellere i due imam, (...) segue a pagina 5 (...) come una norma voluta dalla sinistra nel 1998, la legge NapolitanoTurco, gli permette di fare. Invece sono stati dieci giorni buttati. Nelle due moschee non vi è stata alcuna ispezione da parte della polizia, i magistrati lasciano intendere che a loro sembra tutto normale e Amato mostra di non avere la volontà politica necessaria per affrontare la questione. E questo nonostante nel frattempo Annozero abbia tirato fuori nuove immagini, che rendono ancora più indifendibile la posizione dei due predicatori d'odio. Nella moschea di via del Cottolengo il signor Kohaila, imam marocchino di 44 anni, era stato filmato mentre predicava di «non integrarsi con gli occidentali», stare ben lontani dagli «infedeli» ebrei e cristiani e «tenere sottomessa» la donna. Tra le pubblicazioni distribuite nella sua moschea vi erano i bollettini di Al Qaeda scaricati da internet, nei quali si spiega che gli atei «si uccidono e basta» e si loda la capacità dell'organizzazione di Osama Bin Laden «di assorbire i colpi nonostante gli arresti, che non significano niente, perché Al Qaeda è più forte». Immagini analoghe erano state registrate nella moschea di via Saluzzo. Davanti a simili prove, mostrate su Rai Due giovedì 29 marzo, i due imam si sono presentati negli uffici della Digos per reclamare la loro innocenza. Kohaila ha reagito indignato con i giornalisti: «Ho centinaia di testimoni del fatto che predico tolleranza e pace». E infatti trecento islamici, frequentatori abituali della sua moschea, hanno messo per iscritto che «il signor Kohaila non ha mai fatto discorsi di tipo minaccioso nei confronti degli occidentali». Le ultime parole famose: poche ore dopo, dagli studi di Annozero è saltato fuori un video dell'imam che prima, mancando un'adeguata traduzione, non era stato mandato in onda. Mostra l'imam che sbraita «Allah uccida tutti i politeisti», ricorda ai presenti che Maometto ha assicurato che «gli estremisti», cioè ebrei e cattolici, «saranno distrutti», e invoca la distruzione dello Stato d'Israele: «Dio porti alla vittoria i nostri fratelli in Palestina». Tutto molto islamicamente corretto: negli "hadit", le frasi di Maometto cui ogni musulmano deve ispirarsi, si legge che «la guerra è inganno». Ciò comporta, tra le altre cose, che gli islamici sono tenuti a mentire dinanzi agli infedeli, quando questi rappresentano una minaccia. Tutto il materiale filmato è ora nelle mani della Digos e della Procura torinese, da dove però fanno sapere che, al momento, «non vi è alcun indagato in relazione ai fatti raccontati da Annozero». La Procura ha aperto un fascicolo contro ignoti, privo di un titolo di reato. Del resto, i magistrati non avevano notato nulla di strano nemmeno nel comportamento del predecessore di Kohaila, Bouiriqi Bouchta, che l'allora ministro Beppe Pisanu dovette espellere nel 2005 per «grave turbamento dell'ordine pubblico e pericolo per la sicurezza dello Stato». Insomma, è tutto nelle mani di Amato: per cacciare i due serve una scelta politica che solo lui può prendere. Intanto, ci facciamo la Pasqua con l'imam che ci vorrebbe morti. Da sottolineare il silenzio della componente libertaria del centrosinistra. Che ci tiene a marcare la propria distanza dallo statalismo del governo Prodi, ma sembra disinteressata a vicende come quella portata alla luce da Annozero. Eppure la storia e la cronaca insegnano che le prime vittime dei fanatici islamici, anche in Europa, sono le donne (come Ayaan Hirsi Ali, collaboratrice di Theo Van Gogh, somala, nera e atea, costretta a fuggire dall'Olanda) e gli omosessuali (come il sindaco di Parigi Bertrand Delanoë, accoltellato da un musulmano nell'ottobre del 2002). Ma di questi tempi, per certa sinistra, l'unico nemico di donne e omosessuali sembra essere il Vaticano.

L'Europa culla del terrorismo islamico
un editoriale di Magdi Allam

Testata: Corriere della Sera
Data: 06 aprile 2007
Pagina: 1
Autore: Magdi Allam
Titolo: «La fabbrica dei kamikaze»



Dal CORRIERE della SERA del 5 aprile 2007:

L'Europa è diventata la più pericolosa «fabbrica di kamikaze islamici» al mondo perché è stata incapace di integrare gli immigrati musulmani. L'accusa, pesantissima, è stata lanciata dagli Stati Uniti, aprendo un nuovo fronte di scontro con l'Europa (ancor più cruciale di quello sull'economia, sulla politica e sulla difesa) nel determinare il futuro della civiltà occidentale. Perché riguarda la sicurezza che tutela il diritto alla vita e il modello di convivenza sociale su cui si basa l'identità collettiva. L'ha fatta il ministro della Sicurezza americano, Michael Chertoff, nell'intervista al
Daily Telegraph in cui confessa di temere che un nuovo 11 Settembre negli Stati Uniti potrebbe essere scatenato da terroristi islamici suicidi con cittadinanza europea.
Ebbene, considerando i fatti, non si può che dargli ragione. Non è stata forse la «cellula di Amburgo» di Al Qaeda a preparare e dirigere il più clamoroso attentato terroristico suicida della Storia a New York e Washington nel 2001? Non sono stati forse dei cittadini britannici a inaugurare la figura del terrorista suicida islamico europeo, facendosi esplodere nel caffè Mike's Place di Tel Aviv il 30 marzo 2003 e nella metropolitana e nel centro di Londra il 7 luglio 2005? Non è forse vero che nel corso degli ultimi 15 anni dall'Europa sono partiti migliaia di terroristi islamici, autoctoni e immigrati tra cui decine di kamikaze, per andare a fare la loro Jihad in Afghanistan, Algeria, Cecenia, Kashmir, Albania, Bosnia, Kosovo, Israele, Somalia, Marocco, Yemen e Iraq? Come non preoccuparsi del fatto che da un sondaggio del Pew Global Attitudes Project, della scorsa estate, emerge che un musulmano europeo su quattro legittima gli attentati terroristici suicidi contro i civili «per difendere l'Islam»?
Ugualmente, se consideriamo il sostanziale fallimento dei modelli di convivenza sociale finora sperimentati in Europa, quello multiculturalista in Gran Bretagna e Olanda e quello assimilazionista in Francia, non possiamo che dar ragione a Chertoff. Sono fatti incontestabili la diffusione dei ghetti etno-confessional-identitari; il venir meno del sistema di valori che sostanzia l'identità nazionale; l'esplosione delle tensioni e delle violenze tra i musulmani e gli autoctoni.
Tuttavia ciò che non convince è la diagnosi di Chertoff, secondo cui ci sarebbe un rapporto di causa ed effetto tra il fallimento del modello di convivenza sociale e l'affermazione dei terroristi islamici europei, nonché la terapia che individua la soluzione nel multiculturalismo. È lo stesso Chertoff a contraddirsi quando ipotizza, da un lato, una natura reattiva al terrorismo islamico europeo e, dall'altro, attribuisce una natura aggressiva al terrorismo islamico globalizzato negando che la guerra in Iraq sia la causa che l'ha scatenato. Così come Chertoff pecca di ingenuità immaginando che migliorando il tenore di vita e il livello di istruzione si sradicherà il terrorismo, perché in realtà la generazione più pericolosa dei burattinai e dei burattini del terrorismo islamico è formata da individui benestanti e altamente istruiti. Infine, ciò che sfugge a Chertoff, è che i modelli di convivenza sociale in Europa sono falliti non perché non si sia permesso ai musulmani di affermare la propria identità, ma perché non è stato richiesto loro di rispettare le regole e di condividere i valori che sono alla base della comune identità. Il difetto è nel fatto che l'Europa, a differenza degli Stati Uniti, ha una cultura dei diritti ma non dei doveri, si è limitata a elargire a piene mani i diritti senza esigere in cambio l'ottemperanza dei doveri.


Rischio terrorismo tra i musulmani europei
l'allarme di Michael Chertoff, il ministro della Sicurezza Usa, in un'intervista al Daily Telegraph

Testata: Corriere della Sera
Data: 05 aprile 2007
Pagina: 9
Autore: Ennio Caretto
Titolo: ««I terroristi del prossimo 11 settembre? Islamici dall'Europa»»



Dal CORRIERE della SERA del 5 aprile 2007:

WASHINGTON — Saranno probabilmente i musulmani in Europa, non quelli nei Paesi islamici, a compiere un altro attentato negli Stati Uniti come quello delle Torri gemelle del 2001, cioè «a fare un nuovo 11 settembre». Il motivo: i musulmani in Europa si sentono «cittadini di seconda classe» alienati dalla eredità coloniale europea, e il loro radicalismo può esplodere in ogni istante.
Essi non sono integrati come i musulmani negli Stati Uniti, «solitamente più istruiti e prosperi dell'americano medio», che proprio perché tali non rappresentano un pericolo. Lo ha asserito Michael Chertoff, il ministro della Sicurezza Usa, in un'intervista al Daily Telegraph
di Londra.
Nell'intervista concessa al quotidiano alla vigilia del suo incontro con il ministro dell'Interno inglese John Reid, Chertoff ha sostenuto che il sistema americano è superiore a quello europeo. Senza dirlo esplicitamente, ha accusato l'Europa di allevare dei terroristi, anzi i più spietati, detti «pelle pulita» perché non hanno trascorsi e sono in possesso di documenti legittimi, quindi più difficili da identificare. «Noi non abbiamo emarginati — ha affermato Chertoff — perché siamo una nazione di immigrati e la nostra società è molto mobile, mentre da voi i musulmani tendono a vivere in comunità chiuse e in aree circoscritte, cose che fomentano l'odio».
Il ministro ha concluso che gli Stati Uniti, non l'Europa, sono il principale bersaglio della nuova classe terrorista islamica, perché percepiti come il leader dell'Occidente e il nemico più forte. Le sue tesi non sono nuove: da mesi, i neocon e gli evangelici denunciano la radicalizzazione dei musulmani in Europa, mentre tra gli intellettuali divampano le polemiche sulla «islamizzazione» dell'Ue. Ma è la prima volta che l'amministrazione Bush critica pubblicamente gli alleati al riguardo, protestando soprattutto che trascuri il problema dei giovani musulmani.
Chertoff, tuttavia, non ha toccato un tasto cruciale: in America le comunità islamiche sono spesso infiltrate e controllate dalla polizia locale o da quella federale. Chertoff non ha nascosto l'obiettivo dell'affondo: indurre l'Ue a fornirgli in anticipo dati più particolareggiati degli attuali sui visitatori negli Usa, dalle fedine penali alle carte di credito.
«Noi — ha ammonito — non scenderemo a patti su chi entra nel nostro Paese, abbiamo il diritto di sapere chi è e che cosa fa». Il ministro ha ricordato che i cittadini di 27 nazioni non hanno bisogno del visto per soggiornare negli Usa fino a 90 giorni, e che nel 2001 ne approfittarono terroristi come Richard Reid e Zacharias Moussaoui. Reid, che aveva il passaporto britannico, tentò di far saltare un aereo di linea ma fu sopraffatto dai passeggeri; Mossaoui, che aveva quello francese, fu scoperto e arrestato.
Sinora l'Ue ha resistito alle pressioni, lamentando che violerebbero le libertà civili dei suoi cittadini. Non è perciò escluso che Chertoff miri ad accordi bilaterali con gli alleati che più preoccupano l'amministrazione Bush, l'Olanda, l'Inghilterra, la Francia, la Germania e l'Italia, dove i musulmani sono più numerosi oppure su posizioni più estremiste. Tra le sue richieste: che la dogana americana possa prendere le impronte digitali di tutte le dieci dita dei visitatori. «In questa maniera — ha osservato il ministro — potremo confrontarle con le impronte digitali anonime da noi trovate in Iraq o Afghanistan, nei campi di addestramento di Al Qaeda».
Il Daily Telegraph ha rilevato che la guerra dell'Iraq ha alimentato il terrorismo. Chertoff lo ha contestato: «Il terrorismo si alimenta da solo. Tra gli intellettuali e nei media c'è chi insinua che la colpa è nostra: ciò è sbagliato e conduce alla resa».





 









Postato il Domenica, 08 aprile 2007 ore 18:26:38 CEST di Salvatore Indelicato
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