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Costume e società: Uno Stato teocratico annidato nello Stato di diritto rivelato dalle immagini della trasmissione Annozero, filmate nelle moschee italiane

Rassegna stampa

31.03.2007
Testata: Corriere della Sera
Data: 31 marzo 2007
Pagina: 1
Autore: Magdi Allam
Titolo: «L'inchiesta di Santoro sui talebani di casa nostra»

Dal CORRIERE della SERA del 31 marzo 2007:

Dobbiamo ringraziare Michele Santoro e Maria Grazia Mazzola perché ci hanno fatto sentire meno soli nella denuncia dei predicatori d'odio che pullulano in gran parte delle moschee d'Italia e della violenza contro le donne musulmane, che è una vera emergenza nazionale sottovalutata dalla classe politica. E dobbiamo ringraziare la telecamera nascosta, vera protagonista dell'inchiesta di Annozero andata in onda giovedì sera.
Attraverso quella telecamera finalmente possiamo osservare la realtà dell'estremismo islamico nel nostro Paese per quella che è, senza mistificazioni. L'unica realtà obiettiva senza la quale non è possibile la verità. Comprendendo le differenze e prendendo atto delle incompatibilità. Perché soltanto se si parte dalla verità che si fonda sulla realtà, allora diventerà possibile immaginare un percorso di autentica integrazione dei musulmani all'interno dei binari invalicabili dei principi e dei valori fondanti dell'identità nazionale italiana. Questo è il senso dell'insegnamento generale di Benedetto XVI, che è stato deformato e criminalizzato dopo il discorso di Ratisbona. Così come dovrebbe essere il fulcro della deontologia professionale del giornalismo.
Le immagini di Annozero sono un documento per tutti coloro che vogliono vedere in faccia la realtà e mi auguro che lo faccia soprattutto chi ha incarichi di responsabilità e nel governo, i politici che sono preposti a legiferare, i magistrati a cui spetta far rispettare la legge e le forze di sicurezza che tutelano l'ordine pubblico. Perché ciò che emerge è semplicemente sconvolgente: all'interno del nostro Stato di diritto si annida uno Stato teocratico, che ha la sua roccaforte nella rete delle moschee dove si indottrinano i giovani in crisi d'identità al culto della guerra santa contro i cristiani e gli ebrei, rifiutando strenuamente l'integrazione nella società italiana; dove si accredita e si esercita una concezione maschilista e violenta del rapporto con le donne, legittimando e praticando i matrimoni poligamici. E sarebbe veramente ora di smetterla, da un lato, di dar vita alle ennesime commissioni d'inchiesta nell'attesa di risultati che confermino quanto si sa già e, dall'altro, di continuare a negare l'evidenza per non violare l'integrità dell'ideologia buonista che immagina la convivenza come la sommatoria delle diversità. No signori di destra e di sinistra, non sono più sufficienti le chiacchiere e non è affatto vero che tutte le culture, le religioni, le ideologie e le civiltà sono uguali a prescindere.
Dopo l'inchiesta di Annozero, che segue un'altra importante inchiesta di Corrado Formigli trasmessa da SkyTg24 lo scorso primo febbraio dal titolo «Un velo fra noi», dovrebbe essere arrivato il momento di agire. In un modo molto semplice: facendo applicare, con estremo rigore, le leggi esistenti e esigendo, senza mercanteggiamenti, il rispetto dei principi e dei valori comuni. Cominciamo con il mettere fuorilegge tutte le associazioni islamiche che fondano questo Stato illegale che mina il nostro stato di diritto. Chiudiamo le moschee e le madrasse trasformate in covi di Al Qaeda e in centri di indottrinamento alla Jihad. Cacciamo i predicatori d'odio stranieri e sanzioniamo severamente gli apologeti del terrore nostrani. Assicuriamo ogni forma di tutela possibile per prevenire e sottrarre le donne musulmane alla violenza fisica e psicologica. Investiamo nell'emancipazione e nel riscatto delle donne musulmane, tramite l'alfabetizzazione e l'educazione culturale, civile e professionale. Facciamolo subito, prima di scoprire che i talebani non li dobbiamo combattere in Afghanistan, bensì a casa nostra.
www.corriere.it/allam


30.03.2007 Ecco cosa succede nelle mosche italiane
così i fondamentalisti invitano a uccidere gli infedeli

Testata: La Stampa
Data: 30 marzo 2007
Pagina: 7
Autore: Maurizio Tropeano - Massimo Numa - la redazione
Titolo: «L’imam: gli infedeli vanno uccisi - L’ira della comunità: spiarci è sacrilegio - «Una nuova moschea? Ecco perché sono cauto»

Dalla STAMPA del 30 marzo 2007:

La moschea è in un cortile di via Cottolengo, a Torino, la stessa dove predicava l’imam Bouchta espulso dall’Italia per sospetta attività terroristica, è nel cuore di Porta Palazzo, dietro il grande mercato dell’ortofrutta. L’altra è in via Saluzzo, quartiere San Salvario. Due pezzi di città dove i cittadini extracomunitari si sono insediati in modo massiccio nel corso degli anni. Sono stranieri. Arrivano da Marocco, Tunisia, Egitto. Tutti di religione musulmana. In questi luoghi di culto salafiti, almeno secondo le riprese di una telecamera nascosta di una troupe di Annozero, si fa propaganda ad Al Qaeda e si chiamano alle armi i fedeli: «Nessun compromesso con gli atei. Si uccidono e basta».
Il filmato
Immagini che durano pochi minuti ma che a partire da oggi potrebbero essere acquisite dalla squadra antiterrorismo di Torino. Il suo capo, Giuseppe Petronzi, afferma di aver «guardato con molta attenzione il servizio televisivo. Nessuno ci aveva informato delle riprese e adesso valuteremo in che nodo acquisire la documentazione». Petronzi, però, non risponde a chi gli chiede se ci siano indagini in corso sui terroristi islamici.
L’inchiesta giornalistica di Maria Grazia Mazzola partita per documentare la violenza sulle donne perpetuate in nome del Corano si è servita di una telecamera nascosta, grande come uno spillo, per fare le riprese all’interno dei luoghi di culto. Mazzola racconta l’«ostilità e la diffidenza» riscontrata in questo viaggio di due settimane in alcuni dei luoghi frequentati da una parte dei fedeli musulmani torinesi. Poi l’inchiesta prende una piega diversa e arriva a documentare come in quelle due moschee si faccia propaganda in favore del terrorismo islamico.
L’iman Kuhaila invita i credenti a non integrarsi con gli infedeli perché l’Islam e l’unica via di salvezza. Poi la microcamera riprende le fotocopie di fogli di propaganda del gruppo terroristico. Per la giornalista si tratta del «giornale di Al Qaeda» e lì si può leggere l’esaltazione della Jihad si parla di Al Zarkawi, il capo della cellula irachena dell’organizzazione terroristica ucciso dagli americani, e lo si porta come modello per il martirio. Tra quelle pagine ci sono anche la descrizione di strategie militari. La stessa propaganda di esaltazione della guerra santa contro gli infedeli, cioè ebrei e cristiani, si ripete nella moschea di via Saluzzo. Qui le informazioni si possono leggere su una bacheca dove sono stati affissi i fogli del giornale. Fin qui il video. Che faranno gli inquirenti? Petronzi non si sbilancia. Nel corso degli anni la Digos di Torino ha cercato di contrastare il terrorismo di matrice islamica. La prima inchiesta è del 1997 contro la Gia algerina. Poi nell’aprile del 2001 partono le indagini che portano ad accertare l’esistenza di una campagna di arruolamento partita dalle moschee del Nord-Ovest per i capi dell’Afghanistan. A Guantanamo sono detenuti quattro combattenti catturati in battaglia dagli americani. Poi nel 2003 l’inchiesta che portò all’espulsione di cinque marocchini accusati di star preparando attentati in Italia. L’anno dopo toccherà all’imam della moschea di via Cottolengo. Sindaco Chiamparino in due moschee di Torino si lanciano proclami a favore di Al Qaeda. E’ preoccupato?
«Spero che i filmati non mettano in pericolo eventuali inchieste di magistrati e polizia. Che ci possano essere pericoli lo testimonia il fatto che alcuni anni fa venne espulso l’imam Boutcha. Io non sono stato tra quelli che si sono stracciate le vesti per quel fatto».
Il Comune non può far niente?
«In Comune non sono arrivate mai segnalazioni su rischi di terrorismo islamico. Certo non abbassiamo la guardia e per questo sono felice di aver risposto con molta, moltissima cautela a chi ogni tanto si è fatto vivo per chiedere la costruzione di una grande moschea a Torino».
Contrario alla costruzione?
«Sono cauto, molto cauto. E’ necessario capire chi sono i finanziatori e da dove arrivano i soldi. Stiamo lavorando per integrare nella vita sociale della città la stragrande maggioranza degli stranieri che lavora e rispetta le leggi».
3Siamo scossi. No, non è possibile». Via Cottolengo 5. Nel cuore di Porta Palazzo, il quartiere multietnico di Torino, dove gli islamici sono migliaia, il foglio con il lancio d’agenzia che racconta lo scoop di Annozero, passa di mano in mano. «Come? una videocamera segreta nella moschea? E’ sacrilegio, è un fatto gravissimo. Non ci crediamo», dicono. Invece è successo.
Quello che i fedeli chiamano l’Imam dovrebbe essere un marocchino, conosciuto come Kuhaila; appare all’improvviso da dietro la porta di vetro e acciaio. Fa segno di no con una mano, «non ho niente da dire, andare via». Barba tradizionale, alto ed esile, deciso a non rispondere, a tagliare ogni contatto con il mondo esterno. I suoi sermoni sono famosi, da mesi, da quando il suo predecessore, Bouriqui Bouchta, è stato espulso. E’ un uomo di grande carisma, vive in un alloggio dello stesso fabbricato, dove una volta abitava una famiglia tunisina. Esce poco, raccontano i vicini, è «un religioso che passa il tempo a pregare e a studiare», uno dei leader dei Salafiti.
Già nell’ingresso veniamo allontanati con decisione. «Via, per piacere. Questa è l’ennesima offesa contro di noi, contro i musulmani», dice un ragazzo. Ma è vero o no che durante la preghiera, si inneggia alla Jihad, alla guerra santa contro l’Occidente. Ma chi è il vostro Imam? Silenzio. Alla fine, una risposta, ironica: «E’ Bouriqi Bouchta», dice uno dei pochi che non indossa la veste tradizionale. Ridono tutti, ora. Bouchta è stato espulso nel settembre 2005 e rimpatriato in Marocco dal ministero degli Interni.
Storia di anni fa. Quando Bouchta, proprietario di alcune macelleria, faceva sfilare i ragazzini di Porta Palazzo vestiti da miliziani di Hamas, con il cappuccio e la kefiah, urlando slogan contro Israele e gli Usa.
La predicazione, in quella moschea di via Cottolengo, destava molti sospetti. La Digos aveva scoperto che venivano effettuate raccolte di fondi per le vedove dei kamikaze che dovevano ancora farsi saltare, accadde poi nel maggio 2003, a Casablanca. E qui si celebravano le figure leggendarie dei guerriglieri ceceni, come quel Khattab, la cui foto - da morto - era la cover di un manifesto di propaganda per raccogliere denari e volontari per la causa.
Storia di oggi. E’ vero che le guide spirituali suggeriscono, anzi impongono, di non integrarsi «con gli infedeli», di respingere in blocco lo stile di vita europeo, e soprattutto, che viene offerto materiale propogandistico della Rete di bin Laden, che si incita all’odio contro gli americani, che vengono raccolti fondi per le organizzazioni terroristiche che poi investono il denaro in attentati anche contro l’Esercito Italiano? E’ vero che viene ricordato con la preghiera Al Zarqawi, il capo della guerriglia in Iraq recentemente ucciso dalle forze della coalizione? Ti aspetti un coro di no indignati.
Ma Abu H., che si definisce moderato e che frequenta la moschea di via Saluzzo, nell’altro quartiere ad alta densità musulmana, cioè San Salvario, quasi raggela: «E’ vero, purtroppo. Da tempo avevo segnalato che alcuni Imam provenienti dall’Egitto predicavano l’intolleranza, il fanatismo e il culto della Jihad. Non posso dire né sì, né no, in merito a un’azione diretta, di proselitismo a favore di Al Qaeda. In realtà, più che gli episodi singoli, quel che conta è come è cambiato, in peggio, il clima. Quanto accade in Iraq e Afghanistan, in Palestina, ha profonde ripercussioni anche qui. C’è un senso di delusione, per la democrazia».
Aggiunge: «Molti di noi, mentre scorrono in tv le immagini di stragi, bombardamenti, esecuzioni, si sentono sempre più stranieri, isolati dalla società dove vivono e lavorano, dove si sono integrati, almeno in apparenza, con tanta fatica. Io sono un uomo di pace, vi prego, non lasciateci soli, non allargate il solco che ci divide».
E se nella moschea di Bouchta c’è rabbia e disprezzo («La tv dice solo bugie», concludono), in via Saluzzo si respira un clima di tristezza, di sorda irritazione. «Vogliamo vedere Annozero, poi il nostro Imam farà le sue considerazioni. Se questo è un modo di avvicinare le comunità, se questa è la strada del dialogo, allora ci siamo sbagliati tutti. Si torna indietro, questa è la verità».

La reazione dei fondamentalisti, che come di consueto cercano di presentarsi come vittime:

Siamo scossi. No, non è possibile». Via Cottolengo 5. Nel cuore di Porta Palazzo, il quartiere multietnico di Torino, dove gli islamici sono migliaia, il foglio con il lancio d’agenzia che racconta lo scoop di Annozero, passa di mano in mano. «Come? una videocamera segreta nella moschea? E’ sacrilegio, è un fatto gravissimo. Non ci crediamo », dicono. Invece è successo. Quello che i fedeli chiamano l’Imam dovrebbe essere un marocchino, conosciuto come Kuhaila; appare all’improvviso da dietro la porta di vetro e acciaio. Fa segno di no con una mano, «non ho niente da dire, andare via». Barba tradizionale, alto ed esile, deciso a non rispondere, a tagliare ogni contatto con il mondo esterno. I suoi sermoni sono famosi, da mesi, da quando il suo predecessore, Bouriqui Bouchta, è stato espulso. E’ un uomo di grande carisma, vive in un alloggio dello stesso fabbricato, dove una volta abitava una famiglia tunisina. Esce poco, raccontano i vicini, è «un religioso che passa il tempo a pregare e a studiare », uno dei leader dei Salafiti. Già nell’ingresso veniamo allontanati con decisione. «Via, per piacere. Questa è l’ennesima offesa contro di noi, contro i musulmani», dice un ragazzo. Ma è vero o no che durante la preghiera, si inneggia alla Jihad, alla guerra santa contro l’Occidente. Ma chi è il vostro Imam? Silenzio. Alla fine, una risposta, ironica: «E’ Bouriqi Bouchta», dice uno dei pochi che non indossa la veste tradizionale. Ridono tutti, ora. Bouchta è stato espulso nel settembre 2005 e rimpatriato in Marocco dal ministero degli Interni. Storia di anni fa. Quando Bouchta, proprietario di alcune macelleria, faceva sfilare i ragazzini di Porta Palazzo vestiti da miliziani di Hamas, con il cappuccio e la kefiah, urlando slogan contro Israele e gli Usa. La predicazione, in quella moschea di via Cottolengo, destava molti sospetti. La Digos aveva scoperto che venivano effettuate raccolte di fondi per le vedove dei kamikaze che dovevano ancora farsi saltare, accadde poi nel maggio 2003, a Casablanca. E qui si celebravano le figure leggendarie dei guerriglieri ceceni, come quel Khattab, la cui foto - da morto - era la cover di un manifesto di propaganda per raccogliere denari e volontari per la causa. Storia di oggi. E’ vero che le guide spirituali suggeriscono, anzi impongono, di non integrarsi «con gli infedeli», di respingere in blocco lo stile di vita europeo, e soprattutto, che viene offerto materiale propogandistico della Rete di bin Laden, che si incita all’odio contro gli americani, che vengono raccolti fondi per le organizzazioni terroristiche che poi investono il denaro in attentati anche contro l’Esercito Italiano? E’ vero che viene ricordato con la preghiera Al Zarqawi, il capo della guerriglia in Iraq recentemente ucciso dalle forze della coalizione? Ti aspetti un coro di no indignati. Ma Abu H., che si definisce moderato e che frequenta la moschea di via Saluzzo, nell’altro quartiere ad alta densità musulmana, cioè San Salvario, quasi raggela: «E’ vero, purtroppo. Da tempo avevo segnalato che alcuni Imam provenienti dall’Egitto predicavano l’intolleranza, il fanatismo e il culto della Jihad. Non posso dire né sì, né no, in merito a un’azione diretta, di proselitismo a favore di Al Qaeda. In realtà, più che gli episodi singoli, quel che conta è come è cambiato, in peggio, il clima. Quanto accade in Iraq e Afghanistan, in Palestina, ha profonde ripercussioni anche qui. C’è un senso di delusione, per la democrazia ». Aggiunge: «Molti di noi, mentre scorrono in tv le immagini di stragi, bombardamenti, esecuzioni, si sentono sempre più stranieri, isolati dalla società dove vivono e lavorano, dove si sono integrati, almeno in apparenza, con tanta fatica. Io sono un uomo di pace, vi prego, non lasciateci soli, non allargate il solco che ci divide». E se nella moschea di Bouchta c’è rabbia e disprezzo («La tv dice solo bugie», concludono), in via Saluzzo si respira un clima di tristezza, di sorda irritazione. «Vogliamo vedere Annozero, poi il nostro Imam farà le sue considerazioni. Se questo è un modo di avvicinare le comunità, se questa è la strada del dialogo, allora ci siamo sbagliati tutti. Si torna indietro, questa è la verità».

L'intervista e Sergio Chiamparino, che esprime una saggia cautela sulla costruzione di una nuova moschea. Troppo spesso in Italia sono state finanziate le moschee dei Fratelli musulmani, organizzazione fondamentalista che diffonde una cultura di odio.
Le prediche di chi esorta uccidere gli infedeli costituiscono, come ha spiegato Magdi Allam , un pericolo molto concreto: sono il primo anello della catena di reclutamento del terrorismo.

Sindaco Chiamparino in due moschee di Torino si lanciano proclami a favore di Al Qaeda. E’ preoccupato? «Spero che i filmati non mettano in pericolo eventuali inchieste di magistrati e polizia. Che ci possano essere pericoli lo testimonia il fatto che alcuni anni fa venne espulso l’imam Boutcha. Io non sono stato tra quelli che si sono stracciate le vesti per quel fatto». Il Comune non può far niente? «In Comune non sono arrivate mai segnalazioni su rischi di terrorismo islamico. Certo non abbassiamo la guardia e per questo sono felice di aver risposto con molta, moltissima cautela a chi ogni tanto si è fatto vivo per chiedere la costruzione di una grande moschea a Torino». Contrario alla costruzione? «Sono cauto, molto cauto. E’ necessario capire chi sono i finanziatori e da dove arrivano i soldi. Stiamo lavorando per integrare nella vita sociale della città la stragrande maggioranza degli stranieri che lavora e rispetta le leggi».


sabato, marzo 31, 2007
Indignazione a Torino
EL SEBAIE: DA SANTORO STEREOTIPI, A TORINO SIAMO INDIGNATI.
Nell'inchiesta sui musulmani torinesi "nessuna voce positiva"
Roma, 31 mar. (Apcom) /Spr - "Spiace molto che la trasmissione di Santoro abbia offerto l'ennesima immagine stereotipata dell'Islam in Italia, un'immagine violenta, maschilista ed estremista che sicuramente esiste, ma che non è né unica né tantomeno maggioritaria". E' l'opinione di Sherif El Sebaie, giornalista-blogger ed esponente di spicco della comunità musulmana torinese, sull'inchiesta andata in onda giovedì sera ad 'Annozero', la trasmissione di Michele Santoro. "Io come altri a Torino siamo indignati del fatto che non abbiano contattato nessuna voce positiva e 'presentabile' della comunità locale, mentre in realtà quasi tutto il servizio era concentrato su Torino" dice El Sebaie. L'opinionista di origini egiziane, che scrive sul 'Manifesto', spiega di essere "personalmente ancora più indignato del fatto che una trasmissione considerata seria come quella di Santoro accrediti tale Adriana Bolchini quale direttore di un osservatorio sul diritto internazionale e italiano, mentre la stessa signora su Internet afferma di occuparsi di esoterismo, magia bianca e cartomanzia". "Sarebbe auspicabile un migliore controllo sulle fonti e sugli interlocutori, prima di mandare in onda i servizi", conclude El Sebaie.
TAWFIK, TORINO NON CITTA' INTEGRALISMO MA INTEGRAZIONE
(ANSA) - ROMA, 30 MAR - La trasmissione di Santoro da dato un'immagine ''di parte'' e non veritiera non solo dell'Islam ma anche di Torino, ''che appare come una una citta' preda dell'integralismo, mentre e' una citta' simbolo di integrazione e multiculturalismo''. Non lesina le critiche ad 'Annozero' Younis Tafik, scrittore iracheno che opera dal 1985 a Torino con la sua associazione culturale italo-araba 'Dar al Hikma'. ''Quella trasmissione non tiene minimo conto del lavoro fatto in questi anni da noi, dal Comune e da altre associazioni - sottolinea Tawfik - dando un'immagine disastrata di Torino in cui non mi riconosco come cittadino''. ''Chiedo inoltre - aggiunge - che la magistratura acquisisca il testo in arabo del discorso dell'imam, di cui abbiamo sentito solo una traduzione, e quei volantini presentati come di Al Qaeda, e che in tv non si sono potuti leggere''. Quanto alla violenza verso le donne denunciata nel programma, ''e' un fenomeno che non riguarda certo solo l'Islam, come emerge anche da un'allarmante rapporto Ue sul tema - conclude - ma invece e' il frutto di un maschilismo malato che investe tutta la societa'''.
Etichette: Agenzie

posted by Sherif El Sebaie at 2:00 PM

Comments (4) | Trackback

Su Anno Zero (ma non finisce qui)

di Tonino Cassarà, L'Unità


«Occorre verificare chi viene a predicare la religione a nome dell'Islam. Vengono persone degnissime, che davvero predicano l'amore tra gli uomini, e altri» che invece predicano altro e «lo fanno passare per un sentimento religioso. Il problema è complesso e occorre pensare ad un accreditamento degli imam da parte di interlocutori, islamici». Il ministro dell'Interno Giuliano Amato ha commentato così ieri le immagini mostrate dalla trasmissione Annozero di Michele Santoro. Nel frattempo gli investigatori si sono messi immediatamente al lavoro per verificare l'attendibilità dei gravissimi fatti presentati nella puntata di giovedì che ha denunciato, oltre alle violenze a cui sarebbero sottoposte alcune donne all'interno delle comunità islamiche in Italia, il tentativo di proselitismo e l'istigazione alla violenza antioccidentale praticate in alcune moschee torinesi. Ma, da quanto si è appreso, almeno negli ultimi tempi «non c'erano state a Torino specifiche situazioni di rischio. Gli organismi competenti - dice il sostituto procuratore Maurizio Laudi - stanno molto attenti a quanto succede in ambienti considerati potenzialmente a rischio. Per ora abbiamo chiesto una annotazione e nei prossimi giorni avvieremo di certo un'indagine». La necessità di chiarezza è espressa anche da esponenti di spicco della comunità islamica che «vuole in questo modo sottolineare ancora una volta la propria distanza da chi professa l'odio e la violenza. Alla magistratura - dice lo scrittore Younis Tawfik - chiediamo di andare fino in fondo. Se ci sono mele marce, per il bene di tutti, devono essere separate da quelle buone. Non c'è omertà da parte nostra e nessuno vuole negare o usare come giustificazione il fatto che la violenza contro le donne esista in ogni cultura. Io per primo, già nel '99 ho denunciato, attraverso un mio libro, il caso di una giovane donna marocchina che, proprio a Torino, oltre ad essere ripetutamente violentata dal marito era stata infine costretta a prostituirsi». Anche per il giornalista Sherif El Sebaie «è innegabile che vi siano situazioni di violenza, ed è bene che i media li denuncino. Ma - dice - mi sarei aspettato che la trasmissione di Santoro lo facesse in modo più serio di quanto generalmente non faccia la Tv. Il fatto che nel servizio sia stata presentata la Bolchini e accreditata come direttore di un osservatorio che aiuta le donne maltrattate, un ente di cui finora si ignorava l'esistenza, mentre in realtà (stando almeno alla presentazione che fa di sé su un portale internet) la signora si occupa di magia bianca, pranoterapia e cartomanzia. Mi sembra uno spettacolo avvilente per l'informazione e per l'islam in Italia».

Anno Zero, tradotta la parte finale della predica dell’imam torinese Mohammed Kohaila

L’anatema fondamentalista

di Dimitri Buffa

“Il profeta dice che gli estremisti saranno distrutti, il profeta dice chi non segue la mia strada non fa parte della mia umma, la religione di Dio è semplice e di misericordia però questo non significa che uno può fare tutto quello che vuole e violare le regole dell’Islam.. Dio non dia sostegno a chi tu hai scelto come nemico, la nostra preoccupazione non è per la vita di oggi ma per quella di domani.. Dio dia la vittoria all’Islam e ai mussulmani Dio uccida tutti i politeisti..Dio dia la vittoria ai suoi schiavi, ai mujaheddin, Dio dia la vittoria ai suoi fratelli in Palestina”. Le maledizioni finali dell’imam fondamentalista di Torino della moschea “fai da te” di Porta Palazzo saranno riproposte stasera dalla trasmissione Annozero di Michele Santoro in apertura di puntata. Per i non addetti ai lavori del Corano è bene precisare che gli islamici fondamentalisti considerano politeisti tanto i cristiani per il concetto teologico della trinità quanto gli ebrei, rei di avere costruito un vitello d’oro ai tempi di Mosè. E credono di avere diritto di ucciderli. Specie se qualcuno glielo suggerisce dal pulpito di una moschea improvvisata. Un’appendice dovuta dopo le polemiche dei giorni scorsi e il processo stalinista che il conduttore tanto caro alla sinistra aveva dovuto subire per violazione dell’ “Islamically correct”. Kohaila che nella puntata di giovedì scorso faceva la figura del magliaro oltre che del fondamentalista non è un caso isolato di imam dell’odio. Quello precedente Bourichi Bouchta fu espulso dall’ex ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu perché era anche peggio e reclutava mujaeddin per l’Iraq e l’Afghanistan. Poi è da ricordare come il giorno dopo la messa in onda della bellissima inchiesta di Maria Grazia Mazzola sia partita una campagna di calunnie islamiche di cui si sono fatti oggettivamente corifei quotidiani come “La stampa”, “L’Unità” e il “manifesto”. Interpellata la Mazzola non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione, visto che la Rai non la autorizza, ma una battuta gliela abbiamo strappata: “la verità non è di destra né di sinistra”. Anche se a giudicare dalla campagna di odio e di calunnie messa su da gente come l’ex eurodeputata del Pci Dacia Valent si può tranquillamente affermare che almeno l’onestà intellettuale di sinistra non è di certo.

Paradossalmente la Valent che vomita tutto il proprio odio nel blog che tiene per conto dell’Ucoii è stata a suo tempo proprio una scoperta di Michele Santoro, che oggi insulta dandogli del frustrato sessuale, ai “bei tempi” di Samarcanda. E della prima repubblica. Ma oltre ai deliri di Dacia Valent, “Annozero” ha dovuto fare i conti con articoli pieni di falsità apparsi su “La stampa” dove si ipotizzava che i volantini pro Al Qaeda fosse stata la giornalista Maria Grazia Mazzola a metterceli. O che la coraggiosa presidentessa delle comunità marocchine avesse montato su tutto questo casino per ragioni elettorali interne al proprio paese. E’ invece purtroppo vero che, dopo la messa in onda giovedì sera scorso dell’inchiesta sui maltrattamenti islamici alle donne, c’è una persona che per paura delle minacce subite vive barricata in casa, non avendo alcuno che la protegga e non essendosi degnato questo governo di assegnarle una scorta. E quella persona è proprio Souad Sbai, sempre in prima linea nel denunciare gli abusi e le prevaricazioni dei mariti islamici e l’indifferenza degli assistenti sociali che liquidano le botte alle immigrate del Maghreb come “questioni marocchine”. Dimostrando che dosi eccessive di relativismo culturale e di politically correct finiscono per sconfinare con il razzismo vero e proprio. Amato ancora non le ha dato la scorta e la donna dice “io non sono parlamentare come la Santanchè né scrivo per grandi giornali come Magdi Allam quindi nessuno sembra pensare che io possa correre gravi rischi dopo tutto quello che ho detto ad Annozero”. Domanda: In Italia deve sempre scapparci il morto perché qualcuno si svegli? Come nel caso di Marco Biagi vogliamo liquidare la signora dandole della “rompipalle”? Oppure aspettiamo che anche l’Italia abbia il suo Theo Van Gogh, magari al femminile? L’inchiesta di Annozero dimostra facendo vedere la nuda realtà che in mezzo a noi c’è uno stato teocratico islamico nello stato italiano, che le leggi per questa gente non vengono applicate in nome di un malinteso senso di tolleranza culturale e che ad andarci di mezzo sono sempre gli esseri più deboli. Appunto le donne.









Postato il Sabato, 31 marzo 2007 ore 18:25:20 CEST di Salvatore Indelicato
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