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News: Alle radici del malessere - L’oratorio dei miracoli silenziosi

Rassegna stampa

E’ l’oratorio dei miracoli. No, non di quelli con la emme maiuscola, ma dei piccoli miracoli di ogni giorno, quelli che non fanno rumore. Doveva chiudere trent’anni fa la struttura salesiana intitolata a san Filippo Neri, in pieno centro storico, anzi nella parte più storica del centro, in via Teatro Greco, soppiantato da una nuova e più moderna struttura. E invece è lì più vivo e vegeto di prima. Ed il primo miracolo. Secondo miracolo: il vecchio San Filippo Neri doveva chiudere anche perché, nel pieno della crisi vocazionale che ha investito la Chiesa degli Anni Ottanta- Novanta, non c’erano preti Salesiani che potessero tenerlo aperto. E cinque anni fa, coraggiosamente, l’oratorio del vecchio San Filippo Neri fu affidato a un laico consacrato allora ventinovenne, Giuseppe Salomone. Un esperimento, si disse, ma è stato un esperimento vincente che ora si replica in altre case salesiane. Oggi l’oratorio è aperto tutti i pomeriggi e raduna circa 300 fra bambini, adolescenti e giovani in età compresa fra i cinque e i vent’anni e più, provenienti dallo stesso Antico Corso, dai Cappuccini, dagli Angeli Custodi, dal Castello Ursino. Che lì giocano, fraternizzano, discutono, crescono. Una vera e propria «oasi della speranza» in un centro storico congestionato, fra quartieri difficili, in un territorio urbano che non lascia spazio alla solidarietà, alla sana aggregazione, al bisogno di esprimersi dei giovani che non sia ritrovarsi in una sala giochi o fra gli ultras. Ma c’è ancora un di più, e forse il vero miracolo del vecchio oratorio è proprio questo. Giuseppe non è solo a reggere l’oratorio. Non più. Accanto a lui c’è da qualche tempo un manipolo di ex ragazzi che si sono ritrovati un anno e mezzo fa per il 120° anniversario della fondazione della vecchia struttura e hanno pensato che se erano lì era perché ricordavano ancora quei formidabili anni passati a dare un calcio nel campetto dell’oratorio. E se li ricordavano ancora, era perché quegli anni avevano lasciato loro qualcosa. E da allora sono li, in via Teatro Greco per collaborare, programmare, costruire, mettendo mano al proprio tempo e anche al proprio portafoglio, per lasciare che altri ragazzi e altre ragazze possano costruirsi valori, un passato, una vita. «Eravamo tantissimi per la festa dell’oratorio – ricordano Pippo Conti e Piero Privitera, due di loro – e in quella circostanza abbiamo deciso di fare qualcosa di concreto per il nostro oratorio, che avevamo frequentato negli Anni Sessanta e che ci aveva dato tanto. Così ci vediamo due volte al mese per programmare, discutere, studiare inziative, incoraggiare lo sport e i momenti di riflessione collettiva, dare piccoli segni concreti ai ragazzi: dalle castagne in autunno al panino con la mortadella per la festa di Don Bosco, alla gita domenicale». «Un modo per applicare – continua Privitera, che ha scelto di vivere e lavorare in quel quartiere, a due passi dall’oratorio – il sistema pedagogico preventivo che ci ha insegnato Don Bosco». «Un modo per tornare a parlare di valori veri – aggiunge Conti – dopo che per anni ci siamo illusi che quei valori potessero essere sostituiti dal benessere, dai lussi, dai soldi. E invece c’è bisogno di semplicità e di uguaglianza». Giuseppe, lo chiamano tutti così, grandi e bambini, in un angolo annuisce. «Io mi limito a coordinare – dice – e posso farlo perché ho accanto loro e alle spalle un quartiere». A fare vivere l’oratorio, dove in questi giorni si è svolta anche una bella festa in maschera, sono anche le mamme, le nonne, i papà dei bambini che lo frequentano. Che danno una mano a tinteggiare le pareti, se occorre, che cucinano frittelle a pasta a cinque buchi per tutti, che mettono a disposizione quello che sanno fare per dare una mano con i compiti, per lavoretti artigianali. E in questa «catena di San Filippo Neri » c’è spazio anche per gli studenti di Scienza della Formazione che vengono a svolgere il tirocinio e per i giovani del servizio civile. «E la cosa bella – racconta Giuseppe – è che quando sulla carta il loro impegno finisce continuano a venire e a dare una mano». E anche di calcio si parla nell’oratorio di via Teatro Greco che sorge a due passi dai club degli ultras, nel cui campetto si formò anche Pietro Anastasi e dove crebbe anche Fabrizio Lo Presti, il giovane tifoso che, nel 2001, perse la vita in tragico incidente d’auto, mentre andava a seguire l’amato Catania calcio in una partita in trasferta. Di tifo si è parlato in questi giorni, all’oratorio, e anche di violenza. E sabato prossimo, alle 5, prima della Messa, verranno due poliziotti. Per spiegare ai ragazzi che i «cattivi» non sono loro.

ROSSELLA JANNELLO (da www.lasicilia.it)

Randazzo, si rinnova il primo «cortile»

Don Giovanni Bosco fu un grande uomo d’azione. Il padre della gioventù mise in campo il suo «sistema preventivo » che ancor oggi è tema di studio, anche perché colpì la sua originalità nel secolo "pedagogico" quale fu l’Ottocento. La fama di quelle sette paginette stupì il mondo. I suoi metodi furono apprezzati nel mondo, persino in ambienti non cristiani. Moderno e umano il sistema che accoglie tutto ciò che di positivo offre la cultura e la civiltà di ogni contesto ambientale, che rifiuta tutto ciò che è rigido e legato a visioni riduttive e miopi. La parola non deve essere afasica. Deve incidere, piuttosto, negli animi, nel contesto dei tempi, ma soprattutto deve essere essenziale nel produrre «buoni cristiani ed onesti cittadini». Un messaggio semplice ma incisivo che stava a cuore di Don Bosco e che è diventato la centralità dei suoi Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice che ha come capisaldi la casa, la scuola, la parrocchia, il cortile. L’oratorio appunto. Gli oratori, che dopo più di 100 anni tornano ad essere in questo terzo Millennio oasi per i giovani, luoghi in cui si respira aria salubre, in cui si cresce al riparo dai venti gelidi dei nostri giorni, lontano dal degrado in cui sono scivolati le metropoli (si salvano ancora le realtà provinciali). Dove ci sono quartieri irreversibilmente degradati, là non ci sono i Salesiani, porta aperta e sicura per i giovani. Catania pullula di "cortili" salesiani: da San Filippo Neri vecchio di via Teatro Greco al nuovo di via Vincenzo Giuffrida, da Cibali alla Barriera, alla Salette nel quartiere di San Cristoforo. Ve ne era uno a Nesima, ma fu chiuso con la promessa di aprirne uno a Librino. Mentre è in via di ristrutturazione il primo e glorioso oratorio di Randazzo, voluto fortemente da Don Bosco, è bello vedere la rinascita di quello che fu il glorioso oratorio di via Teatro Greco. Il vecchio cortile di San Filippo Neri, da anni, è rinato a nuova vita, come quello di Pedara in cui è possibile trovare ogni sera almeno cento ragazzi, se non di più. Tiene molto bene la Salette, punto di riferimento sicuro in un quartiere difficile. Randazzo sta vivendo un periodo non facile. Per questo l’ispettoria sicula, che tiene molto a questo oratorio per il significato intrinseco che ha, vuole rifondarlo per renderlo di nuovo fiorente come un tempo. E Randazzo si sta mobilitando perché il grande passato (ha dato anche tanti salesiani) ritorni alla grande. Al risveglio di Catania, rispondono adeguatamente quelli di Palermo e Messina. A Palermo il glorioso S. Chiara, aperto anche agli extracomunitari, esplode di salute come il Ranchibile e il Villaurea. A Messina il S. Luigi sta rinascendo a nuova vita, ma godono di ottima salute pure il mitico S. Domenico Savio e il Giostra, posto in una zona non facile. Don Salvino Raia, che ha in mano, quale responsabile ispettoriale, gli oratori siciliani, si esprime in termini ottimistici. «Abbiamo una ripresa generale degli oratori - afferma - una rinascita più che promettente. Gli oratori sono tornati ad essere pieni di ragazzi, entusiasti, anche perché, nella loro giusta evoluzione, ne stiamo curando i nuovi interessi che sono sportivi, culturali, musicali, giornalistici, culinari, telematici. Abbiamo infatti aperto diversi oratori a scuole specifiche, a quelle professioni che potranno dare ai ragazzi un posto di lavoro sicuro perché molto richiesto. Teniamo anche il doposcuola, aiutiamo gli extracomunitari. Sport e teatro rimangono i capisaldi (quanti campioni di calcio di ieri e di oggi provengano dagli oratori!). Oggi gli oratori, che vengono frequentati da ragazzi e ragazze, non sono più autoreferenziali, ma sono collegati con Enti locali per un progetto comune. Vogliamo essere insomma al passo con i tempi. Però in Sicilia aspettiamo ancora la legge sugli oratori».

NINO URZÌ (da www.lasicilia.it)

Ad Acireale un coordinamento apripista in tutto il Meridione

Oratori collegati. «Riprendere le origini di questi luoghi di accoglienza per i giovani»: un terzo delle parrocchie della diocesi riscoprono questa tradizione Non deve mancare l’oratorio in ciascuna parrocchia della diocesi, come casa che accoglie i giovani, come scuola che avvia alla vita»: sosteneva questo, mons Giovanni Battista Arista, il vescovo degli oratori che operò ad Acireale nei primi del 900. Fiorirono così tanti oratori nella diocesi, poi abbandonati nella seconda metà del Novecento, ma in forte ripresa negli ultimi anni, grazie anche all’impegno del Coorda, il coordinamento degli oratori: una associazione sorta nel 2004, in seguito a un’idea del vescovo Pio Vigo e di una cooperatrice laica salesiana, Anna Maria Belfiore. Una struttura normale nel nord Italia, dove la tradizione oratoriale è molto forte, ma una novità assoluta (lo era nel 2004, ma lo è ancora oggi) nel panorama del Sud Italia. «Molti – spiega il segretario del Coorda, Giovanni Rinzivillo, 29 anni, una militanza di 11 anni in Azione Cattolica a livello parrocchiale e diocesano – reclamavano la mancanza di centri di aggregazione dei giovani: e anche la Chiesa era incapace di dare risposte adeguate». Da qui l’idea del Coorda di riprendere le radici degli oratori della diocesi: una diocesi di 250 mila abitanti, divisi in circa 110 parrocchie, delle quali una quarantina oggi ospitano oratori tra stabili (cioè operativi per tutto l’anno) ed estivi (che offrono il Grest). «Il Coorda – spiega Giovanni Rinzivillo – è una associazione pubblica di fratelli laici, nata con decreto del vescovo Pio Vigo l’1 marzo 2004 con l’intento di accogliere il giovane nella sua interezza per far sì che possa trovare nell’oratorio uno spazio sano, educativo, di riflessione, gioco e preghiera ». Il Coorda si ispira a due figure di santi: san Filippo Neri, che materialmente inventò l’oratorio, ovvero una struttura in cui i ragazzi potessero stare insieme in allegria e preghiera, e san Giovanni Bosco, educatore eccezionale capace di mettere in risalto le qualità del giovane, qualunque esse fossero. E – aggiunge oggi la legge italiana – a qualunque religione appartenga il ragazzo: gli oratori, infatti, pur avendo una ispirazione cattolica, sono aperti a tutti. E’ questo infatti uno degli aspetti sottolineati dalla legge nazionale 206 del 2003 sugli oratori, che ha riconosciuto la funzione sociale svolta da queste strutture nelle comunità locali. La legge nazionale dovrebbe servire anche da stimolo per l’emanazione di leggi regionali con relativi finanziamenti: «In Sicilia – spiega Rinzivillo – il governatore Cuffaro ci ha però fatto sapere che la legge nazionale è stata recepita, ma la Regione siciliana non intende per ora legiferare in proposito proprio per mancanza di soldi». Il Coorda ha comunque intrapreso rapporti con altri Enti: la Provincia di Catania e soprattutto il Comune di Acireale, con il quale è stato stilato nel 2006 un protocollo di intesa, scaduto a fine anno, da rinnovare «ma con degli aggiustamenti operativi, sia per quanto riguarda i servizi messi a disposizione dal Comune, sia da parte nostra con un maggiore coordinamento tra gli oratori e una più elevata partecipazione dei parroci». Perché anche da parte di alcuni sacerdoti, impegnati magari in altri tipi di attività o non portati al lavori diretto con i giovani, ci sono resistenze, secondo Rinzivillo: «E poi il fatto che ora ci sia un coordinamento che distribuisce equamente a tutti, non piace a qualcuno». Poche le risorse a disposizione del Coorda, che medita però di realizzare protocolli d’intesa con altri Comuni della diocesi: «Attualmente siamo finanziati dalle offerte (in prima istanza il vescovo) e poi ci autofinanziamo attraverso i corsi di formazione dei giovani animatori, che è un’altra delle nostre attività principali e fondamentali. Tutto viene fatto in assoluta volontarietà e gratuità, sacrificando tempo alla famiglia e rimettendoci di tasca nostra». Tenendo sempre presente che «gli oratori non sono le strutture, ma le persone: ci sono oratori che, anche con poche risorse economiche e strutture minime, riescono a far divertire i ragazzi, a coinvolgerli, a dare risalto al protagonismo giovanile». Che è l’aspetto fondamentale: «I ragazzi – sottolinea Giovanni – hanno voglia di scommettersi in un volontariato sano che permette di esprimersi per ciò che si è e per ciò che si sa fare, di crearsi un proprio spazio in una società purtroppo spesso gerontologizzata. E anche il giovanissimo, da qualunque contesto provenga, se viene responsabilizzato, dandogli la possibilità di dare il proprio contributo fattivo al raggiungimento di un obiettivo comune, si fa coinvolgere». Ma per fare ciò ha bisogno di figure adulte di riferimento che sappiano ascoltarlo: «Invece i giovanissimi sono soli – spiega Rinzivillo –: manca la parola di incoraggiamento, l’ascolto del ragazzo, che come punto di riferimento si ritrova solo il coetaneo e come idoli il telefonino, la tv e i fatui modelli alla moda». Modelli che non possono sostituire il sostegno dell’adulto. Perché, come diceva san Giovanni Bosco, «non basta che il giovane sia amato, ma bisogna dimostrargli che lo si ama».

MARIA AUSILIA BOEMI (da www.lasicilia.it)









Postato il Lunedì, 19 febbraio 2007 ore 20:49:03 CET di Renato Bonaccorso
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