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Umanistiche: CHE COSA SIGNIFICA PENSARE CRITICAMENTE

Rassegna stampa
Il pensiero critico

Nei paesi anglosassoni si denomina pensiero critico quella branca della filosofia che, invece che andare dietro a sistemazioni ardite e ad affermazioni discutibili, assai più modestamente (ma più perfidamente) si appunta sull’analisi delle argomentazioni con cui si sostiene alcunché per saggiarne la consistenza. Tale tipo di filosofia è scarsamente praticata in Italia: si preferiscono o il tono oracolare che confonde l’astruso col profondo, ovvero lo specialistico che riduce i possibili fruitori a tre persone. L’analisi delle argomentazioni di certo può sembrare una forma di filosofia per così dire terra terra ma, al contrario, se si analizzassero le argomentazioni (per così dire) di alcuni cosiddetti filosofi, e, per estensione, tutte le argomentazioni che, soprattutto in televisione, impazzano, si vedrebbe la povera condizione dell’intelligenza italica. Basterebbe, infatti, che la pratica del pensiero critico (ma meglio sarebbe dire del pensiero razionale tout court) fosse più diffusa, e non vi sarebbe la diffusione dell’irrazionalità più incredibile: basti pensare che mentre si trema per la presunta pericolosità dei cosiddetti cibi transgenici, o dell’inquinamento elettromagnetico, ma non si trema alla notizia (infinitamente più inquietante) che circa il 10% degli italiani va regolarmente da maghi, cartomanti e truffatori vari. Quale livello intellettuale si vuol trovare in un popolo cosiffatto? Nel pensiero critico, dicevamo, è l’analisi degli argomenti, piuttosto che il tono o il contenuto, anche se eclatante, ad essere decisiva. Soprattutto nei mezzi di comunicazione di massa (ma anche nei discorsi in presenza) è invalso l’uso di prestare più attenzione all’aspetto fisico (tono, sicurezza dell’eloquio, ecc.) ovvero all’affabilità del discorrente: mai, o assai di rado, si dà la dovuta importanza alla cogenza degli argomenti portati per suffragare le proprie, sovente spericolate, affermazioni. È ovvio che qui trattiamo di discorsi che comunque hanno una pretesa veritativa, cosa che non tutti i discorsi hanno, ed è proprio per questo che è decisivo prestare attenzione alle prove che suffragano le nostre asserzioni.
L’attenzione preminente alle argomentazioni, piuttosto che quel misto di emozionalità e razionalità che è così tipico di tanti discorsi, sarebbe una delle cose buone e giuste che potrebbe essere insegnate nei corsi di filosofia ai vari livelli: l’uomo razionale infatti dovrebbe distinguersi proprio dalla capacità di articolare un ragionamento in demonstrans e demonstrandum, nel tenerli distinti, nel capire che un desiderio non è una certezza o un ragionamento e che tale capacità è una delle poche cose che ci eleva sull’animalità.
Se volessimo andare più in profondità potremmo dire che pensare criticamente è lo stesso che pensare chiaramente e con accuratezza, soprattutto valutando le ragioni per cui una credenza debba essere accettata ed un’altra no. Se le caratteristiche che deve avere tale il pensatore critico sono l’apertura mentale, l’abitudine allo scetticismo e l’umiltà intellettuale, gli ostacoli al suo libero dispiegarsi sono molti: le limitazioni dei nostri sensi, le pecche della nostra memoria, le non sempre attendibili testimonianze degli altri e la visione del mondo con cui ci situiamo all’interno del mondo dei valori. Ciascuno di noi è poi affetto da notevoli limitazioni all’esercizio del pensiero critico:
1. la più importante di tutte è data dalla nostra ignoranza; senza una conoscenza delle basi fondamentali di un particolare campo del sapere non è possibile giudicare della verità o meno di una certa affermazione nel campo in questione.
2. un’altra limitazione è data dall’autoinganno e dal cosiddetto wishful thinking, ossia il tentativo che facciamo spesso di credere a ciò che desideriamo sia vero, piuttosto che basare le nostre credenze sulla base delle conoscenze pregresse.
3. una terza è il rinforzo della comunità a cui apparteniamo per cui, se una pretesa di verità viene sempre più affermata dai membri di una comunità, si può essere indotti a credervi da questo solo fatto; qui è la tenacia che funge da argomento.
4. una quarta specie di limitazioni è quella che Bacone chiamava gli idola specus, i pregiudizi derivati dalla propria particolarissima educazione, con tutto il suo complesso di credenze, insegnamenti, religione, testi letti, persone incontrate, ecc. Nessuno è ovviamente immune da tali pregiudizi: fondamentale è esserne consapevoli e cercare di ovviarvi al fine di impedire che facciano da muro invalicabile per la conoscenza.
5. una quinta tipologia è il comportamento confermativo (confirmation bias), ossia il prestare sempre molta più attenzione a tutte quelle istanze che confermano una nostra credenza piuttosto che tutte le altre che la confuterebbero.
6. una sesta è data da tutti quei casi di confusione creati dal linguaggio, come gli eufemismi, i doppi sensi, gli usi gergali, le confusioni, ecc. In effetti una buona analisi delle parole utilizzate per una data affermazione basterebbero in una buona metà dei casi a risolvere positivamente o negativamente la questione della validità dell’argomento.
7. una settima causa è data dalle nostre manchevolezze psico-fisiche: non sempre,infatti, le nostre condizioni sono ideali per poter affrontare una attenta analisi di un certo argomento, e sarebbe quindi cosa saggia soprassedere a tale operazione fino a che le nostre condizioni non ritorneranno normali.
8. un’ultima causa, in questo assai incompleto elenco, è la mancanza di libertà politica e la censura: dove sono presenti è ovvio che il pensiero critico è la prima vittima, la prima attività razionale da colpire.
Di certo, la mancanza di una tale materia nei curricula delle facoltà universitarie (non solo di filosofia) depone a disdoro dell’accademia italiana, pronta a creare innumerevoli ed il più delle volte inutili corsi di laurea ed insegnamenti vari, ma non ad inserire una materia che, avendo un oggetto così universale come l’analisi delle argomentazioni, sarebbe di sicuro giovamento, e non solo all’interno dei propri studi.












Postato il Mercoledì, 14 febbraio 2007 ore 00:05:00 CET di Silvana La Porta
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